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Vi ricordate il primo martire in Iraq?

Twenty-thousand Syrian Kurds forced to take refuge in Iraq – it

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Aleteia - pubblicato il 03/06/14

Mons. Emil Shimoun Nona, arcivescovo in Iraq: "L'Occidente e i suoi governi sembrano aver dimenticato il dramma che vive la sua popolazione"

Ricorre fra pochi giorni, come ricorda Tempi il 3 giugno, il martirio di Padre Ragheed Ganni, il sacerdote che ebbe il coraggio di rispondere all’uomo armato e mascherato che gli puntava contro un’arma automatica e che e gli aveva urlato: «Ti avevo ordinato di chiudere la tua chiesa! Perché non lo hai fatto? Perché sei ancora qui?». Alla risposta «Come posso chiudere la casa del Signore?» lo spinse a terra, e gli scaricò addosso 15 colpi del suo fucile mitragliatore. Fu il primo prete cattolico ucciso in Iraq dopo la caduta di Saddam Hussein.

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L’Occidente ha dimenticato il dramma dell’Iraq
“Siamo sicuri che la Chiesa di tutto il mondo prega per l’Iraq”, ma l’Occidente e i suoi governi sembrano aver “dimenticato” il dramma che vive la sua popolazione; come se ormai “fosse normale sentire tutti i giorni di morti, attentati, violenze”. Così mons. Emil Shimoun Nona, arcivescovo caldeo di Mosul, nel nord dell’Iraq, descrive ad AsiaNews il clima di un Paese e di una città in particolare, teatro di continui episodi di sangue, mentre la comunità cristiana si fa sempre più esigua.

“Non se ne parla più – continua il prelato – ma noi speriamo che torni l’attenzione sul nostro popolo, che sentano il nostro bisogno di pace e serenità: questo, più di tutto, è ciò che vogliamo”. In passato proprio la diocesi di Mosul ha pianto la morte violenta anche dei propri pastori, fra cui il precedente vescovo mons. Faraj Rahho (nel contesto di un sequestro) e di padre Ragheed Ganni.

La fuga dei cristiani
La risposta dei cristiani, continua l’arcivescovo, in molti casi continua a essere la fuga, in particolare “nelle grandi città, e la Chiesa non può fare molto”. I leader cristiani si adoperano per risolvere alcuni elementi di difficoltà, spiega, ma è compito del governo irakeno risolvere le questioni più grandi e sciogliere i nodi irrisolti. “Per noi cristiani è importante essere presenti all’interno dello Stato, delle istituzioni, ma il numero dei fedeli – conclude mons. Nona – si fa sempre più esiguo.

La comunità cristiana iraqena, che prima della guerra angloamericana del 2003 contava circa 800 mila unità, oggi è ridotta a non più di 250 mila.

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