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Paolo Palumbo era chef, poi pilota di drone e ora cantante … sogni avverati “grazie” alla SLA

PAOLO PALUMBO, SLA
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Annalisa Teggi - pubblicato il 03/12/20
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Paolo Palumbo è stato il primo pilota di drone con la SLA, dopo la comparsa a Sanremo oggi stupisce pubblicando il suo primo singolo da cantante.Aveva un primato drammatico, ora ne ha un altro che ci riempie di commozione e orgoglio: Paolo Palumbo era il malato di SLA più giovane d’Europa, oggi è il primo nelle sue condizioni a diventare pilota di un drone. Lo ha comunicato lui stesso dalla sua pagina Facebook che nel tempo è diventata qualcosa di più di uno spazio personale di racconto della malattia:

Sembrava impossibile, ma questo piccolo desiderio è diventato realtà perché oggi ho fatto la mia prima lezione di volo. Questo grazie a dei ragazzi fantastici, che mi hanno dato un’opportunità unica: quella di essere il primo malato di Sla al mondo a poter pilotare un drone. (da Paolo Palumbo Finalmente Abili)

 «Non mi hai tolto la voce», una nuova sfida vinta

Uscirà il 27 dicembre 2020 il singolo Quella notte non cadrà di Paolo Palumbo, brano che anticipa la pubblicazione dell’album in distribuzione dal 2021.
Ed è l’ennesima sfida vinta da Paolo, la cui battaglia con la SLA non lo trattiene dal coraggio di lanciarsi in imprese positive che lasciano il segno.
Stupì tutti durante l’ultima edizione del festival di Sanremo, ospite in prima serata con una canzone … metallica. Sì, perché, Paolo riesce a parlare solo grazie a un software. E la tecnologia gli ha permesso di fare un passo da gigante nel mondo musicale. Il suo produttore Enrico Melozzi ha preso vecchi audio di Whatsapp di Paolo, quando ancora era in grado di parlare, li ha sintetizzati e ha creato un software che gli permette di cantare proprio con la sua voce

«sentire la mia voce nel brano è una grande emozione, una vittoria sulla malattia. Un po’ come dirle: tu mi hai tolto la voce e io ho trovato il modo di usarla nuovamente. E questa volta non potrai fare niente per togliermela. La sentirete in molte occasioni, promesso». (da Corriere)

Sempre grazie a Melozzi, Paolo ha potuto duettare nel suo disco con Achille Lauro, artista che stima.

Dalla cucina al cielo, passando per la croce

Ha 21 anni, oggi, Paolo e vive a Oristano. Ne aveva 17 quando ha scoperto di avere la SLA, la malattia gli ha impedito di portare avanti il suo mestiere: era chef. Accanto ad assisterlo, oltre ai molti amici, ha una famiglia premurosa e instancabile: papà Marco, mamma Sonia e il fratello Rosario. Questo è tantissimo, perché la SLA può davvero tratteggiare un orizzonte disperato: con il trascorrere del tempo la malattia aggredisce in modo sempre più paralizzante il corpo, lasciando intatte le facoltà mentali. Una crudele ferocia.


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Messo a dura prova nella prostrazione fisica, Paolo non ha perso la grande tenacia. In parte è senz’altro una sua tempra, molto di buono è stato aggiunto dai legami domestici. La famiglia lo ha affiancato anche in una battaglia di speranza, conclusasi tristemente.

Una grande delusione

Tra l’aprile e il maggio scorsi è stato al centro del clamore mediatico: avrebbe dovuto avere accesso a una terapia innovativa in Israele, chiamata Brainstorm e basata sulla somministrazione di cellule staminali modificate, ancora in fase sperimentale. Il costo della terapia si aggirava attorno al milione di dollari e la famiglia Palumbo ha avviato un crowdfunding, ottenendo grande riscontro: su molti giornali era stato diffuso il messaggio di speranza di Paolo.

Poi la doccia fredda, da Israele arrivò la smentita del fatto che Palumbo fosse tra gli aventi diritto alla terapia sperimentale. Seguì una polemica, contaminata da sospetti di truffa da parte della famiglia Palumbo; ora è stata fatta chiarezza sul fatto che la promessa di accesso alla cura fu offerta da dottori non titolati a farla, Paolo e i suoi familiari erano in buona fede. Lui, dopo un periodo di lungo silenzio e amarezza, ha commentato l’intera vicenda con un lungo post su Facebook; la conclusione:

Io, Paolo Palumbo, 21 anni, mi sono ritrovato vittima di qualcuno che si è preso gioco di me, delle mie condizioni e di tutte le persone che nutrivano una speranza in questa storia. Sono completamente estraneo alla criminosa realtà dei fatti e vorrei dire a chi sta dietro a tutto ciò: hai trasformato il sogno di un ragazzo innocente che sta morendo, nel peggior incubo immaginabile e pagherai per quello che hai fatto. La mia unica colpa? Forse quella di voler guarire. (Ibid)

Pilota

Questa parentesi difficile sia per aver visto naufragare un’ipotesi medica che poteva dare risultati positivi, sia per il dolore degli strascichi mediatici, non è riuscita a spegnere l’entusiasmo di vita di Paolo, che oggi è di nuovo protagonista di una notizia straordinaria.


