di Rafael Luciani
Noi cristiani crediamo che la pratica storica di Gesù sia il criterio di discernimento per comprendere il nostro rapporto con la politica, l’economia e la religione. Egli ci mostra come la vita di ogni persona sia sacra, e ci insegna che ogni relazione deve cercare la nostra umanizzazione nel contesto di una libertà corresponsabile che ci renda soggetti, e non oggetti o sudditi.
Quando dimentichiamo o non conosciamo la prassi storica di Gesù, appaiono due grandi tentazioni: da un lato, credere in un cristianesimo apolitico, ovvero in una fede senza rapporto con i processi di umanizzazione sociale, limitata alla devozione e al culto; dall’altro, vivere un cristianesimo politico identificato con un sistema di governo che si propone come la presenza del Regno di Dio in questo mondo. Entrambi i casi negano il Dio di Gesù.
Possiamo vivere una fede vuota, che è rimasta confinata al culto e alla devozione, come se questi fossero atti magici che sostituiscono la relazione personale con Dio e con il fratello (Gc 2,15-17). O forse siamo caduti nella tentazione dell’idolatria, mediante la promozione di adesioni assolute a soggetti o sistemi politici, economici e religiosi che si proclamano salvatori ed esigono culto. Ci siamo abituati a cedere lo spazio di Dio ad altri (Dt 6,4-6).
È quindi necessario ricordare che la condizione politica del cristiano non può essere di idolatria, né ideologica. Non è escludente perché si basa sulla fraternità solidale e non violenta di Gesù, in cui tutti siamo figli di Dio e fratelli gli uni degli altri, prima che figli della patria (Col 3,11). Questo passa per un impegno personale nei confronti dello sviluppo di tutto il soggetto umano e di tutti i soggetti, indipendentemente dalla loro posizione ideologica, economica o religiosa (Lc 6,27-28.35). È l’autentica scommessa per la causa fraterna di Gesù (1 Gv 2,4).
Non possiamo lasciarci incantare solo dal fine ultimo e dalle mete di un determinato sistema di governo, anche se è il più nobile che possa esistere. Bisogna discernere la validità etica e la verità morale dei mezzi che si utilizzano.
Possiamo riconoscere la veracità di una determinata azione politica a seconda del fatto che faccia fronte ai problemi reali della società o meno. È anche possibile formulare un giudizio sulla sua efficienza o no. In base alla sequela di Gesù siamo chiamati a interrogarci sulla verità di queste pratiche e la validità dei mezzi che si adottano.
Una pratica politica non è moralmente vera quando promuove discorsi e atteggiamenti di divisione sociale, esclusione di gruppi e manipolazione di coscienza, generando culti idolatri nei confronti dei loro leader e proclamando loro adesione eterna. È qui che una società misura la sua reale portata umana e la sua fede. Come ha insegnato Gesù, “Ma voi non fatevi chiamare ‘rabbì’, perché uno solo è il vostro maestro e voi siete tutti fratelli” (Mt 23,8). Non ci sono due Signori.
Rafael Luciani
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@rafluciani
[Traduzione a cura di Roberta Sciamplicotti]