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Accanto ai più piccoli: assistenza medica per i bambini profughi siriani

Bambini profughi siriani

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Chiara Santomiero - Aleteia Team - pubblicato il 02/12/13

Partirà in questi giorni una missione sanitaria nella Valle della Bekaa nata dalla collaborazione del Pontificio Consiglio Cor Unum con Caritas Libano e l'Ospedale pediatrico Bambino Gesù

Opererà nella Valle della Bekaa, la regione al confine tra il Libano e la Siria, la missione sanitaria per i bambini siriani che hanno cercato in Libano rifugio dal conflitto civile, promossa dal Pontificio Consiglio Cor Unum insieme con l'Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma e la Caritas libanese. La missione partirà in questi giorni e avrà una durata iniziale di tre mesi, prorogabili di altri tre. Cor Unum contribuirà al progetto con una donazione di 25 mila euro inviata alla Caritas Libano come dono straordinario del Santo Padre, che servirà ad acquistare medicinali e vaccini pediatrici.

A coordinare il presidio medico composto da un pediatra e da un infermiere pediatrico libanesi, sarà la dottoressa May El Hachem, responsabile di dermatologia dell'Ospedale pediatrico Bambino Gesù alla quale Aleteia ha chiesto di spiegare come si svolgerà la missione.

Qual è l'impegno dell'Ospedale Bambino Gesù per questo progetto?

El Hachem: Abbiamo ricevuto la disponibilità di alcuni medici e infermieri del Bambino Gesù per partire come volontari per questo progetto ma nella zona in cui si svolgerà la missione e in cui sono presenti molte tendopoli, a maggioranza musulmana, non ci sono strutture di ospitalità né mezzi di trasporto e sarebbe stato problematico organizzare dei servizi per personale proveniente dall'Italia.
Per questo è stato selezionato del personale locale che verrà stipendiato dal Bambino Gesù mentre io, una volta al mese, mi recherò in Libano per la supervisione di tutte le attività. Tuttavia qualora la richiesta fosse tanta e il personale individuato non fosse sufficiente, il nostro personale è pronto a partire e unirsi a loro.

Quale situazione pensate di trovare dal punto di vista medico-sanitario?

El Hachem: Avremo di fronte una situazione teoricamente molto semplice perché i problemi riscontrabili saranno situazioni infettive pediatriche come gastroenteriti, polmoniti e poi scabbia e pidocchi. Sono tutte infezioni di per sé banali, ma quando si vive in condizioni igieniche pessime, senza bagno, senza acqua se non le taniche portate tutti i giorni da Caritas ma sempre insufficienti, è difficile guarire da queste infezioni. Oltretutto sono anche contagiose e basta che la abbia una persona delle venti che vivono insieme nella stessa tenda, la quale, a sua volta, è posta accanto ad altre quindici tende, perché la prendono tutti.

E' prevista anche un'assistenza di tipo psicologico?

El Hachem: Questa tipo di assistenza è basilare in una zona di conflitto e infatti è già in corso ad opera di Caritas Libano. Non possiamo coprirla con il nostro personale, come nelle intenzioni iniziali, a causa della difficoltà della lingua. La gente stanziata lì è povera e non parla altre lingue oltre l'arabo e per fare trattamenti o diagnosi psicologiche non si può prescindere dal parlare la lingua dei pazienti.

E' prevista un'accoglienza a Roma per eventuali casi più gravi?

El Hachem: Vorremmo ridurla al massimo, perché non è giusto sradicare i pazienti dalla loro terra per cui abbiamo preso contatto con gli ospedali locali. In Libano c'è un sistema sanitario prevalentemente privato come quello americano nell'ambito del quale i pazienti non vengono accolti gratuitamente. In zona c'è però un ospedale cattolico, greco-melchita, che ha dato la disponibilità ad accogliere dei ricoveri sporadici in regime di partneriato con il Bambino Gesù; qualora fossero più frequenti sarà l'Ospedale Bambino Gesù a sostenere le spese.

Quanti bambini sperate di poter assistere con questo progetto?

El Hachem: E' difficile dare un numero perché i rifugiati arrivano a migliaia ogni giorno. L'Agenzia delle Nazioni Unite stima circa 800 mila rifugiati siriani in Libano ma le autorità nazionali parlano di 1,2 milioni, anche 1.5. Se si pensa che la popolazione libanese si aggira sui 4 milioni si capisce come la situazione sia davvero drammatica. La maggioranza di questi profughi sono bambini e donne perché gli uomini non li fanno uscire dalla Siria in quanto devono combattere. Noi vorremmo visitarne migliaia: più ci sarà bisogno, più noi saremo lì.

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