Perchè il Papa ci dà questo consiglio? Non dovremmo fare il contrario? “L’ultima cosa che dovete fare è parlare”, insiste Francesco
«Davanti a un non credente l’ultima cosa che devo fare è cercare di convincerlo. Mai». E’ il consiglio che ci dà Papa Francesco quando ci troviamo di fronte ad una persona che nega l’esistenza di Dio.
Risvegliarlo con la testimonianza
«L’ultima cosa che devo fare è parlare – suggerisce il Papa, parlando dei non credenti, nel libro nel libro ‘Ti auguro il sorriso per tornare alla gioia‘ (edito da Libreria pienogiorno in collaborazione con l’Editrice Vaticana) -. Devo vivere coerente con la mia fede. E sarà la mia testimonianza a risvegliare la curiosità dell’altro che dice: “Ma perché tu fai questo?”. E allora sì, posso parlare. Ma mai, mai si porta il Vangelo con proselitismo».
Come scansare il proselitismo
Può accadere, prosegue il Papa, che «qualcuno dice di essere discepolo di Gesù e vuole attirarti col proselitismo». «Costui – evidenzia Francesco – non è discepolo di Gesù. Il proselitismo non si fa, la Chiesa non cresce per proselitismo. L’aveva detto papa Benedetto, la Chiesa cresce per attrazione, per testimonianza. Il proselitismo lo possono fare le squadre di calcio, o i partiti politici, ma con la fede niente proselitismo. E se qualcuno mi chiede: “Ma tu perché?”, rispondo: ”Leggi, leggi, leggi il Vangelo, questa è la mia fede”. Ma senza pressione».
L’appartenenza a Cristo, e lo stile di vita che ne scaturisce, non isolano il credente dal mondo, anzi, lo rendono protagonista di un servizio d’amore in favore del bene comune.
— Papa Francesco (@Pontifex_it) October 18, 2020
La canzone di Carlo Buti
Papa Francesco consiglia la lettura di un passo biblico a coloro che riabbracciano la fede in Dio, che siano non credenti o persone che si siano temporaneamente allontanate dal Signore.
«Quando leggo o ascolto quel passo del profeta Osea (14,2-10) che dice: “Torna Israele, al Signore, tuo Dio” (v. 2), mi viene alla memoria una canzone che cantava settantacinque anni fa Carlo Buti, e che nelle famiglie italiane a Buenos Aires si ascoltava con tanto piacere: “Torna dal tuo papà. La ninna nanna ancora ti canterà”».
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“Vide venire il figlio da lontano”
«“Torna” – sentenzia il Papa – è il tuo papà che ti dice di tornare: Dio è il tuo papà, non è il giudice, è il tuo papà. “Torna a casa, ascolta, vieni”. E quel ricordo – io ero ragazzino – mi porta subito al papà del capitolo quindici di Luca, quel papà che “vide venire il figlio da lontano” (v. 20), quel figlio che se ne era andato con tutti i soldi e li aveva sprecati (vv. 13-14). Ma, se lo vide da lontano, è perché lo aspettava. Saliva sul terrazzo – quante volte al giorno! – per giorni, mesi, anni forse, aspettando il figlio. Lo vide da lontano (v. 20). Torna dal tuo papà, torna da tuo Padre. Lui ti aspetta (…). “No, Padre, io ho vergogna di tornare perché…Lei sa Padre, io ne ho fatte tante, ne ho combinate tante…”.
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“Tornare a Dio è tornare all’abbraccio del Padre”
Cosa dice il Signore a chi “ne ha combinate tante”? «“Torna, io ti guarirò dalla tua infedeltà, ti amerò profondamente, perché la mia ira si è allontanata. Sarò come rugiada; fiorirai come un giglio e metterai radici come un albero del Libano” (Os 14,5-6). Torna da tuo padre che ti aspetta. Il Dio della tenerezza ci guarirà; ci guarirà da tante, tante ferite della vita e da tante cose brutte che abbiamo combinato. Ognuno ha le proprie!».
«Pensiamo questo – chiosa Papa Francesco – tornare da Dio è tornare all’abbraccio, all’abbraccio del Padre».
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