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Vescovi italiani: la politica ponga fine agli indugi

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Aleteia - pubblicato il 17/04/13

Al Colle serve una personalità riconosciuta a livello nazionale e internazionale

Dopo le tante discussioni sulla formazione del nuovo Governo, imperversano in questi giorni quelle sulla scelta del prossimo Presidente della Repubblica. Tra gli interventi al riguardo, anche quello del cardinale Angelo Bagnasco, presidente dei vescovi italiani, che ha sottolineato la necessità di scegliere una personalità “di grande livello, di grande onestà, riconosciuta a livello nazionale ed internazionale perché l’Italia possa continuare se possibile a crescere, come è giusto sperare, nella considerazione internazionale”.

Tra le qualità “imprescindibili” del Capo dello Stato, ha indicato il porporato al margine di una Messa celebrata nello stabilimento Fincantieri di Sestri Ponente, deve esserci “il realismo di fronte ai problemi concreti della gente, che è stremata per la mancanza di lavoro, per il fisco pesante, per le attese riforme strutturali”. Ciò, ha indicato, è “indispensabile perché la gente si senta sempre di più parte di un corpo unico per affrontare un momento difficilissimo” (Vatican Insider, 17 aprile).

Il nuovo presidente, aveva già sottolineato alcuni giorni fa, deve essere “una personalità di alto livello, che possa rispondere a questo compito imprescindibile di garante della Costituzione ma anche di equilibrio, di stimolo, di sprone degli altri poteri dello Stato”. Una donna? “Perché no? L’importante è il livello, la capacità personale, il profilo intellettuale e morale”.  Bagnasco ha anche chiesto che la politica “si decida a finirla con ogni indugio, spesso immotivato”, e affronti “seriamente e decisamente i problemi della gente che non ne può più”, invocando anche un “buon governo stabile”.

Di fronte alla difficile situazione politica di questo periodo, anche monsignor Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto, ha lanciato “un grido di allarme, una sollecitazione etica, un invito al coraggio dell'agire personale e alla speranza”. Il presule ha fatto appello alla coscienza di ciascuno degli eletti al Parlamento, ai quali va ricordato “il dovere di rappresentare la Nazione e non il proprio gruppo o il proprio capo, quella Nazione che attraversa una delle crisi più gravi della sua storia, in un contesto come quello europeo e mondiale, segnato anch'esso dai processi involutivi dell'economia, dalla crescita della disoccupazione e del disagio sociale” (Il Sole 24 ore, 14 aprile).

In un quadro simile, “ogni giorno di ritardo nell'affrontare le sfide e nel proporre vie di sviluppo sostenibile è un danno al bene comune, pagato con la chiusura di altre aziende, con la perdita di nuovi posti di lavoro, con la crescita della sfiducia e la tentazione della rinuncia qualunquista, che nasconde spesso un accumulo di rabbia e volontà di rivalsa perfino violenta”.

Ciò che si aspetta “la gente della strada” è “l'elezione rapida di un Presidente di tutti gli Italiani, moralmente autorevole, al di sopra delle parti, competente in campo istituzionale, esperto di ascolto e capace di mediazioni non compromissorie”. In seconda battuta, “il popolo ha diritto a un Governo della Nazione, che sappia fare le riforme necessarie per correggere la nostra democrazia malata (a cominciare da una nuova legge elettorale, rispettosa del diritto dei cittadini a scegliersi i loro rappresentanti!), per ridurre i costi della macchina dello Stato (diminuendo tra l'altro l'elefantiaco numero dei parlamentari), per rilanciare l'economia e difendere le acquisizioni dello stato sociale”.

“Chi non è in grado di capirlo si faccia da parte, perché evidentemente non rappresenta la Nazione, né esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”, come vorrebbe invece la Costituzione all'art. 67.

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