Nel documento della Commissione dell’ONU si propone alla Santa Sede di rendere pubbliche le inchieste sui preti o religiosi implicati in casi di abusi.
«No, la Chiesa non lo fa e non può farlo. Nessuno Stato lo fa. Mi meraviglia molto da parte dell’ONU che richieda questo. Perché non richiede allo Stato tedesco, allo Stato italiano quanti dei suoi insegnanti siano stati abusatori? Questo non è possibile per ragioni di diritto personale e di diritto professionale.
Queste sono richieste che certamente non possono essere adempiute semplicemente perché non si può violare un diritto, il diritto della personalità, e il diritto di essere considerati innocenti fino al momento della condanna solo in nome di un’altra violazione; (in questo senso) andiamo a rischiare grosso se cerchiamo di applicare altre norme che non rispondono al diritto umano di cui gode anche un abusatore».
Quali risultati ha avuto il Centro per la protezione dei minori all’interno della Gregoriana?
«Allora, il Centro per la protezione del minore della Gregoriana opera con alcuni partner specialmente alcune diocesi nel mondo: due in Africa, tre in America Latina (in Cile in Argentina e in Ecuador) due in Asia, in Indonesia e India, dove lavoriamo con i gesuiti, e in tre Paesi in Europa (Italia, Germania e Polonia)».
E vi occupate di formazione online per aiutare le vittime e fare prevenzione.
«Noi offriamo un programma di e-learning cioè di apprendimento a distanza per moltiplicatori, persone che lavorano nelle parrocchie e nelle scuole cattoliche affinché siano in grado di riconoscere un abuso che sta capitando o è successo, cosa fare con la vittima, come confrontarsi con l’abusatore, che cosa sono le leggi nello Stato, come devo procedere; oltre a ciò poniamo anche la domanda teologica e spirituale: cosa vuole dirci Dio vuole con tutto questo?
Abbiamo in questo momento tra gli 800 e i 900 partecipanti nel mondo in questa fase pilota che si concluderà alla fine di questo anno, ma abbiamo anche un risultato indiretto cioè tramite la nostra presenza sul territorio. Siamo presenti quindi in Paesi dove molte volte non si parlava prima degli abusi né nella società né nella Chiesa. Un risultato indiretto è che noi abbiamo la possibilità di sollecitare una discussione più ampia e così di sensibilizzare tutta la società e molte delle persone all'interno della Chiesa per la necessità di lavorare per il bene dei bambini e di fare tutto ciò affinché l’abuso accada il meno possibile».
Cosa pensa Papa Francesco del lavoro che il Centro per la difesa dei minori sta portando avanti?
«Abbiamo incontrato Papa Francesco il 4 giugno scorso e gli abbiamo esposto ciò che facciamo con il Centro; lui ha ascoltato molto attentamente e poi varie volte ci ha incoraggiato dicendo “dobbiamo andare avanti con questo, coraggio”, cioè lo ha preso sul serio e anche il fatto stesso che voglia istituire una Commissione all’interno del Vaticano indica che certamente ha un grande interesse che questo tema sia trattato adeguatamente».