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Editto di Milano: 1700 anni di storia contrastata

Aleteia - pubblicato il 08/02/13

Un anniversario per riflettere su libertà religiosa e laicità dello Stato

Diverse città europee stanno celebrando la pubblicazione dell’Editto di Milano, con il quale quasi 1700 anni fa (nel febbraio dell’anno 313) gli imperatori dell’Impero Romano d’Occidente e d’Oriente, Costantino Augusto e Licinio Augusto, riconoscevano il diritto di ogni cittadino di professare in modo libero e pubblico la propria religione (cfr. Editto di Milano in Cathopedia.org).

Le celebrazioni sono iniziate il 18 gennaio a Niš (l’antica Naissus, oggi in Serbia), patria dell’imperatore Costantino. A Milano, l’esposizione dedicata all’Editto nel Palazzo Reale (fino al 17 marzo) è definita l’evento culturale più importante dell’anno (cfr. Prima Pagina News, 18 gennaio). La mostra proseguirà poi a Roma dal 27 marzo al 15 settembre 2013, nelle sedi del Colosseo e della Curia Iulia.

L’arcivescovo di Milano, il cardinale Angelo Scola, ha scritto la lettera pastorale “Alla scoperta del Dio vicino” per spiegare che l’anniversario dell’Editto di Costantino “sarà l’occasione non solo per riprendere il tema della libertà religiosa, ma anche una riflessione, da condividere con tutte le persone e istituzioni disponibili, sulla rilevanza pubblica della religione e sul bene per l’intera società di una comunità cristiana viva” (IncrociNews.it, 8 settembre).

Ricordando come l’Editto sia stato definito “l’initium libertatis dell’uomo moderno”, ha indicato tuttavia che si è trattato di un “inizio mancato”. All’Editto seguirono infatti realtà di segno opposto, come le persecuzioni a ebrei e pagani da parte dello stesso Costantino, mentre nel 380, con l’Editto di Tessalonica, l’imperatore Teodosio dichiarò il cristianesimo unica religione legittima nell’Impero, minacciando sanzioni penali per chi ne professasse altre (Aggiornamenti Sociali, febbraio 2013).

Resta ad ogni modo vero che l’Editto di Milano rappresenta uno spartiacque nell’immaginario collettivo dei cristiani, segnando l’uscita dalle catacombe. L’Editto fu promulgato due anni dopo la fine della grande persecuzione dell’inizio del IV secolo scatenata dall’imperatore Diocleziano, insieme a Galerio, nel tentativo di restaurare l’unità statale, minacciata, credevano, dalla crescita incessante del cristianesimo. Recitava che Costantino Augusto e Licinio Augusto avevano “risolto di accordare ai Cristiani e a tutti gli altri la libertà di seguire la religione che ciascuno crede, affinché la divinità che sta in cielo, qualunque essa sia, a noi e a tutti i nostri sudditi dia pace e prosperità”.

Lungi dall’attribuire al cristianesimo un ruolo preminente, l’Editto cercava di ottenere la benevolenza della divinità in tutte le forme in cui si presentasse, in consonanza con il sincretismo allora praticato da Costantino, che, pur favorendo la Chiesa, continuò per un certo periodo a rendere culto al Sole Invitto. In ogni caso, il paganesimo smise di essere la religione ufficiale dell’Impero.

L’Editto è il primo documento che sganciava la struttura dello Stato romano dal patto con gli dei tradizionali e affermava che il rapporto tra l’uomo (e l’intera società) e Dio è fondamentale per ogni dimensione – compresa quella politica -, ma è basato su un rapporto libero (Il Sussidiario.net, 27 ottobre 2012).

Il senso profondo della rivoluzione costantiniana non implica una separazione tra ragione e politica e nemmeno una relativizzazione della visione religiosa, perché, come ha affermato la storica Marta Sordi, la libertà religiosa che scaturisce dall’accordo di Milano “delinea l’immagine di uno Stato che si definisce religioso e ritiene anzi il suo rapporto con la divinità fondamentale problema politico e si dichiara nello stesso tempo aconfessionale, non in nome di un razionalismo scettico, ma in nome della sua inconfessata incompetenza a decidere, in quanto Stato, la natura teologica della divinità”.

Gli incontri e i convegni in occasione dell’anniversario permetteranno quindi di comprendere come, anche sul piano storico, “solo il libero incontro della libertà dell’uomo e della libertà di Dio può permettere la costruzione di una convivenza civile rispettosa dell’identità di tutti e non succube di una semplice ‘tolleranza’ politically correct”.

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