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Per quelli che…”il papa sta esagerando”

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ANDREAS SOLARO

Fabio Colagrande - Vinonuovo.it - pubblicato il 29/07/13

Un risposta all'editorialista del Corriere della Sera, Piero Ostellino, e agli “orfani” di una loro idea personale di Chiesa e di papa

Molto spesso, nell'ambito dell'informazione cattolica, ci sono degli avvenimenti, delle affermazioni, dei fatti che – pur risultando esplicitamente provocatori nei confronti dell'istituzione ecclesiale – vengono apertamente ignorati. La strategia è di solito quella di non dare visibilità a chi si è reso colpevole di tale atto, ritenuto offensivo. Ma, nella maggior parte dei casi, questa reazione sussiegosa e distaccata, ha, in ambito comunicativo, un effetto nullo, se non nocivo. Dimostra solo sordità o incapacità di replicare.

Questa verbosa premessa solo per giustificare alcune mie righe dedicate al breve, ma ficcante, editorialino, partorito ieri sul glorioso Corrierone della Sera, dal noto collega Piero Ostellino. Un vero acrobatico triplo tuffo carpiato in cui, l'editorialista, pare solamente criticare il Papa, ma in fondo poi rinfaccia alla Chiesa di essere attaccata al potere.

Ostellino si concentra, originalmente, sull'immagine di Papa Francesco che sale la scaletta dell'aereo che sta per condurlo tra le nuvole verso Rio de Janeiro, portando con sé – ahinoi – una valigetta di pelle nera. Fotografia che ha fatto il giro del globo perché la stampa mondiale, a corto di argomenti, l'ha strumentalizzata ad arte come nuova prova della svolta pauperistica inflitta da Papa Bergoglio alle aristocratiche abitudini vaticane. E già qui ci viene da ridere. Nonostante sia stato chiarito che in quella borsa c'erano solo gli appunti di lavoro e i discorsi che il Papa voleva rileggersi all'inizio del suo viaggio internazionale, il frangente è stato ingigantito mediaticamente a dismisura. C'è chi ha immaginato il maggiordomo papale umiliato da questo gesto autoritario del Pontefice, che gli ha sottratto il suo umile ma dignitoso lavoro di portaborse. C'è chi l'ha accostato agli altri simboli, altrettanto forzosi, della povertà personale del Papa argentino, come gli scarponi e la croce di ferro (che poi invece è d'argento).

Ma che su queste montature mediatiche se ne costruisca un'altra, sostenendo – come fa l'abile Ostellino – che il Papa con la valigia "è un'immagine anomala, logicamente sbagliata e francamente falsa rispetto a ciò che la tradizione vuole che sia un Pontefice" è un gioco di prestigio da applausi. Su un fatto che non c'è – nessuno può attribuire con certezza e serietà a quell'immagine un significato politico e pastorale – si costruisce una dura critica al Papa, e cioè a colui che è già vittima di questa interpretazione riduttiva di un suo gesto. Ma, e qui si prosegue negli effetti speciali, tutto ciò è fatto prendendo le distanze dal dibattito intra-ecclesiale. Sì, perché Ostellino fa cadere il suo ammonimento – "Papa Francesco con le sue sortite sta esagerando" – dall'alto di un sereno distacco, dichiarandosi "liberale" e perciò immune da tentazioni di nostalgia della Chiesa che fu.

Il suo intervento entra comunque di buon diritto nella schiera delle esibizioni dei cosiddetti 'Pompieri pontefici' – così li ha definiti Simone Sereni su questo blog – ma va archiviato nella sottocategoria degli 'orfani'. Coloro cioè che – rimpiangendo una loro idea personale di chiesa e di papa che non trovano più – bollano di populismo e demagogia gli atti e le parole di Papa Francesco, fingendo di non cogliere la profondità teologica dei suoi discorsi e la spontaneità evangelica dei suoi gesti. Quelli che, storditi dall'indiscutibile effetto missionario dei suoi primi mesi di pontificato, lo accusano di agire artatamente per attrarre le masse. Scriventi che – proprio per la precisione dei loro ciclici, ripetuti, attacchi – non sembrano una ciurma improvvisata, ma una task-force che risponde a obiettivi politici e culturali ben precisi. Grazie a Dio, però, ho l'impressione che il vento dello Spirito soffi così forte che finirà per disperdere le loro favole.

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