Ecco dalle fonti ufficiali il resoconto di quel terribile periodo passato dal fondatore die Salesiani
San Giovanni Bosco nacque il 16 agosto 1815 a Castelnuovo d’Asti. Figlio di poveri contadini a vent’anni decise di entrare, come esterno, in seminario. Dovendo pagare la pensione mensile, Giovanni dovette lavorare molto pur di racimolare qualche soldo per coprire le spese di vitto e di alloggio. Nelle domeniche e nei giorni festivi egli si dedicava ai giovani. Per loro fondò la “Società dell’allegria”, preludio della fondazione dell’Oratorio, stabilendo le basi di uno dei cardini del suo sistema educativo.
Ordinato sacerdote il 5 giugno 1841 il giorno dopo celebra la sua prima messa all’altare dell’Angelo custode nella chiesa di san Francesco d’Assisi a Torino. Don Bosco intuì la propria vocazione all’apostolato della gioventù visitando un gruppo di giovani detenuti in carcere. Da quel giorno impegnò ogni sua energia per evitare che tanti giovani si perdessero su strade sbagliate. Fondò l’istituto religioso dei Salesiani e quello femminile delle figlie di Maria Ausiliatrice, ai quali infuse il suo spirito di amore e di dedizione per l’educazione cristiana della gioventù. Morì a Torino il 31 gennaio 1888.
Riferiamo qualche testimonianza, raccolta dal biografo Don Lemoyne sulle vessazioni che il santo ricevette dal demonio. “Il Santo lavorava intensamente al bene della gioventù, alle Letture Cattoliche e al ravvedimento di alcuni Valdesi. Il demonio, rabbioso di questo apostolato, prese a sfogare contro di lui la sua ira. Questa fu la più terribile delle persecuzioni!“. Una vera vessazione diabolica, scrive Mons. Cagliero, incominciata coi primi di Febbraio del 1862. Noi ci eravamo accorti che la salute del Servo di Dio andava di giorno in giorno peggiorando: lo vedevamo pallido, abbattuto, stanco più del solito e bisognoso di riposo.
Gli si domandò qual fosse la causa di così grande spossatezza e se si sentisse male. rispose:
– Avrei bisogno di dormire! Sono quattro o cinque notti che non chiudo occhio.
– E dorma, gli dicemmo; e di notte lasci ogni lavoro.
– Oh! Non è che io vegli volontariamente; ma vi è chi mi fa vegliare contro voglia.
– E come va la cosa?
– Da parecchie notti – rispose – lo spirito folletto si diverte a spese del povero Don Bosco e non lo lascia dormire; e vedete se non ha proprio buon tempo. Appena addormentato, sento un vocione all’orecchio che mi stordisce e anche un soffio che mi scuote come una bufera, mentre mi rovista, disperde le carte e disordina i libri.
Don Bosco avrebbe desiderato che qualcuno vegliasse con lui, ma nessuno ne ebbe il coraggio. Il Chierico Bonetti andò una volta col chierico Ruffino a passare la notte nell’ attigua biblioteca, ma dopo pochi minuti dovettero ritirarsi, presi da tremito convulso. Perciò il Santo si rassegnò a starsene solo, aspettando di vedere come andasse a finire quella noiosa infestazione.” Fin qui Mons. Cagliero. Don Bonetti scrisse, diremmo, il bollettino ufficiale di questa guerra che durò due anni, a noi ne riportiamo fedelmente alcuni tratti assai interessanti.
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12 Febbraio (1862) – Don Bosco raccontò quanto segue: “La notte del 6 o del 7 di questo mese ero appena coricato e già incominciavo ad assopirmi, quando mi sento prendere per le spalle e darmi uno scossone tale che mi spaventai grandemente. “Ma chi sei? Mi misi a gridare. Accesi tosto il lume e mi alzai, guardai sotto il letto e in tutti gli angoli della stanza per vedere se vi fosse nascosto qualcuno, causa di quello scherzo, ma nulla trovai. Esaminai l’uscio della biblioteca: tutto era calmo e tranquillo. Ritornai pertanto a ricoricarmi. Ero appena assopito, quando mi sentii dare un altro scossone che tutto mi sconvolse. Volevo suonare il campanello e chiamare Rossi e Reano, ma no dissi tra me non voglio disturbare nessuno! Tentai di mettermi supino, ma provai sullo stomaco un peso enorme che mi opprimeva e quasi mi impediva il respiro. Non potei tenermi dal gridare: che cosa c’è? E diedi contemporaneamente un forte pugno, ma nulla toccai. Mi posi sull’altra parte e si rinnovò quell’oppressione. Così passai tutta la notte. La sera dopo, prima di coricarmi, volli dare una benedizione al letto, ma a nulla valse, perché continuò quel brutto scherzo che da quattro o cinque notti si rinnova continuamente.
