A Porta a Porta una testimonianza riapre il caso: “Quando l’ho toccata è colato del sangue sull’occhio della Madonnina”. Ma le sue tesi non tornano. E vi dimostriamo perchè «Sono stato io a mettere il sangue sul volto della Madonnina di Civitavecchia». Hanno destato scalpore le affermazioni svelate nella trasmissione “Porta a Porta“, su Rai1, dal signor Ivano Alfano, che dopo 25 anni ha confidato di aver deciso di togliersi questo peso e di raccontare la sua verità.
Tutto sarebbe nato, a suo dire, in seguito ad una ferita alla mano che si era procurato durante una gita insieme alla compagna Leandra:
«Quel giorno (2 febbraio 1995, ndr) siamo partiti io e la mia compagna con una motocicletta, mi si era rotto il filo del gas e l’ho riparato da me. […] Il filo mi ha creato un taglio sul dito, non me ne sono accorto subito», ha dichiarato. «Arrivati a Civitavecchia abbiamo lasciato la motocicletta per andare a prendere qualcosa da mangiare e a un certo punto c’era una nicchietta con una Madonnina. Quando vedo una Madonnina ho il vizio di fare il segno della croce, mi bacio e tocco la Madonnina. Quando l’ho toccata è colato del sangue sull’occhio della Madonnina».
Anche Leandra ha confermato di aver visto del sangue solo dopo che la statuetta era stata toccata dal compagno, il quale poi sarebbe andato via, avendo visto arrivare un signore con una bambina. «La bambina forse ha visto colare il sangue perché era una cosa appena successa», ha dichiarato. Tuttavia, Ivano ha escluso che la colatura sotto l’altro occhio fosse stata provocata dalla sua ferita: «C’è qualcosa che non torna – ha osservato – la colatura sul corpo non c’era».
Perché non lo raccontò subito? «Non avevo la testa di adesso, ero un ventenne, ho avuto un po’ di paura», ha concluso l’uomo durante l’intervista a “Porta a Porta” (Il Sussidiario, 21 febbraio).
Cosa accadde quel 2 febbraio 1995
È il pomeriggio del 2 febbraio 1995 quando una piccola statua di gesso di 42 centimetri raffigurante la Madonna iniziò a lacrimare sangue nel giardino della famiglia Gregori, alle porte di Civitavecchia. La statuetta era stata acquistata l’anno precedente a Medjugorje dal parroco della vicina chiesa di Sant’Agostino, che la donò alla famiglia, e posta poi all’interno di una nicchia. Intorno alle 16.30, la figlia Jessica, all’epoca di 5 anni, raccontò al padre di aver visto un liquido rosso scendere dagli occhi della Madonnina. Venne subito informato il parroco e la gente iniziò ad accorrere. Fu la prima di 14 lacrimazioni.
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La ricostruzione che non torna
«Se per ipotesi fosse vera la ricostruzione di Alfano, bisognerebbe innanzitutto dire che la sua colpa principale sarebbe stata quella di aver lasciato per molti anni il signor Fabio Gregori vittima di un’inchiesta, che lo aveva visto accusato di associazione a delinquere, dalla quale è uscito totalmente scagionato. Che però è costata, a lui e alla sua famiglia, una lunghissima e penosa sequenza di accuse e di polemiche. Se, come invece ritengo, quella ricostruzione non è credibile, il rimettere in discussione una vicenda ormai definita rappresenta una grave responsabilità», commenta il giornalista e scrittore Saverio Gaeta, autore del libro “Civitavecchia – Le lacrime di sangue della statuetta di Maria” (Edizioni San Paolo).
Gaeta smentisce la ricostruzione di Alfano, prima di tutto per aspetti logistici. Il giornalista, che ha seguito molto da vicino il caso delle lacrimazioni della statuina, si è recato più volte presso la villetta dei Gregori a Civitavecchia.
https://www.youtube.com/watch?v=rUcvZ8rRYxA
“La statuina non era visibile”
«Questa persona – afferma Gaeta – dice di essere andato in moto il 2 febbraio 1995 e di essersi fermato a un certo punto, per motivi non chiariti, nei pressi di casa Gregori, e di essere stato attratto dalla statua della Madonnina. Alla villetta si accede tramite un vialetto che si trova lungo un rettilineo di almeno un paio di chilometri».
Quindi, prosegue il giornalista-scrittore, «non si capisce perché uno si debba fermare nel bel mezzo di un rettilineo del genere. Ma ammettiamo che Alfano l’abbia fatto. Lui dice di aver visto la Madonnina dalla strada. Eppure la statuina non era visibile, poiché si trovava nella nicchia in pietra all’interno della proprietà dei Gregori, proprio di fronte alla porta d’ingresso della villetta, con l’apertura rivolta verso l’interno. Da come parla Alfano, sembra che la statuina fosse in un crocicchio e visibile: questo va assolutamente smentito».
“Non c’è stato alcun contatto”
Il racconto di Alfano, secondo Gaeta, non è convincente nemmeno quando parla del contatto con la statuina. «Ammettiamo ancora che Alfano sia entrato nella proprietà dei Gregori e sia andato vicino alla statuina. Se fosse arrivato quando ancora non erano rientrati a casa Fabio con la sua famiglia (quel pomeriggio si erano recati in parrocchia, ndr), siccome Alfano dice di aver visto i Gregori, deve averli per forza incrociati di faccia, considerate le posizioni della nicchia e dell’ingresso di casa. Ma fra loro invece non c’è stato alcun contatto e Gregori non li ha mai visti».
