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Stimmate di Padre Pio: il medico “accusatore” le visitò in gran segreto

Padre Pio mentre recita la Preghiera Eucaristica a Messa.

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Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 08/09/21
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Il dottore Padre Agostino Gemelli, accusato di aver indirizzato il Sant’Uffizio contro il frate cappuccino senza averlo mai visitato, in realtà vide le ferite. Un testo inedito lo accerta. Ma accadde durante un incontro nel 1919, rimasto segreto finora, e non in quello ufficiale e pubblico del 1920 quando ebbe uno scontro con Padre Pio

Padre Agostino Gemelli ha visto davvero le stimmate di Padre Pio. Ma non si è espresso, in modo definitivo, sulla loro veridicità o meno. 

Questo fatto non è avvenuto nell’incontro del 1920, quello della rottura e dello scontro con il frate (in quell’occasione Gemelli non vide le stimmate, ma sostenne che in Padre Pio non ci fossero elementi di vita mistica). Bensì un anno prima, nel 1919: quello, invece, fu un incontro privato, dai toni più pacati. 

Una relazione inedita al Sant’Uffizio rivela, infatti, una visita "sotto copertura”di Padre Gemelli a San Giovanni Rotondo nel 1919. E’ in questa occasione, diversamente dal 1920, che il medico, psicologo e teologo, presidente della Pontificia Accademia delle Scienze, e consulente scientifico del Sant’Uffizio, potè vedere le mani del futuro santo.

Finalmente, con un articolo pubblicato sul “Bollettino dell’Archivio per la storia del movimento sociale cattolico in Italia” dal titolo “Padre Agostino Gemelli disse il vero: visitò le stimmate di Padre Pio da Pietrelcina”, si è chiarita questa importante vicenda. 

Come risulta dal carteggio con il Sant’Uffizio, padre Agostino Gemelli visitò due volte San Giovanni Rotondo e padre Pio. La prima volta fu «Nel 1919, essendo di passaggio, per ragioni di servizio militare, a Foggia». 

«Mi recai a S. Giovanni Rotondo – scrive il francescano – accompagnato dal segretario dell’allora Vescovo di Foggia. Questi mi espresse il desiderio che io esaminassi il P. Pio e poscia gli riferissi il risultato delle mie osservazioni. Il mio viaggio poteva essere utile. Ritenni mio dovere di accettare e mi recai e mi trattenni due giorni a S. Giovanni Rotondo, ospite del Convento dei Cappuccini. Ebbi modo di vedere più volte il P. Pio e di conversare assai a lungo con lui. Esaminai anche le piaghe del P. Pio». Si presentò come medico e così «io continuai sino in fondo la commedia del medico convinto e convertito per avere agio di osservare, vedere, constatare. Di tutto questo riferii a Mgr. Vescovo di Foggia».

Così scrisse padre Gemelli in una dettagliata relazione al Sant’Uffizio (13 pagine dattiloscritte, con correzioni autografe) datata 6 aprile 1926. Con essa egli fa sapere che, nella prima visita del 1919, non rivelò di essere padre Gemelli e che, da parte loro, padre Pio e i frati non se ne resero conto, a causa dell’«innocente artificio » e della «commedia» con cui egli coperse la sua identità. Però, quella prima visita fu sempre tenuta “nascosta” per segreto di ufficio, per «seguire il proprio dovere, ubbidendo ai Superiori»: «Mi sono limitato a dire che avevo fatto visita al Padre. (…) Il S. Ufficio mi ha sempre consigliato di tacere ed io ho obbedito» (Avvenire, 28 agosto).

In quella occasione, i giudizi di Padre Gemelli restarono secretati. Le cose cambiarono l’anno successivo, quando tornò ad indagare e chiese un nuovo incontro con Padre Pio per visitargli le mani. Ma il frate cappuccino, già al centro di molte pressioni ecclesiastiche, non gli concesse la visita. I cappuccini presenti raccontano di un Padre Gemelli molto arrabbiato e minaccioso, che poi spiegò al Sant’Uffizio:

La conseguenze di quell’incontro si consumarono nel Luglio 1923, quando calò il gelo sul convento dei Cappuccini di San Giovanni Rotondo. L’Osservatore Romano pubblicò la sentenza del Sant’Uffizio: le stimmate di Padre Pio non hanno alcun tratto di soprannaturalità. La relazione di Gemelli, basata sull’incontro ufficiale del 1920 (e non su quello “segreto” del 1919), dunque su una visita medica mai realmente avvenuta, fu determinante per decretare il giudizio negativo del Sant’Uffizio. Che poi, come ben sappiamo, è stato rovesciato in positivo dopo ulteriori relazioni e analisi condotte da altri medici e religiosi.