Monica ha atteso la conversione di Agostino quattordici anni, senza mai perdere la fede. Suo figlio ha riabbracciato il Signore dopo una vita sregolata e anti cristiana. Entrambi hanno dovuto attendere “i tempi di Dio”
Due santi, madre e figlio, che hanno in comune una grande pazienza. Anzi potremmo definirli tra i più pazienti della storia: stiamo parlando di Sant’Agostino e sua madre, Santa Monica.
Monsignor Felice Accrocca, ha tratteggiato questa loro caratteristica nel libro “Elogio della pazienza”, pubblicato da Libreria Editrice Vaticana. Ma perchè Agostino e Monica sono considerati i “santi della pazienza”?
L’educazione di Monica, la sregolatezza di Agostino
Monica era una madre affettuosa e presente. Visse tra il 331 e il 387 dopo Cristo. Ai suoi tre figli trasmise l’educazione cristiana fin dalla più tenera età. Eppure Agostino, ragazzo vispo e intelligente, era quello meno dedito ad ascoltare i sapienti consigli della madre. Da giovane prese altre strade, sedotto dalle retorica e delle correnti filosofico-religiose più in voga in quegli anni, come il manicheismo, ma soprattutto iniziò una vita spregiudicata e sregolata, tra Cartagine e Roma.
La svolta di Milano
Perso il marito nel 371, Monica non si arrese ad abbandonare il figlio sbandato. Nel 385 la troviamo a Milano, dove Agostino insegnava retorica. E fu proprio lì che avvenne il grande cambiamento: grazie alla predicazione di sant’Ambrogio, dopo tante traversie, Agostino abbracciò la fede cristiana, avviandosi su quella strada di santità che oggi ben conosciamo e che ha lasciato un segno indelebile nei secoli. Monica era presente al suo battesimo, nel 387.

I colloqui spirituali di Ostia
Da allora i due non si separarono più. Deciso a intraprendere una vita monastica, Agostino decise di ritornare in Africa, fermandosi, come tappa intermedia, ad Ostia. E’ in questo luogo, nella quiete serena di una casa, che tra madre e figlio si svolsero colloqui spirituali di straordinaria intensità, che Agostino scelse di trascrivere ne “Le Confessioni” (Famiglia Cristiana).
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La difficile attesa
Una storia a lieto fine, quella di santa Monica, si legge in “Elogio della pazienza”, esaudita da Dio in ciò che più desiderava e aveva di più caro. Non per questo meno sofferta, anzi abbiamo visto quanto! Quale volto della pazienza essa c’insegna (perché la pazienza ha molti volti)?
Indubbiamente, dice Accrocca nel libro, uno su tutti, quello della pazienza come sapiente attesa dei tempi di Dio. Tante volte, troppe volte, vorremmo affrettare i tempi, soprattutto oggi, in un’epoca che non sa dare tempo, che non sa più aspettare. Quante volte, nell’arco di una sola giornata, ci è difficile attendere, in qualsiasi situazione e qualsiasi cosa!
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Le tentazioni di Monica
Questo è il dramma: nessuno vuole più aspettare, nulla! La conseguenza è che si ha tutto, senza sforzo, e tutto, alla fine, perde sapore. Come la frutta: vogliamo averla sempre a portata di mano, tutto l’anno, di ogni specie; alla fine ce l’abbiamo pure, e bella (perché l’aspetto esteriore è la prima cosa che orienta l’acquisto), ma non sa più di niente, perché non ha preso il sole ed è maturata in frigorifero. Così è con la vita, perché è l’attesa che dà senso alla festa.
Santa Monica è stata tentata e tante volte ha ceduto alla tentazione. Ci volle un padre nella fede, un vescovo, del quale peraltro Agostino non dice né il nome, né la sede dove esercitava il ministero, per rimetterla sulla giusta strada. “No”, le disse, quando Monica insisteva perché egli facesse direttamente pressione su Agostino. Come a dire: troverà da sé la propria strada.

Dio ha i suoi tempi, che sono diversi dai nostri
Dio l’ha educata nella sofferenza, in un’attesa durata lunghi quattordici anni, mentre il figlio proseguiva nel suo percorso lontano dall’ideale cristiano, e immerso tra manicheismo e neoplantonismo.
Ma Dio ha i suoi tempi, che quasi mai coincidono con i nostri. Perché non sono soltanto le vie e i pensieri del Signore a non coincidere con le nostre vie e i nostri pensieri (Is 55,8-9), ma anche i tempi; e perciò ci educa con la sua correzione, perché siamo figli amati da Lui.
Certo, la correzione ci fa sanguinare: «È per la vostra correzione che voi soffrite! Dio vi tratta come figli; e qual è il figlio che non viene corretto dal padre? Certo, sul momento, ogni correzione non sembra causa di gioia, ma di tristezza; dopo, però, arreca un frutto di pace e di giustizia a quelli che per suo mezzo sono stati addestrati» (Eb 12,7.11).
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L’arrivo di Dio nelle loro vite
Con fatica e pazienza, santa Monica prima e sant’Agostino poi, hanno imparato ad attendere i tempi di Dio. Monica ha dovuto accettare che il figlio sbagliasse e pagasse anche per i suoi errori, prima che le sue preghiere venissero esaudite e si convertisse.
Agostino ha ammantato quel tumulto interiore che lo ha portato a sperimentare di tutto e di più, prima di approdare nel porto di Dio.
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