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Ogni matrimonio conosce la crisi, è lì che Dio recapita il suo invito al Paradiso

COUPLE, HANDS, SKY

GrishaN | Shutterstock

Aleteia - pubblicato il 10/01/20

Fulton Sheen: "Ed è in queste occasioni che gli uomini avvertono la crisi di nullità, affinché possano cominciare a considerare la vita non già come una città per sé stante, ma come un ponte verso l’eternità".

Di Fulton Sheen

L’amore, nei primi tempi, è un paradiso. E’ fondato su un sogno che ciascuno ha giudicato come qualcosa di unico, e su una felicità che è eterna. Ecco perché il ritornello di tutte le canzoni d’amore è: «Quanto saremo felici!» Ma le canzoni d’amore contemplano la prospettiva, e non la retrospettiva. C’è infatti un alone d’infinito che circonda l’immaginazione di ciò che sarà, mentre per ciò che è già stato non disponiamo che della sola realtà. Così, mentre i giovani sono ancora intenti a sognare il futuro, i vecchi, come Orazio, rievocano il «glorioso passato».




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Con ciò non si vuole in alcun modo minimizzare il valore dei paradisi avvenire, ma semplicemente collocare l’amore nel suo sfondo ontologico. Tutte le grandi cose hanno inizio da un sogno, si tratti di un ingegnere che progetta un ponte, o di un cuore che progetta un focolare. Su tutto questo l’anima proietta il suo senso dell’infinito e colorisce ogni cosa con l’oro del Paradiso. Nessuno può salire ai cieli senza passare attraverso le nuvole, e dapprincipio ogni innamorato ha la testa nelle nuvole. Questa pregustazione del Paradiso è opportuna, anzi addirittura provvidenziale. E’ come una ambasceria mandata dal Cielo per avvertire il cuore della felicità che lo aspetta. In realtà, si tratta di un’esca, di una prefigurazione, di un Giovanni Battista, di un annunciatore che ci avverte di ciò che sarà per venire. Perché se Dio non concedesse questa visione anticipata della gioia, chi mai vorrebbe avventurarsi oltre la soglia? Peraltro, questo amore iniziale non continua sempre così estatico. Poiché mediatrice dell’amore coniugale è la carne, esso soffre delle tare della carne: diventa uso all’assuefazione. Per produrre una data reazione alla sensazione, occorre uno stimolo tanto più forte quanto più si avanza nella vita. L’occhio può ben presto assuefarsi alla bellezza, e le dita al tocco di un’altra persona. Quell’intimità che sulle prime sembrava tanto desiderabile, adesso è talvolta di peso.

UNHAPPY COIUPLE
CHAMELEONS EYE | SHUTTERSTOCK

Quegli stati d’animo che si traducono con «Voglio-star-solo» e con «Credoche-andrò-da-mammà» strappano dagli occhi le lenti color rosa, mentre i conti da pagare che arrivano in cucina fanno fuggir via l’amore dalla stanza di soggiorno. L’abitudine stessa dell’amore diventa un fastidio, appunto perché è un’abitudine e non già un’avventura. Forse la bramosia di vedersi accanto un compagno diverso si associa a un vero disgusto nei riguardi del vecchio coniuge, mentre le cure dei figli, con i loro innumerevoli accidenti e malanni, tendono a portare l’amore dalla sua prima visione tra le nubi alle periodiche e realistiche visite nella camera dei bambini. Prima o poi, coloro che vivono una vita affettiva vengono messi faccia a faccia con questo problema: E’ effettivamente, l’amore, una trappola o una delusione? Promette forse ciò che non può dare? Io credevo di trovare la totale e completa felicità, e invece tutto si è ridotto a una pratica consuetudinaria, appena irrorata talvolta da una debole rievocazione di ciò che era stato in principio.


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A questo punto, quelli che nell’amore vedono un’evoluzione dalla bestia invece che una devoluzione da Dio, credono erroneamente che se il compagno fosse un altro potrebbe avere i requisiti che mancano al coniuge attuale. Qui lo sbaglio sta nel dimenticare che l’indigenza e la vacuità non provengono dal compagno ma dalla natura stessa della vita. Il cuore era stato fatto per l’infinito, e soltanto l’infinito può soddisfarlo. Quella prima estasi dell’amore era stata concessa per ricordare ai coniugi che il loro amore era venuto dal Cielo, e che soltanto lavorando per il Cielo essi potrebbero trovare quell’amore da essi bramato nella sua infinità. Il Signore, a Cafarnao, diede pane per guidare le anime dei suoi ascoltatori fino all’Eucarestia, ossia a quel pane di Vita Eterna che è Cristo stesso. Nello stesso modo è largito l’amore nel matrimonio, come un Divino invito finché non si sia imparato a salvare la propria anima. Quanti s’illudono che infrangendo il voto coniugale e prendendosi un altro compagno potrebbero soddisfare l’infinito dimenticano che sono ormai fuor di strada e in una cunetta. Invece d’inseguire il raggio di luce fino al sole da cui proviene, costoro diventeranno come quei pianeti eccentrici che escono dall’orbita e bruciano nello spazio. Cercano di soddisfare la brama infinita di amore non mediante una linea verticale di ascesa a Dio ma per mezzo di una linea orizzontale in un succedersi di stimolazioni di carattere finito. Sperano di raggiungere l’infinito accumulando zeri, senz’altro risultato che di ritrovarsi tanto più affamati quanto più hanno cercato di saziarsi.


