Il santo teologo ha studiato da vicino il rapporto tra gli spiriti celesti e l’uomo. E già nell’anno 1000 era arrivato ad importanti conclusioni…
Un grande grande teologo che si interessò molto agli Angeli fu Sant’Anselmo (1033-1104) ritenuto uno dei fondatori della Scolastica medioevale. La sua dottrina concernente gli Spiriti celesti è contenuta nel trattato “Cur Deus Homo“: È importante rilevare che Sant’Anselmo ammette l’esistenza degli Angeli secondo la Bibbia ma non ci offre una dottrina dettagliata concernente l’origine, i modi delle manifestazioni e delle operazioni degli Angeli sull’uomo, come quella che noi troviamo nei grandi teologi dei primi 5 secoli.
La creazione dell’uomo
Ammettendo l’esistenza degli Angeli come un fatto indiscusso, Sant’Anselmo si riferisce ad essi per lo più trattando della questione della posizione occupata dall’uomo rispetto agli angeli dopo la cauta di una parte delle schiere angeliche. Secondo Sant’Anselmo l’uomo fu creato da Dio per riempire il vuoto lasciato nella città celeste dalla defezione di Satana e dei suoi alleati, come anche per incrementare il numero di nature differenti nella creazione. É importante rilevare che Sant’Agostino aveva pensato sostanzialmente la medesima cosa e riteneva che il numero degli uomini eletti non potesse risultare inferiore a quello degli angeli decaduti, ed è Sant’Anselmo a dimostrare che non vi è ragione di ritenere che il numero degli uomini salvati non possa essere anche considerevolmente maggiore degli Angeli disobbedienti.
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Gli angeli caduti
“Noi non dobbiamo dubitare – argomenta Sant’Anselmo – che fosse previsto da Dio che la natura razionale, la quale è o dovrà venire beneficiata dalla contemplazione di Dio, debba consistere di un certo numero ragionevole e perfetto; per cui quegli Angeli che caddero furono o fatti in modo da rientrare entro questo numero, o perché superavano questo numero non avrebbero potuto continuare a sussistere, ma avrebbero dovuto di necessità cadere; supposizione che è assurda… Dal momento, quindi, che essi furono fatti in tal numero, o il loro numero doveva venire necessariamente ricostruito, o la natura razionale sarebbe rimasta imperfetta quanto al suo numero mentre era previsto che avrebbero dovuto esistere in un numero perfetto, ciò che non può essere…”.
È necessario, perciò che il numero venga ricostruito con l’umana natura dal momento che non ve n’è altra che non possa farlo.
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Uomini perduti o angeli cattivi
Sant’Anselmo si occupa della questione se vi saranno più uomini perduti di quanto non furono gli angeli cattivi che caddero ed argomento: “Se gli Angeli, prima che alcuni di essi cadessero, costituivano quel perfetto numero di cui abbiamo parlato, gli uomini sono stati fatti solamente per prendere il posto degli Angeli caduti, ed è chiaro che essi non sono più numerosi di quanto quegli fossero. Ma se questo numero non si trova in tutti quegli Angeli insieme, intendo il numero di coloro che perirono, il numero che era prima della caduta deve venire rimpiazzato dall’uomo; e vi saranno più uomini eletti che angeli reprobi. E così diremo che l’uomo fu creato non soltanto per restaurare il numero diminuito, ma per perfezionare il numero già imperfetto”_
I pensatori medievali
Un altro aspetto toccato da Sant’Anselmo in favore della concezione che gli uomini non furono fatti soltanto per prendere il posto degli angeli reprobi, ma piuttosto per colmare il numero imperfetto degli spiriti celesti è che secondo questa teoria, sarebbe impossibile per l’uomo eletto “di esultare” in quanto egli troverebbe il proprio gaudio nella perdizione degli angeli. In conclusione l’insegnamento di Sant’Anselmo nei riguardi degli Angeli, per quanto esso possa essere interessante, non porta un vero contributo significativo per l’angelologia.
Il suo insegnamento ci mostra quanto intensamente reali fossero gli Angeli per Sant’Anselmo e per gli altri grandi pensatori del Medioevo. È stato molto acutamente affermato che, a quell’epoca, gli uomini comparati con gli Angeli erano considerati soltanto in dappiù a un supplemento agli spiriti celesti. Anselmo parla sovente degli Angeli, ma non ne parla mai senza parlare allo stesso tempo dell’uomo.
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Un’esistenza “decentrata”
Anche in quel breve dialogo su “La caduta del diavolo” (De casu diaboli) (L’oeuvre de S. Anselme de Canterbury. Tome 2, Le Cerf, Paris 1986)., consacrato interamente al peccato di Satana, Anselmo parla contemporaneamente dell’angelo e dell’uomo che gli rassomiglia sotto l’appellativo di “creatura ragionevole” o di “creatura spirituale”.
Per il santo, poiché l’esistenza dell’uomo è sempre come decentrata, essa non trova ragion d’essere che nella riconoscenza orante di un Dio che la crea e la ricrea incessantemente. Anche l’uomo deve diventare “come gli angeli”, deve vivere una vita, di cui il solo luogo umano è il chiostro, che dimentica o cerca di dimenticare le servitù dell’esistenza umana, il corpo ed il mondo. L’angelologia appare allora come la sola antropologia concreta possibile, e l’angelo è la figura radiosa dell’umanità salvata.
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