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Parole di odio, parole d’amore

Violenza di gruppo, i fatti di Modena

© Kamira/SHUTTERSTOCK

Vinonuovo.it - pubblicato il 21/02/14

Sulla vicenda dell'ormai ex prete don Marco Mangiacasale ridotto allo stato laicale in seguito alle violenze su cinque ragazze minorenni

di Paolo Moretti

Arianna – nome di fantasia – ha pensato per anni che la perversione di un prete 49enne fosse "amore". Il suo confessore, il suo sacerdote, il suo educatore per quattro anni ha abusato di lei raccontandole che quel fango non era in realtà un sentimento sbagliato. 

Non starò ad addentrarmi nella descrizione di ciò che l’ora ex don Marco Mangiacasale – nome non di fantasia – ha fatto ad Arianna e ad altre quattro ragazzine. Basti dire che da cronista ho dovuto scegliere di non calcare la mano sulle accuse rivolte (e tutto confermate in sentenza) per rispetto di cinque ragazze minorenni e per non trasformare la cronaca in pettegolezzo morboso.

Posso solo dire – per chi ha voglia di credermi – che gli atti processuali che ho avuto occasione di leggere sono agghiaccianti. E i danni che quel prete ha fatto alle cinque ragazzine sono incalcolabili.

All’epoca dell’arresto di don Marco Mangiacasale il direttore del Settimanale della Diocesi di Como, mons. Angelo Riva, definì i cronisti che hanno scritto dell’inchiesta per violenza sessuale sull’ex parroco – tra cui il sottoscritto – "coprofagi e cannibali" (leggi qui il suo articolo che su Vino Nuovo Maria Elisabetta Gandolfi commentò così).

A dicembre Papa Francesco ha firmato la sentenza con cui il non più donMarco Mangiacasale è stato ridotto allo stato laicale. Quando la notizia si è diffusa mons. Angelo Riva, ora vicario episcopale, non ha perso occasione per tornare a sminuire le accuse nei confronti dell’ex sacerdote condannato per violenza sessuale nei confronti di cinque ragazzine minorenni scrivendo una riflessione pubblicata sul sito ufficiale della Diocesi di Como.

Scrive, tra l’altro, mons. Riva: "Don Marco non era una cattivo prete". Ma come non era un cattivo prete? Si può sminuire la gravità di simili comportamenti al punto da commentarli come se si stesse parlando di un’imprecazione detta ad alta voce? Cosa deve fare un prete più che abusare sessualmente per quattro lunghissimi anni di una ragazzina minorenne per essere considerato un pessimo prete? Così pessimo da meritarsi la più grave delle sanzioni previste dal codice canonico, presa d’imperio dallo stesso Pontefice.

Confesso che quei commenti, e tutta una serie di circostanze collaterali di cui sono stato testimone e che riguardano la posizione che una certa parte della Chiesa ha preso sulla decisione di papa Francesco, mi hanno fatto pensare che gli sforzi del Papa rischiano di essere inutili. 

Poi, stasera, ho letto quanto ha scritto don Roberto (l’attuale parroco di San Giuliano, il successore di Mangiacasale e l’uomo che ha convinto le ragazze a denunciare l’ex sacerdote) proprio in risposta alle riflessioni di mons. Riva e mi sono emozionato. 

Sarebbe riduttivo riportare solo alcuni passaggi della toccante riflessione di don Roberto, per cui consiglio di leggerla per intero sul blog della parrocchia di San Giuliano (qui).

A don Roberto devo dire grazie. Perché di fronte a simili vicende, a certi commenti, a talune reazioni ci si sente all’improvviso come chi è costretto ad attraversare il deserto senza neppure il conforto di un miraggio. Le parole di don Roberto sono l’oasi di cui la mia penna disillusa e stanca dopo tanto dolore, tante bugie, tanti superficiali commenti aveva bisogno.

Ho l’illusione che questa Chiesa, che è la Chiesa di Papa Francesco, possa vivere per sempre. Spazzando via la Chiesa "dei sacri palazzi", dei "potenti di turno" troppo preoccupati dei riti per ricordarsi della sostanza. E la sostanza sono le persone.

Qui l’originale

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