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La precedenza al figliol prodigo

Cardinal Kaspers Speech on DivorceRemarriage and Communion Marcin Mazur – it

Marcin Mazur/UK Catholic

Vinonuovo.it - pubblicato il 10/03/14

L'interessantissimo dibattito promosso da Giuliano Ferrara sul Rapporto Kasper ci ricorda quanto sia scandalosa l'idea di un Dio che non si stanca di inseguirci

di Moreno Migliorati

Bisogna essere davvero grati (sia detto senza alcuna ironia) a Giuliano Ferrara per la pubblicazione, lo scorso 4 marzo, del cosiddetto "Rapporto Kasper" e per il dibattito che ne sta seguendo sulle colonne del suo giornale. Da un simile scambio di opinioni non può che venirne un bene, per la Chiesa e per il mondo. Ma di tutte le opinioni scaturite dallo scritto del cardinale tedesco, la più interessante è proprio quella uscita dalla penna di Ferrara il Grasso, come lui stesso ama definirsi con lucida autoironia.

Ed è un’opinione, la sua, che può far bene anche a noi cristiani perché ci spinge a riflettere su una realtà che troppo spesso tendiamo a dimenticare o a mettere tra parentesi, come accade per le cose che abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni e che finiamo con il non vedere più. Invece lui, da bravo ateo devoto e non avvezzo a certi linguaggi, le nota ancora e ce le rimette davanti perché ci siano di scandalo, nel senso etimologico ed evangelico del termine.
Scrive infatti Ferrara: "Non mi ha convinto l’idea che nel mio mondo, l’unico che ho a parte la città celeste di cui non sono abitatore, adesso anche l’ultimo bastione della realtà etica, la chiesa cattolica, cede il passo, offre la precedenza al figliol prodigo, ma non perché è tornato, no, lo va a raggiungere dov’è e lo benedice". Quindi, non lo convince questo Dio che va a cercare il peccatore prima ancora che egli si converta, che lo benedice non perché e convertito ma perché abbia la forza di convertirsi, che gli da la precedenza perché è il figlio più debole e quindi anche più bisognoso di cure e di attenzioni.

Non lo convince, eppure è questo il Dio in cui crediamo noi cristiani e che siamo chiamati a testimoniare davanti al mondo. È realmente un Dio che ci ama nel nostro peccato (anche se ovviamente non ama il peccato) perché noi quel peccato lo abbandoniamo per tornare a gettarci tra le sue braccia. Ma è sempre lui a fare il primo passo, e non potrebbe essere altrimenti.

Vengono in mente i versi del poeta inglese Francis Thompson, che nel suo splendido poemetto "Il veltro divino" ha descritto in maniera mirabile la dinamica dell’uomo che tenta di fuggire dal suo Dio e di costui che costantemente lo insegue e lo bracca come fa un cane da caccia con la sua preda: "Io lo fuggii attraverso le notti e i lunghi giorni; Lo fuggii giù per gli archi che segnano gli anni; Lo fuggii attraverso i labirinti della mia mente; in mezzo alle lacrime io mi nascosi da Lui. Come in mezzo alle frali gioiose risate. Ascesi sulle vette di eccelse speranze; e mi precipitai nell’ombra di titanici spaventi per fuggire quei piedi possenti che mi seguivano, mi seguivano! Ma essi mi venivano dietro senza fretta, in pace indisturbata con misurata rapidità con insistenza maestosa mi seguivano".

Sì, la Quaresima è il tempo per eccellenza in cui farsi braccare, peccatori consapevoli di esserlo, da un Dio che non si stanca di inseguirci. E bisogna essere grati all’elefantino grasso per avercelo ricordato.

Qui l’originale

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