Il retroscena dell’attentato a Giovanni Paolo II, rivelato dal suo segretario personale. «In ambulanza il Papa si mise a pregare la Madonna. Si sentivano poche parole ma lui ripeteva il nome di Maria. E proprio in ambulanza a pochi minuti dall’attentato il Papa aveva già perdonato chi gli aveva sparato, non sapendo chi fosse quella persona».
Così il cardinale Stanislao Dziwisz, arcivescovo emerito di Cracovia e già segretario personale di Giovanni Paolo II ricorda il tragico attentato al Papa, di cui oggi ricorre il quarantesimo anniversario.
Dziwisz è intervenuto nello speciale di Tv2000 ‘13 maggio 1981 – Il proiettile deviato’, condotto da Paola Saluzzi nella serata del 12 maggio 2021.
Il cardinale Dziwisz su Tv2000, ripercorre gli istanti successivi all’attentato subìto da Papa Wojtyla: «Si sentiva il rumore della piazza e il pianto. La gente non sapeva cosa fosse accaduto».
«Avevo udito il primo sparo - continua lo storico segretario di Giovanni Paolo II - che fece sollevare in volo uno stormo di colombi. Erano come imbizzarriti. Subito dopo, il secondo colpo. Il Santo Padre cominciò ad accasciarsi su un fianco, addosso a me. Cercavo di sorreggerlo, ma lui era come se si lasciasse andare. Aveva in volto una smorfia di dolore. Era stato colpito. Gli chiesi: “Dove?”. E lui rispose: “Al ventre”. E io: “Fa male?”. E lui: “Fa male”. E subito gli ho domandato: ‘Cosa è successo?’ e lui mi rispose di essere stato colpito. Gli chiesi allora: Santo Padre soffre?’ E lui: ‘Sì, tanto’».
«Non c’era spazio per i miei pensieri. Ero concentrato su lui, e mi ripetevo: “Bisogna salvarlo, bisogna salvarlo».
Minuti terribili, secondi infiniti, istanti convulsi. Tutto il mondo era sospeso lì, in piazza San Pietro, quel 13 maggio 1981 alle ore 17,19. «La Provvidenza - continua il cardinale Dziwisz - mi ispirò nel decidere di non farlo portare nell’appartamento ma trasportarlo al Gemelli. Era difficile decidere cosa fosse più giusto fare». Infatti non c’era un secondo da perdere. E così, la corsa disperata al Policlinico Gemelli.
Dziwisz ricorda quell’interminabile tragitto: «Sentivo che invocava: “Gesù, Maria madre mia”. Il Santo Padre non chiese chi fosse stato a colpirlo. Era unicamente assorto nella preghiera di invocazione».