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Vanessa Ferrari: a 30 anni è in finale alle Olimpiadi di Tokyo

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Paola Belletti - pubblicato il 26/07/21
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Vanessa Ferrari, il ritratto di una campionessa per talento, passione e capacità di superare le sconfitte. Arriva in finale per la specialità corpo libero, davanti alla favorita statunitense Simone Biles.

A 30 anni un'atleta di ginnastica artistica è considerata vecchia e già da un po'; Vanessa invece continua a sfidare i limiti, soprattutto i propri e a trasformarli in pedana, trampolino, tappeto dai quali spiccare nuovi salti.

Si è esibita con il brano di Andrea Bocelli, Con te partirò dalla cui melodia si sente aiutata nell'interpretazione e nell'espressività.

L'avversaria da battere è ovviamente Biles, la fuoriclasse americana che si è anche dimostrata una vera sportiva intervenendo a difesa della collega e rivale italiana ingiustamente e ferocemente attaccata sui social per frasi razziste che non aveva nemmeno pronunciato.

Vanessa è una regina, come la Pellegrini; atlete tenaci, dotate di talento ma anche di grande capacità di sacrificio e impegno, che hanno ispirato e ancora ispirano generazioni di giovanissime iniziandole a discipline tanto impegnative come sono la ginnastica artistica e il nuoto. Entrambe come e più di altri sport richiedono uno sforzo continuo e una vera propria ascesi che dal corpo non può che coinvolgere anche mente e spirito.

Forza Vanessa, il 2 agosto siamo tutti con te.

(aggiornato il 26 luglio 2021)

Vanessa Ferrari è nata ad Orzinuovi il 10 novembre del 1990 e ora, all'età di 30 anni, si qualifica per la quarta volta alle Olimpiadi. Conferma ancora una volta la sua particolare resistenza alle difficoltà e anzi il talento di portarsene fuori con ancora più talento e grinta. Brava Vanessa, vero orgoglio italiano - e bresciano. (Aggiornamento del 29 giugno 2021)

Medaglia d’Oro-Campionessa mondiale di ginnastica artistica Aarhus 2006,  Medaglia d’Oro-Coppa del Mondo Parigi 2007, Medaglia d’Oro-Giochi del Mediterraneo Mersin 2013, Medaglia d’Oro-Coppa del Mondo Tokio 2014.

È una giovane donna, ora ha 26 anni. Per la ginnastica artistica è già vecchia. Ha attraversato anni durissimi. La ginnastica artistica è una disciplina aspra. Eppure, incontrata a 7 anni, non l’ha ancora lasciata.

È nata ad Orzinuovi, in provincia di Brescia, il papà bresciano, la mamma di origini bulgare che le trasmette anche la passione per lo sport. Senza forzature. Lo racconta Vanessa. Dopo il primo allenamento nello spogliatoio lascerà andare le lacrime trattenute mentre l’allenatore le tende la schiena sulla trave. La mamma la rassicura «non devi tornare per forza, possiamo smettere anche subito».

«No, voglio continuare».

In questo primo episodio c’è già quasi tutto. La durezza estrema di una disciplina che le sconvolge da subito i ritmi di vita (frequenterà le scuole serali per potersi allenare 4 ore al mattino e 2 al pomeriggio); l’attrazione per la bellezza austera della ginnastica; il desiderio di vincersi e vincere; il rapporto con la mamma e il papà.

Le sei ore di allenamento devono essere aggiunte a quelle di viaggio per raggiungere la palestra, che per i primi tempi è lontana dal luogo di residenza 50 km. È la mamma che fa la spola. Ma anche il papà sarà molto presente nel percorso di Vanessa. Durante le gare, prima di spiccare il primo salto ha bisogno di uno scambio fugace di sguardo con lui. Senza di quello non parte, con quello vola.

Soffrirà moltissimo quando i genitori si separeranno.

Soffrirà anche per infortuni. Avrà bisogno di un intervento chirurgico. Dovrà fermarsi per lunghi periodi.

Appena uscita dall’anestesia, sul letto di ospedale, Vanessa si mette a fare gli addominali.

«Che fai, non puoi» le dice il chirurgo.

«Quando posso tornare in palestra?» Questo le preme.

Colpisce di questa ragazza la durezza, la tenacia e la capacità di soffrire. E la bellezza dei gesti, l’eleganza dei suoi volteggi. I suoi due soprannomi rispecchiano proprio queste due caratteristiche. Cannibale e farfalla.

Nessuna ferocia ma fame di vittoria, di perseguire l’obiettivo massimo con una determinazione intera, di ferro, che “mangia” tutto e tutti. E la stupefacente eleganza e bellezza di salti, volteggi, atterraggi.

Sarà la prima atleta a compiere lo Tsukahara avvitato "Silivas” ovvero un doppio salto indietro raccolto con doppio avvitamento. Si fatica ad immaginarselo, chissà a realizzarlo.

Nel programma della Rai che presenta ritratti di grandi atleti, Nazionali, episodio 11, ripercorre la sua storia con sincerità e una malcelata ritrosia. Era una bambina non facilissima alle relazioni. Un po’ timida, riconosce lei. Racconta di quanto l’abbia stupita e infastidita un fatto, dopo la sua prima esaltante vittoria.

«Prima non mi cercava nessuno, dopo ero assediata dai giornalisti». Non vedeva l’ora che la smettessero.

Ha attraversato insieme alla sue compagne anche una brutta fase di bulimia, indotta dalla durezza della disciplina che le voleva più magre.

Eppure, nei diversi contributi che si possono incontrare in rete, una cosa mi ha colpito in modo speciale. Un fatto che sorprende meno del titolo di Cavaliere dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana ma che forse umanamente le rende più ragione. Il momento in cui il fiume si interra e scorre non visto. La sua fase carsica.

«Per il resto, personalmente, è stata un’immensa soddisfazione il modo in cui sono riuscita ad affrontare la delusione delle Olimpiadi di Londra. È stato un periodo molto duro per me, ma l’anno successivo, nel 2013, sono riuscita a vincere l’argento ai Mondiali di Anversa. E poi nel 2014 l’oro agli Europei di Sofia». Lo racconta per Vanity Fair, per la campagna Make it possible.

Lo dice dopo aver raccontato della gioia enorme provata sul podio dei Campionati mondiali del 2006, in Danimarca.

È una piccola donna tenace e fragile, questa ragazza mondiale con una cadenza bresciana più incancellabile dei tatuaggi che le percorrono il corpo.

Ha un talento naturale che coltiva da anni con una resistenza che suscita ammirazione. Un’atleta che sembra un’asceta.