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San Giuseppe, vero padre di famiglia (5/9) 

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Joseph-Marie Verlinde - pubblicato il 19/01/21
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Fondatore e priore della comunità monastica della Famiglia di San Giuseppe, padre Joseph-Marie Verline ci introduce alla grande figura di san Giuseppe, a cui papa Francesco ha consacrato un anno speciale in occasione del 150º anniversario della sua proclamazione a patrono universale della Chiesa. Per assicurare la loro missione, Gesù e Maria avevano bisogno di un padre e di uno sposo. Naturalmente Dio ha ricolmato Giuseppe di tutte le grazie necessarie per questo ruolo unico.  

Gesù, vero Dio e vero uomo, doveva avere una vera famiglia. Per potersi realizzare umanamente, il Figlio di Dio incarnato ha dovuto beneficiare, come ogni uomo, del ministero della maternità e della paternità. Bisogna qui ricordare la dottrina delle due coscienze di Gesù: quando il Verbo si fece carne, Egli non perse in nulla la sua coscienza di Figlio di Dio; assunse però anche una coscienza di sé umana, inerente alla completa umanità ricevuta dalla Vergine Maria. 

L’uomo Gesù aveva bisogno di un padre 

L’Incarnazione rispetta pienamente la legge della crescita umana. Questa presa di coscienza avvenne progressivamente, secondo le leggi della psicologia che l’Incarnazione ha pienamente rispettato. Ecco perché il Bambino aveva bisogno non soltanto di una madre, ma anche di un padre, per crescere «in età, sapienza e grazia davanti a Dio e agli uomini» (Lc 2,52). I progressi della psicologia hanno permesso di riconoscere il ruolo primordiale del padre nell’elaborazione della struttura psichica del bambino: egli rappresenta per quest’ultimo l’alterità e – in senso più lato – l’apertura al mondo. È in risposta alla parola del padre, il quale lo invita a rischiare una parola che gli sia peculiare, che il bambino può esercitare la sua libertà e accedere alla sua identità. 

Naturalmente, Dio ha colmato Giuseppe di tutte le grazie necessarie alla sua missione unica. Colui a cui Dio ha affidato «i suoi due tesori più preziosi» – Gesù e Maria – ha necessariamente ricevuto fin dall’alba della sua esistenza tutte le grazie che gli sarebbero state necessarie per assicurare il suo ministero di sposo della Vergine e di padre del Figlio di Dio. Alcuni santi – e non dei “minori”, visto che si annoverano nei loro ranghi Francesco di Sales, dottore della Chiesa, e Padre Pio – si sono spinti fino a considerare che, per essere il degno sposo della Vergine Immacolata, san Giuseppe avrebbe dovuto gioire della medesima grazia, ed essere anch’egli preservato da ogni peccato fin nel suo concepimento. La Chiesa però non si è mai pronunciata nello specifico punto: la bolla Ineffabilis Deus, dell’8 dicembre 1854, con la quale Pio IX definiva il dogma dell’Immacolata Concezione di Maria, sembra anzi escludere implicitamente l’ipotesi, dal momento che parla di un “privilegio unico” accordato alla Vergine Maria in vista della sua divina maternità. 

Una grazia singolare 

È certo che san Giuseppe ha ricevuto tutte le grazie che gli sarebbero state necessarie per compiere la sua missione unica al fianco della Vergine Maria. San Bernardino da Siena (1380-1444) sviluppò a tal proposito un pensiero esemplare: 

È una regola universale, per tutte le grazie accordate a qualsivoglia creatura ragionevole, che quando la bontà divina sceglie qualcuno per onorarlo di una grazia singolare o elevarlo a uno stato sublime, sempre Essa accorda a questo eletto tutti i doni che sono necessari alla sua persona e al compimento della sua missione, e liberalmente lo adorna di questi doni. 

Questo principio si è verificato soprattutto in san Giuseppe, padre putativo di Nostro Signore Gesù Cristo e vero sposo della Regina del mondo. Scelto dall’Eterno Padre per essere il fedele nutricio e il custode dei suoi più grandi tesori, cioè del suo Figlio e della sua sposa, egli si è dedicato fedelissimamente al suo compito. Il Signore gli ha dunque detto: «Bene, servo buono e fedele, entra nella gioia del tuo Signore». 

L’uomo nuovo doveva nascere in seno a una famiglia 

È piaciuto a Dio ricapitolare tutto in Cristo (Col 1,16-21). Gesù risorto è il primogenito dell’umanità nuova, ricreata a immagine e somiglianza di Dio. All’alba della nuova creazione, era conveniente che si trovasse una nuova coppia – restaurata nella grazia in virtù dell’opera redentrice di Colui che essa doveva accogliere, Gesù Cristo nostro Salvatore. All’alba dei tempi nuovi appariva dunque non una Vergine solitaria, ma una coppia, nella quale sarebbe nato il Salvatore. Il Bambino è nato dal grembo della Vergine Maria, «data in matrimonio a Giuseppe» (Lc 1,27): è importante essere precisi. L’Uomo nuovo doveva nascere in seno a una famiglia che realizza pienamente il disegno di Dio sull’uomo e sulla donna, rivelato nel libro della Genesi: 

Dio creò l’uomo a propria immagine; a immagine di Dio egli lo creò; maschio e femmina lo creò. 

Gen 1,27



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[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]