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Le clarisse di Bergamo: da tutta Italia ci chiedono di pregare per la fine del coronavirus

Madre Costanza incarnava a pieno l'umiltà, una virtù primaria in una clarissa.

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Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 05/03/20
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“Ancora di più in questi giorni perché sappiamo che all’esterno le messe sono chiuse ai fedeli, e molti possono sentire di più la mancanza della preghiera”

Nel convento di clausura di Santa Grata, fin dal medioevo appoggiato su Città Alta di Bergamo, ci sono solo diciotto suore benedettine, non entra nessuno e non dovrebbe passare nemmeno la malattia.

Invece no: «Qualche contatto con l’esterno c’è per forza, visto che la suora guardiana ha rapporti con i fornitori. Quindi in qualche modo anche noi siamo esposte al contagio», dice Suor Maria Teresa al Corriere di Bergamo (5 marzo).

“Idea medioevale quelle clarisse al chiuso”

«L’idea medievale della clausura con le suore che vivono in un mondo chiuso verso l’esterno è superata — spiega la suora —. Abbiamo la televisione e internet, per cui seguiamo le notizie, siamo al corrente di quello che succede e sappiamo di vivere in un momento storico difficile. Un po’ di preoccupazione c’è, anche perché all’esterno abbiamo parenti e amici».


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“I fedeli sentono la mancanza della preghiera”

«Noi preghiamo e lavoriamo – aggiunge Suor Maria Teresa – in generale in qualsiasi situazione siamo chiamate ad avere un atteggiamento orante, quindi di preghiera. Questo viene già amplificato in questo periodo dell’anno, visto che siamo in Quaresima. E ancora di più in questi giorni perché sappiamo che all’esterno le messe sono chiuse ai fedeli, e molti possono sentire di più la mancanza della preghiera. Quindi sentiamo maggiormente questo dovere. Anche perché, trovandoci noi sul colle di Città Alta è come se avessimo il dovere di contribuire a vegliare sulla provincia».

La statua di Gesù Deposto

Le suore di Santa Grata, evidenzia ancora il Corriere di Bergamo, si raccolgono a pregare attorno a una statua di Gesù Deposto che viene utilizzata nelle processioni del Venerdì Santo e che hanno in custodia.

Ma non lo fanno soltanto di loro iniziativa: «Abbiamo un numero di telefono col quale si possono lasciare messaggi e un piccolo sito internet attraverso il quale si possono inviare delle email. In una settimana ci sono arrivati oltre cento messaggi da molte regioni italiane da parte di persone che ci chiedono di pregare per la fine dell’epidemia o per aiutare delle persone malate».


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La preghiera “personale”

Le suore di clausura di Città Alta hanno anche una preghiera tutta loro: «Noi le chiamiamo “I Credi”, anche se non è un nome ufficiale. Sono rivolte a Gesù Crocefisso e sono appunto dei Credo intervallate da preghiere in latino create secoli fa all’interno del nostro convento. Sentiamo attorno a noi un grande bisogno di spiritualità».


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