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“E Davide dov’era?”
«Se – aggiunge il giornalista – Alfano invece è entrato nella proprietà dei Gregori quando loro erano in casa, mentre Fabio stava dando la merenda ai figli, significa che nel momento in cui lui era vicino alla statuina, i Gregori hanno aperto la porta di casa e si sarebbero dovuti vedere, anche in questo caso, faccia a faccia, addirittura a soli pochi metri di distanza. E anche questo non è accaduto».
Per di più, sottolinea Gaeta, «Alfano si riferisce sempre, e unicamente, a Fabio e a Jessica. Ma con loro c’era anche il piccolo Davide, tre anni, non certo invisibile. Era proprio lui che il papà era andato a portare in macchina nel momento in cui la figlioletta, rimasta indietro, gli aveva lanciato il grido che la Madonnina piangeva. Dunque, Alfano e la compagna vedono Fabio e la figlia, non vedono Davide, e a loro volta invece non vengono visti: forse, essendo in tempo di Carnevale, avevano ottenuto in prestito il mantello dell’invisibilità di Harry Potter…».
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Rivoli di sangue
I dubbi sulla ricostruzione di Alfano si alimentano sempre più. «Ammettiamo che lui dica la verità – incalza Gaeta – e per assurdo che abbia toccato la Madonnina col suo dito, che si era tagliato ben prima di quel momento. Al massimo, dai capillari può essere uscita qualche gocciolina di sangue, mentre le fotografie degli inizi mostrano rivoli di sangue da ambedue gli occhi. E poi tutte le altre lacrimazioni? Dove era il signor Alfano mentre la statuina lacrimava per altre tredici volte, peraltro sempre alla presenza di testimoni?».
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I testimoni
Nel libro di Gaeta viene documentata la quantità di testimoni che il Tribunale ecclesiastico ha interrogato, tutti con nome, cognome e dichiarazione giurata, per ciascuna delle lacrimazioni: «Nel secondo evento, dieci; tre nel terzo, e poi cinque (4° episodio), cinque (5°), tre (6°), due (7°), cinque (8°), tre (9°), due (10°), uno (11°), quattro (12°), quattro (13°). Ma numerose altre persone presenziarono a queste lacrimazioni, fra cui un parlamentare, un fotoreporter e due giornalisti, e inoltre diversi pubblici ufficiali: il comandante della Polizia municipale di Civitavecchia Giancarlo Mori, un carabiniere, un sottufficiale dell’Esercito, due guardie carcerarie e quattro poliziotti». Per finire poi con l’ultima lacrimazione nelle mani del vescovo diocesano Girolamo Grillo, alla presenza di suoi parenti e di alcune suore.
Gli esperti di medicina legale
Lo studioso del caso della madonnina di Civitavecchia evidenzia che due autorevoli esperti di medicina legale, come Giancarlo Umani Ronchi e Angelo Fiori, docenti all’epoca rispettivamente a La Sapienza e al Gemelli, hanno constatato i rivoli di sangue, che dagli occhi sono scesi sino al collo della statuina, nel corso delle lacrimazioni. «Una goccia del signor Alfano come avrebbe potuto creare tutto questo effetto? Tutto questo – conclude Gaeta – dimostra che la ricostruzione di questa persona non è credibile».
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L’esame del Dna
Né è corretto che lui dica di essere disponibile a sottoporsi all’esame del Dna. Infatti, già il professor Umani Ronchi ricordava a suo tempo che «per il DNA è molto importante avere chiare le idee: un conto è la “compatibilità” del sangue, un conto è l'”identità” del sangue. Per procedere alla “compatibilità” potrebbe essere sufficiente un numero anche limitato di “polimorfismi”, ma non proverebbe niente e inoltre sarebbe pericoloso perché si presterebbe a false strumentalizzazioni. Per procedere all'”identità” è necessario individuare un elevato numero di elementi, ciò che non è stato, né è più possibile. Le analisi effettuate dalla Magistratura si sono limitate a isolare soltanto cinque “polimorfismi”, quando ce ne vorrebbero almeno venticinque per procedere ad una seria comparazione. Per di più i cinque polimorfismi isolati sono comuni alla stragrande maggioranza della popolazione… È ovvio che se i polimorfismi ricavati sono “rilevabili nella popolazione in generale”, ogni comparazione sarebbe stata non attendibile».
“Opportuno un intervento della Magistratura”
«Francamente – chiosa il giornalista-scrittore – venire dopo 25 anni a raccontare una tesi così debole, ha davvero dell’assurdo. Però, visto il rilievo pubblico che hanno avuto le affermazioni di Alfano, credo che sia opportuno un intervento della Magistratura per ricostruire la sequenza dei fatti da lui dichiarati e verificarne l’attendibilità, anche per salvaguardare l’onore della famiglia Gregori, ancora una volta ingiustamente sottoposta a una faticosa prova, che comunque sono certo stanno affrontando alla luce della fede e nella certezza di quanto hanno vissuto, comprese le ulteriori manifestazioni prodigiose della statuetta che ricevettero da Giovanni Paolo II attraverso il cardinale Deskur e le apparizioni della Madonna che tutti i componenti del nucleo familiare hanno sperimentato».
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