Molti si chiedono cosa contiene e come funziona il vaccino di cui si sta tanto parlando in queste settimane: AstraZeneca. O meglio Vaxzevria, poichè l'Agenzia europea per i medicinali (Ema) ne ha autorizzato il 25 marzo il cambio di denominazione.
Ecco alcuni importanti chiarimenti su questo vaccino considerato “tradizionale” poichè differente, nel metodo con cui è stato realizzato, rispetto a Pfizer e Moderna.
Nel bugiardino di Vaxzevria, è scritto che una dose (0,5 mL) contiene:
Spiega ad Aleteia il Prof. Maurizio Genuardi, Direttore UOC Genetica Medica, Fondazione Policlinico Universitario “Agostino Gemelli”, e Professore Ordinario di Genetica Medica, Università Cattolica del Sacro Cuore a Roma:
«All’interno del DNA dell’Adenovirus di scimpanzè, cioè del patrimonio genetico del virus - prosegue Genuardi - è stato prima eliminato un gene essenziale per le sue capacità infettive. Successivamente è stato inserito un gene del virus SARS-CoV-2. che contiene istruzioni per la sintesi della proteine Spike».
«Quindi - continua l’esperto di genetica - l’Adenovirus è geneticamente modificato in questo senso. Cioè è stato mutato il suo patrimonio genetico. Ciò non significa affatto che possa provocare mutazioni genetiche nelle persone cui viene somministrato».
L’Adenovirus di scimpanzé è prodotto in cellule renali embrionali: un altro aspetto da chiarire. «Non c’è da meravigliarsi - premette Genuardi - perché la coltivazione di questi tipi di virus avviene generalmente in cellule embrionali umane coltivate nei laboratori da molti anni. Si tratta di linee cellulari usate in molti laboratori da diversi anni».
Tali linee si utilizzano essenzialmente per due motivi, aggiunge l'esperto di genetica, «perché possono crescere in laboratorio indefinitamente e sono facilmente disponibili attraverso banche di colture cellulari».
La linea HEK293t usata per la produzione del vaccino Vaxzevria / AstraZeneca «è derivata, tramite modifiche di laboratorio, da una linea ottenuta nel 1973, HEK293, partendo da cellule di tessuto embrionale renale di un aborto procurato.
«Le cellule originali si prelevarono dal rene di un feto abortito legalmente nel 1973. Le cellule HEK-293 usate oggigiorno sono cloni di quelle cellule originali, ma non sono le cellule del feto abortito», precisa nelle Faq il sito ufficiale del Vaccine Knowledge Project , (Progetto di conoscenza sui vaccini) dell'Università di Oxford, che è dove è stato creato il vaccino Vaxzevria / AstraZeneca.
«I virus sono purificati varie volte per rimuovere il materiale delle colture cellulari. Questo rende improbabile che del materiale umano resti nel vaccino finale», aggiunge sempre nelle Faq il progetto accademico che vuole migliorare la conoscenza sul vaccino, fondato dal Centro di Ricerca Biomedica dell'Università di Oxford.
I NoVax, in queste settimane, stanno facendo molta disinformazione su questo punto. Ripetono come un mantra la stessa tesi: il vaccino Vaxzevria / AstraZeneca si produce sfruttando feti umani abortiti. Open (15 marzo) riporta il testo del tweet della NoVax Barbara (attualmente rimosso):
Come mai questo tweet? C’è una possibile origine. A novembre 2020 circolava un video su Facebook nel quale si affermava che il vaccino Vaxzevria / Astrazeneca conterrebbe cellule di un feto abortito. La prova? Un documento riguardante lo stesso vaccino dove viene riportato l’utilizzo delle cellule MRC-5.
Scrive il giornale diretto da Enrico Mentana:
Il documento utilizzato per la narrativa NoVax, tra l'altro, è sbagliato. Per produrre il vaccino di Vaxzevria / AstraZeneca, come abbiamo già detto, si usano le linee cellulari HEK 293 TREX derivate dalle cellule renali di un feto del 1973, ottenuto da un aborto avvenuto nei Paesi Bassi.
Vaxzevria / AstraZeneca, infine, è un tipo di vaccino creato in modo diverso da Pfizer e Moderna. Sempre il professore Genuardi sottolinea: «Pfizer e Moderna non sono basati sul trasporto di molecole che inducono all’immunità attraverso l’inoculazone di un virus. Contengono una molecola di Rna messaggero, l’m-Rna, che dirige la sintesi della proteine Spike».
«Mentre con l’Adenovirus - conclude - il prodotto agisce attraverso il recettore del virus alla cellula che lo fa entrare, nell’altro caso il meccanismo è chimico: l’m-Rna messaggero è legato a sostanze chimiche che lo fanno entrare nella cellula».