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Perché pur avendo tanto ci manca tutto?

No Yell No Spank Discipline Amanda Tipton – it

Amanda Tipton Photography

Juan Ávila Estrada - Aleteia - pubblicato il 07/07/14

Cosa succede intorno a noi che ci porta ad essere insoddisfatti e a non avere ragioni per vivere?

Perché tanto dolore nel mondo? Cosa succede intorno a noi che ci porta ad essere insoddisfatti e a non avere ragioni per vivere, motivo per il quale pretendiamo di strappare all’esistenza un po’ di felicità?

Guardiamo un po’ alle famiglie: sposi solitari che pretendono di riempire la propria solitudine con quella di un’altra persona simile a sé. Quelli che credono che un solitario più un altro solitario facciano una compagnia e ignorano che è solo la somma di due solitudini. Alla ricerca del desiderio di felicità si buttano poi sul figlio generato, nel quale pretendono di riempire tutti i propri vuoti, e quello che ottengono è invece riversare sui figli la povertà che portano nel cuore.

Come mettere fine a questo panorama tanto triste che non fa intravedere un mondo in cui possiamo credere davvero alla felicità come parte del progetto di salvezza che Dio ha per noi?

È come se fossimo condannati ad accontentarci di vivere con allegrie effimere che ci portano all’euforia ma quando scompaiono ci lasciano ancor più vuoti di prima? Non può essere possibile; quell’anelito del cuore deve essere vero. Non si può vivere senza credere alla felicità, senza credere all’amore, ma soprattutto rischiare per trasformarlo in realtà, per sfidare noi stessi e disporre di tutta la nostra energia per costruire ciò che non apparirà mai per magia ma sarà sempre il progetto fondamentale di ogni essere umano.

Non credo che esista una persona che voglia un amore caduco, che abbia una data di scadenza, temporaneo. Amare implica credere che sia per sempre, e che un amore di questo tipo non deriva solo dal desiderio, ma anche dalla decisione, per il lavoro di chi sa di non desiderare una cosa senza importanza, ma l’essenza stessa di ciò che darà un senso perfetto a tutto ciò che è.

Essere felici per rendere felici, ma rendere felici per essere felici. È questa la dinamica della felicità e dell’amore. Non c’è una cosa senza l’altra. Nessuno può essere felice se non si impegna con la felicità altrui.

L’uomo, però, non può dimenticare che non si deve abbandonare questo anelito a uno stato selvaggio, ovvero che la sorte, il caso, l’intrico delle forze del cosmo si uniscano tutte per attirarci magicamente quello che ci ha detto Dio: “Io sono”. Sì, perché è Dio, attraverso la persona di Gesù, che dà ragione a ciò che non ha ragione, senso al nonsenso e pienezza al vuoto.

Il fatto, però, è che oggi non ci parlano di questo. Abbiamo lasciato tutto al destino, come se fosse scritto, all’aleatorio, all’allineamento dei pianeti perché siano loro a determinare la felicità umana. Mancano genitori che amino davvero e sposi che si amino davvero perché i loro figli imparino ad amare davvero, perché sappiano non solo come un padre ama suo figlio, ma anche come uno sposo ama sua moglie.

Mancano genitori che acconsentano di meno e amino meglio, che non sprechino tempo ma lo investano con i propri figli, che si appassionino alla vita come al calcio, che diventino tifosi di Gesù come della loro squadra locale o nazionale, che piangano d’emozione per la tenerezza e non solo per aver perso una partita.

Abbiamo bisogno di genitori che guardino con amore i propri figli e dicano loro: “Ti amo perché sì, perché sei mio figlio e questo non potrà essere cambiato da niente e nessuno, ti amerò per sempre”; genitori che tocchino meno il proprio portafogli credendo che i figli abbiano bisogno di cose e tocchino di più il cuore. Che non abbiano paura di amare, di essere teneri, di avere il potere del perdono e della riconciliazione; genitori che non temano di amarsi perfettamente davanti ai propri figli e di farli sentire sicuri di ciò che sono.

Sarà così che questo mondo inizierà a guarire tanto dolore, tanta frustrazione e tanto vuoto. Ci saranno meno suicidi e più amanti della vita. Saremo forti di fronte al bullismo e alla derisione degli avversari, perché tutto in casa sarà sempre un’enorme fortezza di sicurezza nell’amore.

È questo che manca a questo mondo imbrigliato in reti sociali sempre meno sociali, per poter ridere meno con lo schermo del cellulare e più con le persone, la famiglia. Toccare, abbracciare, baciare, dire “Ti amo”: sarà questo che salverà questo mondo di Dio, che non ci ha creati solo per popolarlo, ma per amarlo come Egli lo ama.

[Traduzione a cura di Roberta Sciamplicotti]

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