Vive nel convento di Sant’Alvise a Venezia. Usa internet e il cellulare. Ma il suo luogo del cuore è la celletta dove lavora
Fino a quando aveva 25 anni si chiamava Margherita Lanfranchi. Viveva in una famiglia che l’amava, l’aveva fatta studiare, da Brescia l’aveva mandata a Padova alla facoltà di Pedagogia dove si sarebbe laureata. Una ragazza come tante. «Truccatissima, con la minigonna, fumavo una sigaretta dietro l’altra».
E, come si diceva all’epoca, anni Settanta in piena contestazione studentesca, volantinava, era in prima fila alle manifestazioni. Lei per prima non avrebbe creduto se le avessero detto che sarebbe diventata suora. «Io una suora? Tutte così imbachettate, incasellate? Ma figuriamoci». E invece. Suora. Per giunta, di clausura (Il Gazzettino, 18 agosto).
Il suo nome da religiosa è Margherita della Croce. Ha 68 anni. È la priora delle Carmelitane Scalze di Venezia. Il convento è a Sant’Alvise, e conta undici sorelle: la più giovane ha 36 anni, la più anziana 95».
Le domande a 18 anni
«La mia è una famiglia cattolica, praticante, che ci ha trasmesso la fede – racconta suor Margherita al quotidiano del Nord-Est – Papà ingegnere, mamma insegnante, sette figli, io la primogenita. A diciotto anni sono entrata in crisi. Mi sono allontanata dalla chiesa. Cercavo di capire cosa volevo fare da grande. Sposarmi, avere una famiglia? Avere successo nel lavoro? No, volevo di più di un successo che poteva essere vulnerabile, più di un marito e di figli che comunque sarebbero cresciuti e se ne sarebbero andati».
“Ho accettato il consiglio di un amico”
Ad un tratto ha capito che le mancava «il senso della vita». «L’ho capito – incalza – l’anno in cui sono andata ad Assisi, per caso, una visita turistica. E invece è stata un’esperienza forte del Signore. Ma mi sembrava impossibile, non riuscivo a crederci. Poi, verso la fine dell’università, quando si trattava finalmente di decidere cosa fare, ho sentito che dovevo mettermi in una posizione di ascolto. Ho avuto paura. Ho accettato il consiglio di un amico: Vai al convento delle Carmelitane Scalze a Venezia, fatti una settimana di prova. E sono arrivata qui».
Prigionia? L’esatto contrario!
Nel convento «quando si è chiusa la porta della clausura avrei dovuto pensare: sono in prigione. Invece mi si è spalancato il mondo. Ho capito che qui stavo bene».
Sua madre «l’ha presa male, era come se avessi distrutto i suoi sogni, mi immaginava sposata e mamma, quindi lei nonna. Papà invece è stato accomodante. Mi ha detto: se questa è la volontà del Signore. Poi, con il tempo, tutti, genitori e fratelli, hanno condiviso la mia scelta. Hanno percepito, venendomi a trovare qui in convento, la mia serenità».
I voti e internet
I voti sono: castità, povertà, obbedienza. E stabilità. «Tu sai che quando entri qui, qui muori».
Ma non è isolamento dal mondo. «Il telefono è necessario. Internet di più. Sono mezzi da usare con responsabilità e maturità. Servono per essere informate, sono utili perché ci permettono di essere in contatto tra noi sorelle dei vari monasteri. E possiamo studiare, frequentare i corsi del Teresianum, la nostra Pontificia facoltà teologica».
La giornata di suor Margherita
La giornata di suor Margherita comincia alle 5.30 ed è scandita dalle preghiere personali, la messa, le lodi, il silenzio, il lavoro, fino alla ricreazione dopo cena, «quando tra sorelle ci scambiamo opinioni e osservazioni. Tra i lavori c’è anche la coltivazione della vigna: il vino lo facciamo noi, lo diamo al patriarca».
I suoi luoghi preferiti? «La mia cella dove prego e lavoro, c’è una grande finestra da cui guardo il cielo. D’estate, invece, una pianta in giardino: con il contatto con la natura mi sembra di essere già in paradiso».
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