Il Padre di Israele è stato invocato per una iniziativa che dovrebbe rasserenare gli animi. Ma non è detto che si arrivi a questo risultato. Ecco perchè
Nonostante sia stato invocato il Padre di Israele, non hanno nulla a che fare con la religione gli storici Accordi di Abramo, firmati il 15 settembre alla Casa Bianca a Washington. L’intesa tra Israele, gli Emirati Arabi Uniti e il Bahrein dovrebbe però garantire un futuro di pace e serene relazioni diplomatiche tra questi tre Stati, strategici alleati degli Stati Uniti, che hanno fatto da regia all’operazione.
Con il ministro degli Esteri emiratino, Abdullah bin Zayed, e il suo collega del Bahrein, Abdullatif Al Zayani, il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha anche firmato distinti accordi bilaterali che portano entrambi gli Stati del Golfo Persico a riconoscere lo Stato ebraico, allacciando con esso formali relazioni diplomatiche, e ad approfondire la collaborazione su molti fronti: turismo, aviazione civile, scienza e tecnologia, innovazione, ambiente, energia… tanto per elencarne alcuni (Terra Santa News, 16 settembre).
“Sono qui per tendere una mano di pace”
«Siamo a un punto di svolta che annuncia una nuova alba di pace» e che «finirà per espandersi fino a includere altri Stati arabi», ha sottolineato il leader israeliano, dicendosi convinto che «alla fine, potrà porre fine al conflitto arabo-israeliano, una volta per tutte».
«Sono qui per tendere una mano di pace e ricevere una mano di pace, stiamo assistendo a un cambiamento nel Medio Oriente che darà speranza al mondo intero», gli ha risposto l’emiratino Al-Nahyan, ringraziando Netanyahu per «aver scelto la pace e aver fermato l’annessione dei Territori palestinesi».
“Per troppo tempo distruzioni indicibili”
«Per troppo tempo, il Medio Oriente e’ stato frenato dal conflitto e dalla sfiducia, provocando indicibili distruzioni» e vanificando le speranze dei «più giovani» della regione. «Ora sono convinto che possiamo cambiare la situazione», gli ha fatto eco il ministro del Bahrein, al-Zayani, lanciando un appello affinche’ si raggiunga la «soluzione dei due Stati».
Tutti e tre i leader hanno ringraziato Donald Trump per la sua «ferma leadership» e «gli sforzi» della sua squadra per raggiungere l’intesa (Agi, 15 settembre).
Abramo? Un nome strategico
Ma perché questi accordi richiamano il nome di Abramo? Lo spiega Fulvio Scaglione su Famiglia Cristiana (16 settembre):
Gli Accordi di Abramo sono una cosa seria e, in prospettiva, una rivoluzione per il Medio Oriente. Chissà chi ha avuto l’ idea di intitolarli al patriarca delle tre grandi religioni monoteistiche. Se lo scopo era, di nuovo, di fare un po’ di teatro, possiamo lasciar correre. Però il viaggio che Abramo intraprese quando aveva già 75 anni, si ipotizza tra il 1800 e il 1700 avanti Cristo, da Ur dei Caldei a Canaan, corrisponde esattamente alla Mezzaluna Fertile che oggi è controllata dagli sciiti (Iraq, Iran, Siria e Libano, come si diceva). Il che trasforma un titolo a effetto in un embrione di programma politico e strategico: espugnare i bastioni degli sciiti o almeno renderli inoffensivi.
In Israele sono molto chiari: questi sono Accordi in chiave anti-Iran, il Paese che nello Stato ebraico e nel golfo Persico, oltre che ovviamente negli Usa, è considerato il nemico numero uno, il principale (se non l’ unico) responsabile di tutti i sanguinosi problemi del Medio Oriente. E in quanto tali, troveranno compimento solo nel momento in cui comprenderanno il Paese che è il vero obiettivo della strategia trumpiana: l’ Arabia Saudita. Il regno oggi diretto dal principe Mohammed bin Salman aderirà presto, questo è ormai chiaro. A quel punto, bisognerà capire se questa alleanza tra lo Stato ebraico (sempre più percorso da vene di radicalismo religioso) e il mondo wahabita avrà davvero come lo scopo la pace o la guerra. In altre parole, se l’ alleanza tra la potenza militare e tecnologica di Israele e i fondi senza fine dei Paesi arabi, benedetta dalla superpotenza americana, non cederà alla tentazione di farla finita con l’ Iran. Spalancando di nuovo le porte a un conflitto epocale in Medio Oriente.
Sono domande premature ma non troppo, perché l’ asse costruito da Donald Trump avrà una potenza economica e militare enorme.
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