15 Febbraio – Questa sera trovandosi alcuni chierici e preti col Cav. Oreglia intorno a Don Bosco dopo cena, lo interrogarono se fosse stato tranquillo durante la notte, ed egli raccontò quanto segue: “L’altra sera sono andato in camera e vidi il tavolino da notte ballare e battere Tak! Tak! Tak!. Oh, questa è bella dissi tra me. Mi avvicinai e interrogai: “Sicché, cosa vuoi? Ed egli continuava a fare Tak! Tak! Tak! Mi mettevo a passeggiare per la stanza e lui taceva; gli andavo vicino e lui ballava e batteva. Vi assicuro che se avessi sentito raccontare quanto ho veduto e udito, non avrei certamente creduto. Non sembrano i fatti delle streghe che ci narrava la nonna? Se io dicessi mai simili cose ai giovani, guai! Morirebbero di paura”. Noi lo pregammo di volerci raccontare qualche cosa di più. Sulle prime non voleva saperne di continuare quel discorso, rispondendo: “Quando si ha da raccontare qualche cosa, bisogna vedere se quel racconto sia di gloria a Dio e vantaggioso per la salvezza delle anime: ora questo mio racconto sarebbe inutile”. Io (Don Bonetti) gli feci osservare: Chissà che non sia per il bene delle nostre anime? Dietro insistenza anche degli altri continuò: “Essendo andato a letto vedevo ora la forma d’un orso, ora d’una tigre, ora d’un lupo, ora d’un grosso serpentaccio, ma di aspetto orribile. Li vedevo muoversi per la stanza, arrampicarsi sul letto e stavano lì! Io li lasciavo fare un poco, e poi esclamavo O bone Jesu! E tosto con un soffio ogni larva spariva. In questo modo passai la notte”.
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22 Febbraio – Il Cav Oreglia gli domandò, se, essendo angustiato in quel modo dal maligno, avesse paura. Rispose: Ribrezzo sì: paura no. Come non ho timore di tutti gli Angeli del Cielo, essendo io, come spero, amico di Dio, così non ne ho di tutti i demoni dell’Inferno, essendo io nemico di tali nemici di Dio che saprà difendermi. Satana faccia pure quello che vuole: ora è il suo tempo, ma verrà anche il mio
26 Febbraio – Il Santo va ad Ivrea presso il Vescovo Mons. Moreno per vedere se, cambiando casa, sarebbero cessate le vessazioni. Per la prima notte poté riposare con suo mirabile ristoro, però il giorno dopo, appena spento il lume, il cuscino cominciò a muoversi come a Torino e quindi si presentò ai piedi del letto un mostro spaventoso in atto d’avventarsi contro di lui. A quella apparizione mandò un grido tale da spaventare tutti quelli che erano nell’Episcopio.
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4 Marzo – L’abbiamo pregato di mantenere la promessa che aveva fatto: di mandare via il demonio, appena fosse ritornato da Ivrea.
– Se lo mando via da me, egli si attacca ai giovani! Allora il chierico Povera domandò: Dunque vuol dire che quando lei era fuori e fu lasciato libero la notte, il diavolo avrà fatto qualche strage nei giovani?
– Sì, fece molto male
– Ma noi proseguimmo almeno lo interroghi che cosa vuole. Ed egli: E chi lo sa se non lo abbia già interrogato? Allora noi: Ci dica, ci dica che cosa le ha detto! Gridammo ad una voce. Egli volse ad altro il discorso e non ci fu più verso di strappargli altra parola che questa! “ Pregate”.
E i giovani pregarono, sicché a poco a poco Don Bosco poté riprendere le forze perdute. Tuttavia questa lotta con lo spirito delle tenebre durò ad intervalli fino al 1864.
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