Anche per il quotidiano di approfondimento L’Indro.it (21 febbraio) "Renzi rischia con un governo di giovani". Sebbene sia molto positivo aver aumentato la rappresentanza femminile, tuttavia rimangono perplessità sulla "questione anagrafica". "L’essere giovani – sottolinea la testata web – non è un valore in sé e quindi garanzia di efficienza e competenza ma Renzi ha voluto puntare sul ricambio generazionale e solo il tempo ci dirà se i nuovi ministri rappresentano quella la ventata di novità, entusiasmo e speranza che il Paese si aspetta operando in modo nuovo e diverso (e intaccando il muro dei privilegi e dei conservatorismi italiani)".
"In questo Paese vecchio, dove a quarant’anni ci si sente e si è considerati ancora giovani. E dove ci si definisce vecchi solo dopo aver compiuto 84 anni – riflette il sociologo Ilvo Diamanti nell’articolo ‘Renzi e il mito dei giovani al governo’ su Repubblica.it (25 febbraio) -. In questo Paese, in Italia, è stato varato un governo di giovani".
Matteo Renzi è giovane "per stile e per immagine. Oltre che di età e per biografia politica personale". Infatti "nel 1992, mentre infuriava Tangentopoli, Renzi aveva 17 anni. Non era ancora maggiorenne. E oggi è spietatamente giovane. Ostenta la sua frattura generazionale, senza indulgenza per i ‘vecchi’ politici. Da rottamare senza tanti problemi. Li sfida a viso aperto, le mani in tasca, in modo sfacciato, mentre parla al Senato, prima del voto di fiducia". Ed è giovane anche il suo governo ma, per Diamanti, "a rischio di apparire impopolare e in contraddizione con me stesso, io credo che qualche ‘vecchio’, qualche tecnico o, almeno, qualche esperto, oppure, meglio ancora, qualche politico esperto e sperimentato, alla guida del Paese ci starebbe bene". Perchè questo è un Paese senza mediazioni "tutto tutto niente niente, per citare quell’osservatore acuto – e acuminato – della nostra società che si chiama Antonio Albanese. Per dirla in altro modo: tutti vecchi o tutti giovani".
Forse questo brusco ricambio generazionale in una Italia dove molti giovani sono condannati alla precarietà o a trasferirsi all’estero fa di colpo sentire tutti, a partire dai 40 anni, già vecchi. E così può capitare che Romano Prodi, il fondatore dell’Ulivo nelle cui radici affonda il Partito democratico guidato da Renzi, classe 1939, alla domanda se vede la possibilità di un suo incarico come presidente della Repubblica risponda: "No, come si dice, the game is over, la gara è finita: sono tutti giovani, tutti nuovi, quindi uno deve capire quando è il proprio tempo e quando il proprio tempo è passato" (Repubblica.it 24 febbraio).