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Al cinema in monastero

Monastero di Siloe

© Comunità monastica di Siloe

Chiara Santomiero - Aleteia - pubblicato il 03/04/14

La comunità di Siloe ospiterà un Film Festival sul tema della salvaguardia del creato nell’ambito della manifestazione “Creato in festa”

Un angolo di pace e di preghiera sullo sfondo della Maremma toscana e del Monte Amiata: è questo il monastero di Siloe, a Poggi del Sasso (Grosseto) una nuova comunità monastica nata 18 anni fa dal tronco della tradizione benedettina di “ora et labora”. Costruzioni degli uomini e paesaggi naturali cantano insieme a Siloe le lodi della creazione divina: quale luogo più adatto per ospitare un festival cinematografico sul tema della custodia del Creato? E’ ciò che avverrà dal 17 al 19 luglio prossimi, come spiega ad Aleteia fra Roberto Lanzi, organizzatore dell’evento.

Come è nata l’iniziativa?

Lanzi: Il Siloe Film Festival è una finestra nell’ambito di una iniziativa che organizziamo ogni anno chiamata “Creato in festa – Le giornate di Siloe per la salvaguardia del Creato”. Si tratta di un contenitore culturale nel quale si susseguono diversi eventi. Quest’anno, in collaborazione con la Fondazione Ente dello spettacolo, l’Ufficio comunicazioni sociali e il Servizio per il Progetto culturale della Conferenza episcopale italiana, abbiamo scelto di celebrare la festa del creato anche con il linguaggio cinematografico. Abbiamo coinvolto registi di cinema e di teatro, in particolare Fabio Sonzogni che ha la direzione artistica del festival e Fredo Valla. E’ prevista la proiezione di circa 30 cortometraggi provenienti da tutt’Europa sul tema "Alla ricerca della bellezza", quella nascosta nel creato e di ciò che è buono e bello e necessita della nostra cura..

Il rapporto con la natura è uno degli elementi fondanti dell’esperienza di Siloe: è così?

Lanzi: Il creato non vuol dire solo natura e ambiente, ma anche l’uomo in un contesto complessivo sul quale pure Papa Francesco ci invita a vigilare. Nella sua prima omelia ha chiesto: “Abbiate cura del creato, siate custodi l’uno dell’altro e dell’ambiente”. Una comunità attenta alle persone è attenta anche all’ambiente dove esse vivono. Nella storia concreta della nostra comunità abbiamo affrontato i problemi della costruzione di un monastero e della gestione dei terreni che ci erano stati affidati . Così abbiamo preso sul serio il compito di costruire e coltivare: per noi non si tratta solo di problemi materiali, ma hanno anche una valenza spirituale. Perché dal tipo di architettura o di agricoltura che scegliamo e mettiamo in atto, testimoniamo chi siamo.

Qualche esempio?

Lanzi: Noi facciamo un’agricoltura non solo biologica, ma anche rispettosa della biodiversità di frutti e cereali, compreso il recupero di semi antichi. In questo modo si può produrre un grano più rispettoso della salute delle persone che, negli ultimi decenni, sono sempre più colpite da intolleranze alimentari di varia natura collegate anche ai sistemi di coltivazione usati, come lo sfruttamento intensivo dei terreni e l’uso di fertilizzanti chimici. Praticare un tipo di agricoltura diversa è rispettosa, nello stesso tempo, del ciclo della natura e della terra e della salute delle persone. Allo stesso modo, per la costruzione del nuovo monastero non abbiamo curato solo l’aspetto estetico, ma abbiamo utilizzato criteri della bio-architettura o architettura sostenibile con l’utilizzo di materiali a basso impatto ambientale, che non abbiano cioè ricaduta inquinante sul territorio e a basso contenuto energetico.

Quanta importanza ha l’armonia di luoghi come Siloe nel volgere il cuore dell’uomo verso Dio?

Lanzi: Sentirsi in armonia con il creato significa sostanzialmente sentirsi in armonia con il Creatore. Il creato diventa così un “ponte” per contemplare  Colui che ci ha creato. Non a caso Benedetto ci invita ad essere sacerdoti e custodi del creato, per essere sacerdoti della realtà verso Dio. Il godimento estetico è un fatto spirituale: mi sento in armonia con il tutto perché avverto la presenza di Dio nel tutto. Altrimenti mi nutro di frammenti senza cogliere il senso del disegno generale. Una comunità monastica deve svolgere proprio questo compito: educare la persona ad alzare lo sguardo a Dio, però in modo incarnato, in una realtà concreta. Sempre più le persone bussano alla nostra porta per fermarsi in un luogo dove ritrovare se stessi, staccando la spina dalla quotidianità, e ritrovare anche il senso del proprio vivere.

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