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L’islam del “giusto mezzo”

Reading the Quran – it

© Kevin Schoenmakers / Flickr

Chiara Santomiero - Aleteia - pubblicato il 17/06/14

Il Marocco promuove corsi di formazione per imam contro il rischio del fondamentalismo. Ma la necessità di una formazione adeguata è avvertita anche in Europa e in Italia

Mettere al riparo la religione dal rischio di strumentalizzazioni, soprattutto in chiave violenta e destabilizzante, per valorizzarne, al contrario, la funzione di promozione civile e sociale: è l'obiettivo di un piano di formazione e pratica religiosa per imam approvato dalle autorità del Marocco. In altre parole, promuovere un islam "del giusto mezzo" che sia baluardo contro l’estremismo (L'Osservatore romano 17 giugno). Un'esigenza che si avverte anche in Europa e in Italia.

L'islam marocchino, di rito malikita e di orientamento moderato, gioca un ruolo importante all’interno del Paese nordafricano e le autorità intendono rispondere alla richiesta diffusa di servizi religiosi assicurando ai cittadini di poterlo fare nelle condizioni migliori.

Il progetto, elaborato dal Consiglio superiore degli ulema e dal ministero degli Affari islamici, fornisce strumenti di supporto agli imam per aiutarli a svolgere la loro missione religiosa. Milletrecento imam diplomati, i quali hanno imparato a memoria il Corano e ricevuto una formazione supplementare in teologia e in altre materie, verranno incaricati di garantire la formazione religiosa nelle varie moschee del Paese. I tutor, uno ogni circa quaranta moschee, forniscono ai predicatori un "inquadramento di prossimità" dando loro assistenza, se necessario, anche attraverso "visite guidate" (L'Osservatore romano 17 giugno).

L’iniziativa comprende anche un programma per la lotta contro l’analfabetismo da attuarsi in quasi 5550 moschee. Di questa attività hanno beneficiato negli ultimi anni, secondo dati ufficiali, circa due milioni di fedeli (L'Osservatore romano 17 giugno).

Secondo la France Presse, il progetto prevede anche l'arrivo in Marocco per un periodo di formazione di cinquecento imam del Mali distribuiti in sei anni e le autorità di Rabat stanno trattando, per accordi analoghi, anche con Tunisia, Guinea, Nigeria e Costa d’Avorio.

Iniziative analoghe di formazione hanno luogo anche in Europa. In Germania esistono quattro centri di formazione islamica e prossimamente un corso di studi presso l'Università dovrebbe partire a Friburgo, in Svizzera. Il progetto risale al 2009 ma sarà attuato in forma diversa da quella pensata in origine quando si pensava ad una formazione per imam che avrebbe avuto luogo in Svizzera fin dall'inizio. I musulmani avrebbero voluto che gli imam fossero formati nelle università della Confederazione elvetica e conoscere il Corano non soltanto in arabo, ma essere in grado di interpretarlo e applicarlo alle condizioni di vita in Svizzera. Invece l'Università di Friburgo offrirà solo una formazione ulteriore per imam che hanno già studiato all'estero mettendo a disposizione, tramite un corso di studi concepito per moduli, gli aggironamneti necessari per il dialogo interculturale: accanto alla teologia islamica, nozioni di diritto svizzero e teologia cristiana (Voce evangelica 12 aprile).

Alla necessità di una formazione per imam che sappia leggere il contesto italiano la testata Popoli ha dedicato un'inchiesta contenuta nel dossier di febbraio di quest'anno. L’imam ha un ruolo centrale nell’assistenza spirituale dei musulmani, ma in Italia sono ancora poche le occasioni di formazione per queste guide e manca una regolamentazione a livello nazionale. Il rischio è che non siano preparate a "leggere" l’islam alla luce della cultura italiana. Con il pericolo di derive fondamentaliste (popoli.info 17 febbraio).

Per sopperire a questa esigenza la Comunità religiosa islamica (Coreis) ha dato vita a un corso biennale di formazione teologica per approfondire le fonti della dottrina islamica ed ha organizzato sessioni di studio sul pensiero occidentale e corsi per preparare i ministri di culto musulmani a un ruolo di mediazione giuridica, scolastica, sanitaria e come consulenti delle istituzioni in materia di sicurezza. Seminari su temi teologici, rivolti sia a imam provenienti dall’estero sia a quelli che sono cresciuti in Italia, sono stati organizzati nel 2012 e nel 2013 anche dall’Associazione islamica italiana degli imam e delle guide religiose (nata nel 2011). Altri vengono organizzati dai singoli centri islamici e da associazioni come l’Ucoii (Unione delle comunità islamiche d’Italia) (popoli.info 17 febbraio).

Due iniziative di rilievo sono nate in ambito universitario. Dal 2010, il Forum internazionale democrazia e religioni (Fidr), che ha sede nell’Università del Piemonte orientale, ma al quale collaborano anche l’Università dell’Insubria (Como), quella di Padova, la Statale e la Cattolica di Milano, organizza seminari residenziali che durano quattro o cinque fine settimana. Vi partecipano i dirigenti di secondo livello (cioè i membri delle associazioni o delle comunità islamiche, non i leader religiosi di primo piano che hanno già una propria formazione); molti sono giovani, di entrambi i sessi e di provenienze diverse (non solo arabi). I temi trattati nei corsi e nei convegni sono i più vari: dalle politiche di welfare alla filosofia politica, dal diritto canonico all’economia. Nello stesso anno, l’Università di Padova ha varato un master che, nel 2013, è stato preso in carico dallo stesso Fidr (popoli.info 17 febbraio).

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