Finanze del Vaticano, ecco alcuni chiarimenti ufficiali sull’utilizzo dei fondi dell’Obolo di San Pietro e sul pagamento delle tasse allo Stato Italiano, dopo la polemica innescata da Fedez su Instagram.
In occasione della colletta dell’Obolo di San Pietro (27 e 29 giugno in tutte le chiese) il Prefetto della Segreteria per l’Economia dello Stato Vaticano, il gesuita Juan Antonio Guerrero Alves, ha spiegato a Vatican News (27 giugno) in una intervista come vengono utilizzati i fondi raccolti: gli interventi caritativi e il contributo per il servizio del Papa alle Chiese nel mondo.
«Prima di tutto - dice il Prefetto - vorrei dire che la gente ha il diritto di sapere come spendiamo il denaro che ci viene dato. A volte le contraddizioni nascono dalla mancanza di conoscenza, che a sua volta può derivare anche dalla mancanza di trasparenza».
L’Obolo gestisce i soldi destinata alla carità del Papa. «La carità - precisa Padre Guerrero - naturalmente, è offrire donazioni a Chiese locali, istituzioni, famiglie o persone bisognose. Ma non si tratta solo di denaro che arriva a Roma e che il Vaticano distribuisce in diverse parti del mondo per opere di carità. Questa è una parte dello scopo dell’Obolo. Ci sono cioè donazioni per l’Obolo che arrivano e sono immediatamente distribuite nei luoghi in cui c’è bisogno».
Per fare un esempio, «nel 2021, da quando è sotto la supervisione e il controllo della Segreteria per l’Economia, fino ad oggi l’Obolo ha ricevuto 21 milioni di euro in donazioni (qualcosa potrebbe ancora esserci dell’anno scorso che è arrivato in ritardo). Di questi, 8 milioni di euro sono stati distribuiti per l’evangelizzazione o per progetti sociali a sostegno delle Chiese bisognose, principalmente in Paesi dell’Africa, dell’Asia e dell’America Latina. Lo sviluppo della prima metà dell’anno, quando vengono fatte più donazioni dirette, dovrebbe essere simile agli anni precedenti».
Quindi i fondi dell’Obolo non vengono utilizzati solo per opere di carità. «Infatti - evidenzia il Prefetto della Segreteria per l’Economia - è pure importante spiegare e comprendere che parte della carità del Papa riguarda la sua missione di unità nella carità, che egli svolge attraverso i dicasteri e le istituzioni della Curia romana al servizio della Chiesa universale. Una parte del bilancio di alcuni dicasteri è destinata ad aiutare le Chiese nel bisogno e in situazioni umane difficili, ma questo di solito non è la parte principale della loro missione, che è piuttosto quella di offrire il loro servizio specifico alla Chiesa universale».
Queste istituzioni della Curia «non hanno un reddito proprio, e in genere non ricevono un compenso finanziario per i loro servizi. Pensiamo al servizio dell’unità della fede, alla liturgia, ai tribunali della Chiesa, alla comunicazione del Papa, alla cura del patrimonio ricevuto nel corso dei secoli nella Biblioteca o negli Archivi, dove si conservano importanti documenti della storia dell’umanità, alle rappresentanze pontificie nel mondo, ecc. Questi servizi resi alla Chiesa universale non generano reddito e sono parzialmente finanziati dalla colletta dell’Obolo».
La crisi economica causata dalla pandemia ha inciso molto nell’ultima raccolta dell’Obolo. «Abbiamo già notato - continua Padre Guerrero - una diminuzione della raccolta negli ultimi anni. Tra il 2015 e il 2019 la raccolta è diminuita del 23%. Oltre a questa diminuzione, nel 2020, il primo anno di Covid, le entrate dell’Obolo sono state inferiori del 18%. È probabile che la crisi legata alla pandemia si faccia sentire ancora quest’anno. Alcune donazioni ricevute hanno una precisa destinazione finale, altre sono offerte per il Santo Padre in generale».