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Un altro protocollo sperimentale lo ha accolto; non ha a che fare con una terapia medica, ma con una collaborazione all’avanguardia. L’unico strumento che Paolo ha per esprimersi è un comunicatore vocale; in pratica gli occhi diventano le sue parole, un particolare computer gli permette infatti di comporre frasi indirizzando la vista sullo schermo. Ma potrà fare molto di più con il suo sguardo, addirittura piloterà un drone:

è stato scelto per un progetto sperimentale che consentirà di guidare un drone o un altro velivolo attraverso un puntatore oculare modificato: si possono gestire le manovre del drone esclusivamente puntando lo sguardo sullo schermo di un computer. Il progetto è stato ideato e coordinato dalla società 3D Aerospazio, socia del Distretto aerospaziale sardo.

Paolo sta già facendo l’addestramento e poi dal suo computer potrà far volare un drone a distanza, nello spazio aereo del poligono di Quirra. “Sarò anche il più giovane malato di Sla d’Europa, ma sono anche il primo a pilotare un velivolo”, ha detto con grande felicità Palumbo, che da tempo si batte per una maggiore sensibilizzazione verso le disabilità gravissime. (da Unione Sarda)

Diventare pilota era il suo sogno di bambino. Ma questa sperimentazione ora è un sogno realizzabile anche per altri; ancor prima è un messaggio forte e chiaro a chi vive ogni tipo di disabilità a non dubitare di essere una risorsa, senza badare al fiato di chi gli alita addosso brezze di morte anticipate trattando l’umano ferito come un peso (e una spesa da decurtare).

Uno sguardo formidabile

L’occasione è negli occhi di chi guarda. Paolo aveva il curriculum perfetto per questo “lavoro”: una forte determinazione personale e una totale concentrazione sullo sguardo. È un sogno realizzato anche per l’aeronautica:

Questa sperimentazione – precisa il Comandante Antonio Depau di 3DAerospazio – ha consentito di dimostrare che è tecnicamente possibile permettere a una persona di controllare un drone con l’ausilio dello sguardo mantenendo ampi margini di sicurezza. (Ibid)

Se continueremo a sentire il solito ritornello subdolo che scomoda la pietà per invitarci alla via dell’eutanasia, chiediamoci e chiediamo se l’intraprendenza, la creatività e la buona volontà siano doti umane da lasciare appassire nel dimenticatoio. La storia di Paolo è testimone della potenzialità autenticamente unica di ogni malato, a patto che ci si voglia coivolgere in uno sguardo libero da pregiudizi.


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Nonostante la cornice entusiasta con cui ho raccontato la sua storia, non è una vita facile quella di Paolo. Ciascuno scopre e attua delle reazioni positive e propositive per arginare la tentazione di lasciarsi andare alla disperazione.

Prima è stato chiamato in causa l’affetto zelante della sua famiglia; oltre alla compagnia dei suoi cari, Paolo ha sentito il bisogno della compagnia di chi è fragile e bisognoso come lui. Ha un canale Youtube su cui condivide brevi messaggi; soprattutto risponde a domande di chi lo segue. In uno ci informa di aver scritto un libro di ricette da frullare, di aver creato un tampone per la disfagia, e di aver progettato struttura per ospitare i malati. Penso che il titolo di influencer possa spettare a lui più che a molti altri, ma senza mettergli accanto l’etichetta della disabilità.

La visione è molto consigliata a tutti. Ci sono perle della durata di meno di un minuto che possono rinfrescare le nostre giornate affollatate di tristi borbottii. Risponde anche alla domanda su Dio, se ha continuato a crederci dopo l’insorgere della malattia:

Se si ha una fede sincera non la si misura in base alle sfortune che capitano. […] Negli anni della malattia ho avuto tanto tempo da passare con me stesso a riflettere sulla mia fede. Non ho mai pensato di prendermela con Dio; prima o poi scopriranno la causa della SLA e di certo daranno la colpa a qualche cellula impazzita, non a Lui.