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Pornhub è nei guai. Grossi guai.

PORNHUB
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Lucandrea Massaro - pubblicato il 17/12/20
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Un articolo del New York Times ha scoperchiato un vaso di Pandora: video di stupri, abusi su minori e revenge porn incontrollato e ora iniziano le denunceL’ultimo guaio in ordine di tempo per Pornhub, uno dei siti di film porno più famosi del mondo, è quello delle denunce di 40 donne che hanno deciso di querelare il gigante dell’hard per omesso controllo, in quanto sarebbero finiti sul loro portale i filmati a luci rosse che le ritraevano (Leggo, 17 dicembre).

Un periodo da incubo per Pornhub

Si potrebbe dire che lo scandalo riguardante il sito e le sue policy (tralasciamo per un momento il tema se esista un “porno buono”, spoiler: no) tutt’altro che accurate circa la pubblicazione di nuovi video, è iniziato circa due settimane fa con un articolo del New York Times che si domandava come mai il Canada, dove ha sede legale MindGeek, la compagnia che possiede diversi siti di pornografia, tra cui appunto Pornhub, permettesse ad una azienda di monetizzare con i video relativi a minori.

L’autore dell’articolo, Nicholas Kristof, uno dei più famosi ed esperti giornalisti del New York Times, ha raccontato per la prima volta (una delle prime, almeno) su un giornale importante un fenomeno in realtà noto da anni alla maggior parte delle persone che frequentano Pornhub o altri siti porno che si basano sui video caricati dagli utenti: la quantità di video evidentemente diffusi senza il consenso delle persone coinvolte, e di quelli che ritraggono o dicono di ritrarre minori (Il Post, 10 dicembre)

Questo inaspettato faro del più importante giornale mondiale su quello si può definire una sorta di “segreto di Pulcinella” ha avuto un effetto domino molto marcato. Sulle prime il sito si è difeso dicendo che il Times aveva esagerato, ma ormai la luce era stata accesa nella stanza, e nessuno poteva più dire “io non sapevo”, cosicché è arrivato il primo “alert” di un certo peso: il 7 dicembre Mastercard e Visa hanno detto che avrebbero fatto una indagine per capire se c’erano delle irregolarità nei filmati caricati sul sito di Pornhub, e che – nel caso – avrebbero come da loro policy, disabilitato la possibilità di pagare con le loro carte di credito i servizi offerti da MindGeek.


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Il primo passo indietro

Pornhub ha deciso così di correre ai ripari, la minaccia di venire colpiti in quanto avessero di più caro (il portafoglio), gli ha fatto annunciare a stretto giro (l’8 dicembre) che

non accetterà più caricamenti da utenti non verificati: è un cambiamento importante per un sito che ha costruito il suo successo sui contenuti amatoriali. Da martedì possono caricare contenuti solo utenti come le case di produzione e i membri del “Model Program” della piattaforma. Pornhub ha detto che sta lavorando per il 2021 a un sistema di verifica dei contenuti per tutti gli utenti.

Le accuse scontro Pornhub erano contenute in un articolo dell’editorialista Nicholas Kristof pubblicato il 4 dicembre sul New York Times: Kristof aveva scritto di aver trovato su Pornhub moltissimi video che mostravano violenze su minorenni o su donne in stato di incoscienza, contenuti che violavano anche le linee guida dello stesso Pornhub (Il Post, 9 dicembre)

Questa ammissione – che i protocolli di verifica fossero insufficienti – era esattamente la prima delle accuse di Kristof e che dunque la possibilità (la certezza) che ci sia materiale illegale è concreta. Non solo video di persone che pur filmandosi consenzientemente e tra adulti non erano d’accordo nel rendere pubblico quel materiale, ma – assai più gravemente – ci sono letteralmente migliaia di video che ritraggono stupri reali, di donne e di bambini. Ma poiché l’importante è fare i soldi, anche contro le stesse blande regole che si dice di volersi dare, è stata necessaria la domanda della stampa perché si accendesse un riflettore su questo settore. Inevitabilmente viene da pensare che non sia solo MindGeek il problema, al di là di quel che si può pensare sul tema della pornografia.

Milioni di video tolti dal sito

Sebbene non cancellati definitivamente, improvvisamente Pornhub si è “resa conto” che ben due terzi dei suoi video provenivano da account non verificati, vale a dire che nessuno sapeva chi aveva caricato quei video e se: a) avessero titolo di poterlo fare e b) se quel che veniva ritratto era legale.

Milioni di video cancellati nelle ultime ore. Un calo incredibile: da 13,5 milioni di clip presenti domenica sera si è passati ai 4,7 di lunedì mattina. E molti altri verranno eliminati, ma soprattutto al CEO di MindGeek, Feras Antoon, è venuto in mente di tirare in ballo anche i giganti “per bene” di internet:

FacebookInstagramTikTokYouTubeSnapchat e Twitter [..-] “devono ancora istituire” la possibilità di caricamento dei contenuti solo da parte di account verificati. Ricordano poi lo sforzo per contrastare i contenuti illegali con dei numeri che si fatica non poco a mettere in rapporto: “Negli ultimi tre anni Facebook ha riportato 84 milioni di casi di materiale relativo ad abusi sessuali sui minori – si legge nella nota – nello stesso periodo, una fondazione indipendente ed esterna come la Watch Foundation ha segnalato 118 incidenti su Pornhub. Sono ancora troppi, ed ecco perché vogliamo prendere ogni contromisura”(Wired, 15 dicembre).

Naturalmente su questo ha ragione, quello che accade su social più “familiari” e alla portata di tutti è altrettanto sconvolgente e sarebbe fin troppo facile prendersela solo con Pornhub e simili. Ma.

Se però nel caso di Facebook e degli altri social non va sicuramente abbassata la guardia, la condizione di anonimato è centrale per siti web che fanno dello scambio di opinioni e contenuti il proprio fulcro. Pornhub d’altro canto lucra precisamente sul caricamento di video per adulti che, se non moderati con attenzione, rischiano di nascondere illeciti come quelli denunciati dal New York Times (Fanpage, 15 dicembre).



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E arriviamo a questi giorni

Come dicevamo all’inizio alcune donne avrebbero fatto causa al famoso sito (che ricordiamolo è più visitato di Amazon) canadese, questa denuncia si collega allo scandalo di cui abbiamo parlato nell’articolo e con un altro, di cui in Italia non era giunta notizia e che Business Insider riporta (17 dicembre):

quello della casa di produzione Girls Do Porn. Secondo la corte di San Diego 22 ragazze tra i 18 e i 25 anni sarebbero state costrette con l’inganno a girare video porno: per questo, lo scorso gennaio, la casa di produzione era stata condannata a pagare 13 milioni di dollari.

Il secondo scandalo, invece, è di pochi giorni fa e riguarda il più importante portale di video porno al mondo PornHub, accusato di aver “fatto l’indiano” mentre venivano caricati sul sito video di violenze su minori e stupri.

Ora le due storie si intrecciano: 40 donne che sono state vittime della truffa di Girls Do Porn accusano PornHub di aver continuato a pubblicare i loro video, incurante delle loro richieste di toglierli dalle pubblicazioni. Il risarcimento richiesto è di 1 milione a testa.

Noccioline per Pornhub, ma siccome colpirli nel portafoglio pare funzionare, qualcosa si muoverà. O no?