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E’ morto il cardinale bioeticista Elio Sgreccia. Definì l’eutanasia un “grave crimine”

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Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 05/06/19
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E’ stato presidente della Pontificia Accademia per la Vita. Aveva 91 anni

Domani avrebbe compiuto 91 anni. Invece questa mattina è morto nella sua casa romana il cardinale Elio Sgreccia. Teologo, presidente emerito della Pontificia Accademia per la Vita, uno dei punti di riferimento nel mondo cattolico per le questioni legate alla bioetica, annuncia La Stampa (5 giugno).

Negli ultimi giorni, dopo un ricovero al Policlinico Gemelli, il Cardinale Sgreccia aveva espresso il desiderio di rientrare a casa, a Roma, dove è morto serenamente mercoledì 5 giugno 2019, alle ore 12,15.

La carriera da bioeticista

Il Cardinale Sgreccia era nato nelle Marche il 6 giugno 1928; ordinato presbitero nel 1952. Dal 1974 assistente spirituale della Facoltà di Medicina e chirurgia all’Università Cattolica del Sacro Cuore. Primo docente di Bioetica all’interno dello stesso Ateneo dal 1984, divenne professore ordinario nel 1990.

Fondatore e direttore della rivista di Bioetica “Medicina e Morale”, dal 1992 al 2000 fu inoltre direttore dell’Istituto di Bioetica.

Papa Giovanni Paolo II lo elesse vescovo il 5 novembre 1992.  Dal 3 gennaio 2005 al 17 giugno 2008 è stato presidente della Pontificia Accademia per la Vita, restandone Presidente emerito. Papa Benedetto XVI lo ha creato cardinale nel 2010.

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La riconoscenza della Pontificia Accademia

«Fin dalla costituzione della Pontificia Accademia, l’11 febbraio 1994 – si legge in una nota della stessa Accademia – il cardinale Sgreccia è stato protagonista e anima coraggiosa e sapiente  della nostra istituzione, sostenendo e promuovendo le attività di studio e tutela della vita umana di fronte alle sfide poste dalla tecnica e dal progresso biomedico».

La Pontificia Accademia per la Vita «è riconoscente per il positivo e prezioso lavoro svolto dal Cardinale Sgreccia e per il suo importante contributo sui temi scientifici e nel settore accademico, a beneficio del Magistero della Chiesa».



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“Ispirato dalla fede in ogni sua scelta”

La nipote, la professoressa Palma Sgreccia, che lo ha assistito e seguito lo ricorda come «un uomo di fede, caratterizzato da grande sobrietà di vita, che ha sempre cercato di promuovere il bene di tutti. Era guidato dall’ispirazione della fede e dalla forza della ragione, in ogni sua scelta e decisione».

Il regalo alla Comunità Papa Giovanni XXIII

Anche Giovanni Paolo Ramonda, Presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII, ha voluto ricordare il cardianle Sgreccia, per un regalo speciale:

«La Comunità è particolarmente grata al Cardinale in quanto ci ha donato le sue case natali di Arcevia (AN) nelle Marche, dove adesso vivono due case famiglia in cui sono accolti bambini, disabili e quanti necessitano di una famiglia per iniziare una nuova vita».



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La sua definizione di eutanasia

In un’intervista a Tempi (novembre 2013), Sgreccia utilizzò parole durissime contro l’eutanasia: «E’ un grave crimine contro la vita umana. Quella della dignità è solo una scusa: nessuno è padrone della sua vita, che non ci diamo da soli».

Alla domanda “l’uomo non ha diritto di essere autonomo fino alla fine?”, il cardinale rispose così:

«È giusto invocare il principio di autonomia quando parliamo in generale delle nostre azioni, di cui siamo sempre responsabili, ma noi non siamo autonomi rispetto alla vita, perché non ce la diamo noi. Con l’eutanasia si offende il diritto alla vita e si offende anche la società, che permettendola perde il controllo di se stessa e autorizza un delitto grave. E se parliamo di bambini, il delitto è gravissimo».

I 10 punti sul caso di Charlie Gard

Alfie Cardeal Sgreccia

Reprodução

Sul caso del piccolo Charlie Gard, il cardinale intervenì, evidenziando 10 punti critici (Aleteia, 3 luglio 2017):

«Quello che più sorprende è che la stessa idea di sottoporre Charlie ad un protocollo sperimentale di terapie nucleosidiche che si sta mettendo a punto negli Stati Uniti, proposta a più riprese avanzata dai genitori, è stata considerata inattuabile, meglio ancora “futile”, dai consulenti medici interpellati dai giudici, a fronte dell’esigenza, questa sì impellente, di voler dare un’esecuzione immediata e definitiva ai dispositivi unanimi delle sentenze fin qui pronunciate (…).

Sembra che tutto abbia concorso, negli ultimi sei mesi, a realizzare una sorta di “accanimento tanatologico” nei confronti del piccolo Charlie, una gara, da parte di giudici e medici, volta ad assicurare la soluzione più rapida possibile al suo caso, mettendo a tacere ogni rigurgito di speranza dei genitori, così come ogni spiraglio di luce sulla possibilità di successo di una terapia (…)».


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