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Il mistero delle stimmate di Padre Pio. La parola ai tre medici che lo hanno visitato

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Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 07/03/18

Proviamo a capire se realmente è stato un fenomeno soprannaturale e quando le piaghe si sono realmente rimarginate

Nella notte tra il 22 e il 23 settembre 1968, nella cella n.1 del convento di San Giovanni Rotondo, muore Padre Pio da Pietrelcina.

«Dieci minuti dopo la morte», intorno a lui, ancora «adagiato su un lettino, in atteggiamento di dormire, […] per prestare i pietosi uffici nel ricomporne la salma», erano rimasti solo «quattro cappuccini – il superiore, i padri Pellegrino, Raffaele e Mariano – con il medico curante Sala». Il guardiano del Convento, frate Carmelo Di Donato da San Giovanni in Galdo (CB), «consapevole di dover lasciare una testimonianza ufficiale ed autorevole», volle «di proposito, insieme con altri testimoni, osservare da vicino le stimmate», ma dopo aver sfilato i mezzi guanti e le calze e dopo aver scoperto il petto del defunto, dovette «constatare che le mani non si presentavano più come altre volte» le aveva «viste; ma le ferite sia delle mani, che dei piedi e del costato erano completamente rimarginate, senza lasciare alcun segno o traccia».

Stefano Campanella inI tre misteri di Padre Pio (edizioni San Paolo) riporta i documenti ufficiali del processo canonico sul santo di Pietrelcina, che attestano la scomparsa delle stimmate. ritenuta oggi dalla Chiesa un fenomeno soprannaturale. Una vera e propria inchiesta che fa chiarezza su un argomento da sempre molto dibattuto.

L’assenza di cicatrici

Il dottore Sala – scrive Campanella – fece notare ai presenti che non solo «le mani, i piedi, il torace e ogni altra parte del corpo non mostravano rilievi di ferite», ma neppure le «cicatrici erano presenti alle mani, e ai piedi, né al dorso, né alle palme od in sede plantare, né al costato là dove in vita aveva avuto piaghe ben delimitate e visibili. La cute, in quei punti riferiti, era uguale a quella di ogni altra parte del corpo, morbida, elastica, mobile, e la pressione digitale non evidenziava sprofondamenti del derma o del sottocutaneo o spostamenti di ossa o cedimenti delle stesse».

L’aspetto, il colore, la consistenza non rivelavano «alcunché di particolare, né la presenza di segni di pregressa incisione, lacerazioni, ferite, piaghe o reazioni infiammatorie». In pratica sembrava come se Padre Pio non avesse mai avuto piaghe in quelle parti del corpo.




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Le testimonianze sulla scomparsa

Le stimmate (di cui Padre Pio parlò al suo direttore spirituale per la prima volta l’8 settembre 1911), non sono scomparse il giorno della morte. Il dottore Sala ricordò: «Alcuni mesi prima della morte i piedi divennero asciutti e non si palpavano più quei rilievi […] evidenti fino allora».

Anche il guardiano del santuario frate Carmelo, dopo aver ammesso di aver visto poche volte le stimmate di Padre Pio «durante i cinque anni di permanenza» con lui a San Giovanni Rotondo, perché egli «portava sempre le calze ai piedi e i mezzi guanti alle mani, che toglieva soltanto durante la celebrazione della santa Messa, ed anche allora era accortissimo nel coprirsi le mani con le estremità delle maniche del camice (voleva per questo sempre i camici con le maniche lunghe)», ha ricordato che, «due o tre mesi prima della morte, o forse anche prima», le stimmate di Padre Pio erano «cominciate piano piano a chiudersi ed a ridurre la fuoriuscita del sangue».

L’ultimo residuo del sangue versato

Dunque non è la chiusura delle stimmate al momento della morte la vera «novità» ma, precisa frate Carmelo «la mancanza di qualsiasi segno o traccia di cicatrice». Eppure Padre Pio ha avuto le stimmate per oltre cinquant’anni, «così come tutti hanno potuto vedere e migliaia di foto possono dimostrare».

Tra l’altro, in quella stessa lunghissima notte, «nel praticare sul corpo esanime i pietosi uffici soliti a farsi a tutti i morti», frate Carmelo aveva visto con i suoi occhi che «dalla mano sinistra di Padre Pio» si era staccata «una piccola pellicola bianca, ultimo residuo di tutto il sangue versato e dei tessuti muscolari che per cinquant’anni si erano consumati e distrutti».




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Piaghe lunghe sette centimetri

Che Padre Pio abbia avuto le piaghe lo attestano testimonianze di confratelli, fedeli, immagini. Eccone due molto interessanti, sempre estratte dal libro di Campanella, e inserite nel processo canonico.

