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Dall’Italia si emigra ancora

Italiani nel mondo 2013

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Chiara Santomiero - Aleteia Team - pubblicato il 16/01/14

Il Rapporto sugli italiani nel mondo racconta un fenomeno sfaccettato da cui emergono anche nuove rotte migratorie e nuovi territori di partenza

Mentre ci si appresta a celebrare il 19 gennaio la 100^ Giornata mondiale dei migranti e dei rifugiati è importante ricordare che anche l'Italia è stata soggetto di una emigrazione importante negli scorsi decenni che ha portato milioni di nostri connazionali a stabilirsi in numerosi Paesi del mondo. E il fenomeno non è circoscritto al passato, come fotografa con puntualità il “Rapporto sugli italiani nel mondo 2013” della Fondazione Migrantes.

Al centro del Rapporto i migranti italiani di ieri e di oggi, coloro che possiedono la cittadinanza italiana e il passaporto italiano ma vivono fuori di confini nazionali, coloro che votano dall’estero, quelli che nascono all’estero da cittadini italiani, quelli che riacquistano la cittadinanza, coloro che si spostano per studio o formazione, coloro che vanno fuori dall’Italia per sfuggire alla disoccupazione o perché inseguono un sogno professionale. Sono sempre di più gli italiani che decidono di emigrare: in un anno il fenomeno è cresciuto del 3%.

A gennaio 2013 gli iscritti al Registro dei residenti all'estero (Aire) sono più di quattro milioni: 4.341.156, il 7,3% dei circa 60 milioni di italiani residenti in Italia. L’aumento, in valore assoluto, rispetto al 2012 è di 132.179 iscrizioni, pari a +3,1% e +5,5% rispetto al 2011. Dall’Italia dunque non solo si emigra ancora, ma si registra un aumento nelle partenze che impone nuovi interrogativi.

La maggior parte degli italiani residenti fuori dall'Italia si trova in Europa. Sono 2,3 milioni i connazionali che rimangono nel Vecchio continente, il 54,5% del totale. Quattro emigranti su 10 vanno oltreoceano: sono 1,7 milioni gli italiani in America. Più distanziati gli altri continenti: 136 mila connazionali vivono in Oceania (il 3,1%), 56 mila in Africa (l'1,3%) e 44 mila in Asia (l'1,0%).
Per quanto riguarda l'Asia, però, dal confronto dei dati Aire dell'ultimo triennio disaggregati per continenti emerge che il flusso migratorio degli italiani verso i paesi dell'Oriente registra una crescita del 18,5%.

In ogni caso, le comunità di cittadini italiani all’estero numericamente più incisive al 1 gennaio 2013 continuano ad essere quella argentina (691.481), quella tedesca (651.852), quella svizzera (558.545), la francese (373.145) e la brasiliana (316.699) per restare alle nazioni che accolgono collettività al di sopra delle 300 mila unità. A seguire, il Belgio (254.741), gli Stati Uniti (223.429) e il Regno Unito (209.720).

Per tentare un identikit dell'italiano che emigra all'estero va osservato che il 25% ha tra i 35 e 49 anni e circa la metà è costituito da donne: le residenti all’estero sono, infatti, il 48% ovvero 2.083.726 in valore assoluto. Un dato stabile nel tempo come rimangono costanti i valori relativi allo stato civile: al primo gennaio 2013 il 54% dei cittadini italiani all’estero è celibe, il 38,1% è coniugato; i vedovi sono il 2,6% e i divorziati il 2,0%.

Gli emigranti italiani partono soprattutto dalle regioni meridionali. Quasi 2,3 milioni, il 52,8%, è partito dal Sud Italia, il 32% (circa un milione 390 mila) dal Nord e il 15% dal centro Italia (poco più di 662mila). La Sicilia, con 687.394 residenti, è la prima regione di origine degli italiani residenti fuori dall'Italia seguita da Campania, Lazio, Calabria, Lombardia, Puglia e Veneto. Confrontando i valori regionali dell'ultimo biennio però, si scopre che la tendenza si sta invertendo: nell'ultimo anno è in forte crescita il numero di emigranti partiti dalla Lombardia, +17 mila, seguono Veneto, +14 mila, e Sicilia, +12 mila.

Per quanto riguarda le nuove forme di mobilità dall'Italia, esse riguardano in larga parte studenti e ricercatori: 24.000 gli studenti italiani che nell'anno accademico 2011-2012 sono partiti per un semestre in una università straniera (mete preferite Regno Unito e Spagna) grazie al Programma Erasmus. Allo stesso modo 2.079 ricercatori italiani hanno partecipato nel settennato 2007-2013 programma europeo “Marie Curie”.

Contrariamente a quanto si crede, in generale i ricercatori italiani all’estero rifiutano di essere catalogati come “cervelli in fuga”. Si sentono invece “talenti capaci di scegliere”, che cercano opportunità per mettersi alla prova: vanno cioè dove li portano i loro interessi scientifici e personali e vivono appartenenze plurime. Nel sentirsi “cittadini del mondo” ed europei, segnala il Rapporto,
“ri-elaborano e re-interpretano le proprie origini italiane, ma non a partire da stereotipi dello Stato-nazione bensì dalla rivendicazione affettiva delle specificità territoriali e municipali del proprio localismo regionale (“Sono dell’Abruzzo”, “Sardo, non si vede?”, “Napoletano, ci vorrebbe altro!”, “Di Torino, purosangue!”, “Oh mia bela Madunina”, “Forza Roma, forza lupi”). E ancora, sottolinea il Rapporto, “i ricercatori oggetto di questo lavoro non si sentono dei geni ma persone normali con un lavoro straordinario, una scelta di vita che richiede molta costanza e una grande determinazione per superare i tanti ostacoli, lo stress permanente, la solitudine di certi giorni”.

A loro soprattutto è andato il pensiero del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel messaggio inviato per la presentazione del Rapporto: “Negli ultimi anni, caratterizzati da una grave crisi economica e occupazionale, lasciano l'Italia per motivi di studio e di lavoro molti nostri concittadini, soprattutto giovani con alti livelli di istruzione e professionalità qualificata, diretti specialmente verso economie emergenti che offrono maggiori opportunità di lavoro. Sono convinto che esperienze di arricchimento del percorso professionale e personale compiute all’estero siano importanti soprattutto per le giovani generazioni”. Deve trattarsi, però, ha aggiunto il presidente “di una scelta e non di un obbligo” ed è comunque auspicabile “prevedere la possibilità di un pieno reinserimento in Italia che valorizzi tali esperienze a beneficio del nostro sistema produttivo e del mondo della ricerca”.

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