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Come il violino ha bisogno d’essere accordato, come il blocco di marmo dev’essere sgrossato prima che si possa cavarne la statua, così l’amore tra marito e moglie deve essere purificato prima di potersi innalzare a nuove altezze. La sazietà e la vacuità che provengono dalla carne servono a ricordare che si è toccato il fondo; perciò bisogna elevarsi verso altre cime. Ma ciò non può farsi senza una certa abnegazione dell’ego. Il fatto stesso che dal primo amore risultano una certa sazietà e un certo senso di saturazione ci dà la prova che in esso si celava un certo egotismo.

Quel che si amava era il piacere che l’altro poteva darci; quel che ha cagionato la delusione è stato un mal riposto senso dell’Infinito, ossia l’errore di aspettarsi da una creatura ciò che soltanto il Creatore può dare. A ogni essere umano accade, in questo o quel periodo della vita, di scoprire la propria nullità. L’uomo che aveva ambito una data posizione può ad un certo momento rendersi conto di non essere per nulla soddisfatto e vuole ora qualcosa di più; quello che ha ricchezza non ne ha mai abbastanza, nemmeno se raggiunge cifre iperboliche. Analogamente, nell’amore coniugale si arriva alla crisi per non avere completamente realizzato il proprio ideale.

Couple problems
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Ma questa crisi di nichilismo che arriva per tutti, siano o non siano sposati, non significa che si debba spregiare la vita: non è il fondo della vita quello che si è toccato, ma solo il fondo del proprio ego. Non si è toccato il fondo della propria anima, ma solo del proprio istinto; non il fondo del proprio intelletto, ma delle proprie passioni; non il fondo dello spirito, ma del sesso. I crucci che abbiamo menzionati non sono che altrettante prese di contatto con la realtà, e Dio Onnipotente ne manda in ogni vita umana, perché ciò che qui descriviamo è comune ad ogni esistenza. Se la vita procedesse come un sogno senza mai l’urto di una delusione, chi mai potrebbe pervenire alla meta finale della perfetta felicità in Dio? La grande maggioranza degli uomini si adagerebbe nella mediocrità, le ghiande si contenterebbero di diventare alberelli, alcuni bambini non crescerebbero mai e nulla verrebbe a maturazione.


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Bisognava dunque che Dio si trattenesse qualche cosa, ossia se stesso per l’eternità: altrimenti non ci saremmo mai spinti in avanti. Egli fa quindi che durante il corso della vita ciascuno di noi inciampi di tanto in tanto in un sasso, ed è in queste occasioni che gli uomini avvertono la crisi di nullità, che sperimentano un senso travolgente di nichilismo e di solitudine, affinché possano cominciare a considerare la vita non già come una città per sé stante, ma come un ponte verso l’eternità. La crisi deriva dall’incontro della realtà con un ideale vagheggiato dall’immaginazione, dell’amore come l’ego s’immagina che sia con l’amore quale realmente è. Sono questi i momenti in cui gli adulti si scottano le dita ai fiammiferi dell’amore, affinché possano rendersi conto che i fuochi di quell’amore hanno finalità ordinate da Dio, e una di queste è che non bisogna scherzarci. Durante questa crisi di annichilimento, ciò contro cui i cuori si ribellano e di cui si lamentano non è né il loro destino né la loro natura, ma i loro limiti, la loro debolezza, la loro insufficienza. Il cuore umano non ha torto nel desiderare l’amore, ma soltanto si sbaglia nel pensare che una creatura umana possa darlo in modo completo. Così, ciò di cui l’anima si strugge in queste crisi è la Luce d’amore che è Dio, e non l’ombra dell’amore. Queste crisi di annichilimento sono un invito imperioso a conseguire quel Tutto che è Dio, mentre l’abisso della nostra povertà invoca l’abisso d’infinita ricchezza del Divino Amore.

da Tre per sposarsi (libro distribuito dal Centro Missionario Francescano, per richiederlo: laperlapreziosa@libero.it )

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