Fra Pellegrino Funicelli ha attestato: «Ho visto spesso le piaghe delle mani di Padre Pio da Pietrelcina: una ferita al centro coperta da incrostazioni. Una sola volta ho avuto la fortuna di vedere la ferita del costato, nel 1958, un giorno in cui Padre Pio si fece riattaccare un bottone alla maglia che aveva addosso e fu, per questo, costretto a scoprirsi: era una piaga lunga sei o sette centimetri e larga due o tre centimetri; mi sembrava molto profonda, in quel momento non versava sangue».

Il sangue del venerdì

Frate Fortunato De Marzio da Serracapriola (FG) ha detto: «Le stimmate delle mani erano visibili durante la Messa, perché allora solo si toglieva i semiguanti. Assistendo alla Messa parata, potevo osservarle a mio agio. Sul dorso e sulla palma v’erano croste abbrunate simili a una rosa rosso-cupo. Al centro non v’erano croste ma un foro ricoperto da un’escara porosa da cui scaturiva continuamente sangue arterioso, specie il venerdì e le feste solenni dell’anno. Detto sangue scorreva tra le croste come tortuosi rivoletti di acqua in una scogliera».




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Per Romanelli non c’è spiegazione scientifica

Per fugare ogni dubbio sull’autenticità delle stimmate, ci sono le relazioni scritte dai medici che hanno eseguito accurate visite su Padre Pio. Campanella le riporta sempre ne I tre misteri di Padre Pio.

Il primo ad osservare con attenzione scientifica le lesioni comparse sul corpo del Cappuccino di Pietrelcina fu il dottor Luigi Romanelli, interpellato dall’allora ministro provinciale dei Frati Minori Cappuccini della Provincia religiosa di Sant’Angelo – Foggia, padre Benedetto Nardella da San Marco in Lamis, che era anche il direttore spirituale di Padre Pio. Nella sua relazione, scritta dopo aver esaminato il futuro Santo nella serata del 15 maggio 1919 e nella mattinata seguente, Romanelli ha evidenziato il carattere non spiegabile scientificamente delle ferite:

Non sono, secondo il mio modo di giudicare, queste ferite classificabili tra le ferite comuni siano esse d’origine infettiva, siano traumatiche (…) Né si potrebbe, esclusa la ferita toracica, invocare e spiegare le zone dei piedi e delle mani, invocando una già avvenuta guarigione con ecchimosi residuale (…) Nella ferita toracica poi, quantunque senza alcuna medicazione adatta, come ho avuto agio di osservare per ben due volte in diverse ore, non vi è ombra della suppurazione (emissioni di pus, infezione, ecc NDR), mentre invece fuoriesce sangue rosso e fisiologico.




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Per Bignami è “colpa” della tintura di iodio

Il Sant’Uffizio voleva acquisire un parere ancora più autorevole e chiese all’Ordine dei Cappuccini di far visitare Padre Pio da un docente universitario, il professre Amico Bignami, ordinario di Patologia medica alla Regia Università di Roma. Bignami, non credente, sostenne che le ferite erano superficiali e la tintura di iodio, usata come disinfettante, aveva necrotizzato i tessuti.

«In nessun punto la lesione si approfonda: il derma non è affatto leso», scriveva nella sua relazione datata luglio 1919 e, avendo notato che tutte le zone necrotizzate e la cute circostante erano «fortemente colorate con tintura di iodio», che Padre Pio usava «come disinfettante un paio di volte alla settimana e anche più spesso; ed anche […] perché, a suo dire», se non la applicava, «le lesioni facilmente» sanguinavano, il clinico ha ipotizzato «che le lesioni descritte siano cominciate come prodotti patologici (necrosi multipla della cute) e siano state forse inconsciamente e per un fenomeno di suggestione, completate nella loro simmetria e mantenute artificialmente con un mezzo chimico, per esempio la tintura di iodio».

Per il docente universitario la tintura era vecchia e «fortemente irritante e caustica»: applicandola per molti mesi avrebbe creato l’alterazione della cute già preesistente.

Fallisce l’esperimento!

Bignami suggerì un esperimento: fasciare per otto giorni le piaghe di Padre Pio in modo che non le toccasse e non le alimentasse con la tintura di odio, incaricando quattro confratelli di fiducia del padre provinciale di togliere le bende al termine dell’esperimento. Si diceva «sicuro« che le stimmate «sarebbero scomparse».

Al termine dell’esperimento dichiarano i frati – che intanto avevano tolto dalla stanza di Padre Pio il flacone con la tintura di iodio e seguivano passo passo le giornate del frate:

«Ogni giorno, come si può rilevare dai pannolini che conserviamo, tutte le piaghe hanno dato sangue; l’ultimo giorno poi fu più abbondante».