Nel 2019 la raccolta dell’Obolo è stata di 53,86 milioni di euro, così ripartiti: 43 milioni nel fondo generale dell’Obolo e 10,8 milioni con destinazioni particolari per situazioni di bisogno nella Chiesa e nel mondo. Nel 2020 la raccolta è stata di 44,1 milioni di euro così ripartiti: 30,3 milioni per l’Obolo generale e 13,8 milioni per destinazioni particolari.
Per “destinazioni particolari”, conclude il Prefetto, «si intende parlare di donazioni mirate, per esempio, per la costruzione di chiese nei Paesi del terzo mondo, servizi sociali come ospedali per bambini o sostegno alle scuole in zone di povertà, sostegno alla presenza di comunità religiose in zone difficili a causa della violenza o della povertà, formazione di operatori pastorali, ecc».
Obolo ma non solo. Le finanze del Vaticano sono andate nel mirino del rapper Fedez. Dal suo profilo Instagram, che conta 12,6 milioni di followers, ha lanciato accuse al Vaticano sul tema degli immobili.
«Amici», ha chiesto con ironia il cantante ai suoi seguaci, «voi avevate concordato qualcosa? Non avevamo concordato, amici del Vaticano, che ci davate delle tasse arretrate sugli immobili e che l'Unione Europea ha stimato in cinque miliardini o forse di più? In realtà non si sa, perché avete perso il conto degli immobili, ne avete troppi» (Il Giornale, 24 giugno).
Monsignor Nunzio Galantino, presidente dell'Apsa, l'Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica che gestisce gli immobili della Santa Sede, ha risposto duramente a Fedez.
Galantino, a differenza di Fedez, fornisce dati e numeri sulle tasse pagate dal Vaticano:
Eppure Fedez parla di miliardi di euro di arretrati. «Chi dice che il Vaticano ha evaso 5 miliardi di Imu allo Stato - ribatte l’amministratore dell’Apsa - non offre nessun dato che permetta di verificare questa affermazione. Da chi denuncia la rilevante somma che il Vaticano avrebbe evaso bisognerebbe farsi dire: in base a quale legge, su quali immobili e in riferimento a quale periodo è stato quantificato il debito del Vaticano? Bisogna ribadire che sugli immobili dati in affitto quelli che rendono davvero da sempre le imposte vengono pagate senza sconti o riduzioni».
In passato, «le polemiche furono alimentate perché l'Ici prevedeva l'esenzione per gli immobili degli enti senza scopo di lucro, integralmente utilizzati per finalità socialmente rilevanti (come scuole, mense per i poveri o centri culturali). È da sapere che l'esenzione non riguarda solo la Chiesa, ma tutte le Confessioni religiose, i partiti, i sindacati ecc. Ho persino chiesto a coloro che fossero a conoscenza di evasione da parte di enti ecclesiastici, di denunciarli subito alle competenti autorità, assicurando il mio appoggio».
Anche sul fronte dell’antiriclaggio si sono fatti importanti passi in avanti per le finanze del Vaticano.
La Santa Sede, infatti, è reduce da una minuziosa attività ispettiva da parte degli esperti di Moneyval – il comitato del Consiglio d'Europa che valuta periodicamente il grado di riciclaggio di denaro - è stato giudicato uno Stato in cui è presente un rischio «medio basso di riciclaggio di denaro» e un «basso rischio di finanziamento al terrorismo». Il giudizio - che è stato emesso dopo la sospensione dal gruppo Egmont durata due mesi, verso la fine del 2019 - è stato pubblicato nel rapporto Moneyval.
I reati segnalati in Vaticano con maggiore frequenza dal 2013 ad oggi sono evasione fiscale (25,3%); frode (21,3%); appropriazione indebita (18,7%); beni fittiziamente registrati (9,3%); insider trading e abusi di mercato (6,7%); corruzione (6,7%) (Il Messaggero, 9 giugno).