Da escludere sostanze esterne e stati morbosi

Non è nota la considerazione eventualmente espressa da Bignami quando (o se) è venuto a conoscenza dell’esito dell’esperimento. L’unica certezza, scrive Campanella, è che il ministro generale dei Cappuccini, padre Venanzio da Lysle-en-Rigault, volle acquisire un terzo parere e diede l’incarico al dottor Giorgio Festa, conosciuto presso la Curia che, pur essendo «credente», in un primo momento si mostrò restio ad accettare, «convinto che si sarebbe trovato di fronte ad uno dei soliti casi di isteria». Si decise solo per non venir meno alla «correttezza professionale».

Festa rimase diversi giorni in convento sia per studiare le ferite, sia per esaminare il profilo psicologico di Padre Pio. Ebbene, la sua relazione, consegnata il 15 novembre 1919, fu emblematica. Escluse che le stimmate potevano essere conseguenti a: ferite da taglio; utilizzo eccessiva della tintura di iodio (che peraltro il frate non applicava più da mesi); «auto-lesioni, sia pure involontarie»; ad uno stato morboso somatico e psichico perché Padre Pio risultava perfettamente in equilibrio mentale.

Il medico, sopratutto, escluse che le piaghe potessero derivare da sostanze chimiche esterne (vetratina, acido fenico NDR) «perché l’azione di queste non si limita mai strettamente, come nel nostro caso sarebbe avvenuto, alla zona lesa, ma si estende oltre i suoi confini, perdendosi gradatamente nei tessuti normali limitrofi con una reazione il cui esponente è dato sempre da un grado più o meno notevole di rossore, di edema, di infiltrazione».

«Le lesioni che il Padre Pio presenta e l’emorragia che da queste si manifesta hanno un’origine che le nostre cognizioni sono ben lungi dallo spiegare», sentenziò Festa.




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L’ispezione “abusiva”

Le stimmate, costantemente sanguinanti, continuavano a non avere una spiegazioni logica neppure nelle visite congiunte successivi dei dottori Romanelli e Festa. Quest’ultimo ispezionò “abusivamente” Padre Pio anche nel 1925, durante un collasso subito dal frate nel corso di un’operazione ad un’ernia inguinale. Anche in quell’occasione le ferite continuarono a sanguinare.

I medici concordano: piaghe realmente esistite

Sulle stimmate, quindi, i tre medici che hanno visitato Padre Pio hanno concordato che le abbia realmente avute. Sulle cause delle lesioni restano le divergenze.

Ma la loro graduale scomparsa nell’ultimo periodo di vita del santo di Pietrelcina, «un arco di tempo brevissimo, tale da escludere ogni logica possibilità di riparazione dei tessuti, per quanto eccezionali siano le loro capacità rigenerative» (visto che ancora la mattina del 22 settembre 1968 il professor Francesco Lotti, medico amico di Padre Pio, aveva notato «sul palmo della mano sinistra […] uno stillicidio di sangue […] nel corso della Messa – la sua ultima – e nelle ore ad essa precedenti»), fa prevalere l’ipotesi di un evento che fatica ad avere una spiegazione scientifica.

“Un assurdo fisiopatologico”

Lo studio più accurato su questo aspetto, è stato effettuato dal dottor Paolo Maria Marianeschi, medico che ha analizzato con attenzione i fenomeni di stimmatizzazione. Ecco cosa dice della chiusura delle piaghe di San Pio:

«Indipendentemente dai tempi di guarigione sui quali non vi è grande accordo, se le stimmate fossero state delle semplici macchie o abrasioni, o croste, cioè a dire delle lesioni superficiali interessanti l’epidermide o la parte più superficiale del derma, non porrebbe alcun problema interpretativo la loro guarigione senza cicatrice; discuterebbero forse i teologi ma non i medici. Nel caso, invece, che le stimmate fossero, come ci sembra che risulti dai documenti in nostro possesso, delle perdite di sostanza tissutale profonde, interessanti oltre all’epidermide anche il derma e l’ipoderma, allora, oltre ai teologi, sono costretti a porsi il problema della corretta interpretazione di questo fenomeno anche i medici».

Questi ultimi, conclude Marianeschi, «ben sanno infatti, che le ulcere, termine generico con cui i dermatologi indicano le lesioni cutanee profonde, guariscono sempre con cicatrice. Questa caratteristica non è propria solo del tessuto cutaneo, ma di tutti i tessuti umani complessi (…) Dovrebbe essere a questo punto abbastanza chiaro – chiosa il medico – che la scomparsa delle stimmate di Padre Pio o la loro guarigione acicatriziale che dir si voglia è un vero e proprio assurdo fisiopatologico».

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