L’amore non conserva, non calcola, non pensa a quello che resta, e per questo è bello. L’amore richiede uno spreco, la bellezza è uno spreco, ma per questo è così importante, perché ci fa comprendere come ragiona Dio.di Anna Mazzitelli
Copio dal libro scritto da un mio amico, che inviterò tutti a comprare appena vedrà la luce sugli scaffali delle librerie. Il brano descrive il dialogo tra le suore che si prendono cura di bambini ciechi in un orfanotrofio in Africa, e alcuni visitatori italiani, capitati lì per dare una mano:
“È incredibile vedere questi ragazzi camminare sotto questi porticati, come avete fatto? Sembrano così sicuri dei loro passi…” chiese Laura con un tono di ammirazione.
“Spesso si cerca di seguire un percorso pedagogico dove una cosa più semplice lascia spazio a una più difficile. Ma non è quello che ci chiede Dio. Lui fin da subito ci chiede la cosa più difficile, la fiducia. Una volta imparata quella, il resto ci sembrerà una passeggiata, appunto.” rispose Carmen, la suora più anziana, continuando: “Ai ragazzi prima insegniamo a correre. Dopo qualche esitazione si innamorano di quel vento sulla faccia, tanto da rischiare qualche musata pur di sentirlo. Guardate!” la suora portò il piccolo gruppetto in un campo dietro la casa dove funi colorate, lunghe oltre trenta metri, fungevano da corrimano per i ragazzi che correvano felici salvo poi invertire direzione una volta terminata la fune.
“Voi non potete immaginare la soddisfazione e la gioia intima che provano nello sforzare il più possibile i loro polpacci e infine avere anche il fiatone, pienamente felici di aver corso. Capite che per loro passeggiare significa solo riprendere fiato. Mentre li osservate passeggiare e vi meravigliate, rischiate di sottovalutarli.”
Nessuno replicò alle parole di quella donna anziana, tranne Laura: “Perché le corde sono colorate, se tanto i bambini sono ciechi?” La suora rispose sorridendo: “Perché le funi colorate sono più belle!”
La bellezza è inutile, è per questo che vale così tanto.
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Siamo stati con la classe a fare una gita a Civitella Cesi, in un posto che si chiama “Antiquitates”, un Centro di Archeologia Sperimentale in cui si fa provare ai bambini quello che facevano gli uomini della preistoria: pitture rupestri, lavorazione dell’argilla…
Nel Centro c’è la ricostruzione di una capanna neolitica, in cui sono conservate riproduzioni degli oggetti che creava e utilizzava l’homo habilis e l’erectus. La bravissima guida, un’archeologa, ci mostrava i chopper e le amigdale, illustrandoci le tecniche di scheggiatura della selce per produrre utensili e armi.
L’amigdala, come dice il nome stesso, è un oggetto a forma di mandorla che ha due piani di simmetria: non serviva esattamente quella forma per l’uso che ne doveva fare l’homo. Sarebbe andata bene una selce tagliente solo da una parte, e invece lui la realizzava perfettamente simmetrica. E con quale fatica!
Cosa vedeva nella simmetria del suo manufatto un uomo che viveva quotidianamente nella difficoltà di procacciarsi il cibo, di difendere la sua famiglia dal freddo e dagli animali feroci, che non aveva libri di geometria o di storia dell’arte, né opere precedenti a cui rifarsi per prendere ispirazione?
L’amigdala simmetrica tende alla perfezione, richiama la perfezione, è più bella.
Per questo tanta fatica, più fatica del necessario?
Io penso di sì.
Maria di Betania (Gv 12,1-3) si mette ai piedi di Gesù e rompe un vaso di alabastro pieno di olio di nardo profumato. Poteva aprire il vaso, poteva utilizzare solo parte dell’olio, poteva usare tutto l’olio ma conservare il vaso, e invece rompe il vaso, che era esso stesso prezioso, e versa tutto l’olio di nardo sui piedi di Gesù.
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L’amore non conserva, non calcola, non pensa a quello che resta, e per questo è bello. L’amore richiede uno spreco, la bellezza è uno spreco, ma per questo è così importante, perché ci fa comprendere come ragiona Dio.
Certi fiori sono così belli e così profumati, e noi ne godiamo, ma non sono per noi, tutto quel profumo e quei colori servono per la riproduzione, per attirare insetti impollinatori, per garantire la sopravvivenza della specie.
Ne siamo sicuri? Siamo davvero sicuri che il profumo e la bellezza dei fiori non siano per noi?
E penso ai ricami scolpiti sui muri dell’Alhambra, ogni centimetro quadrato dei quali ha richiesto ore di lavoro… cosa spinge qualcuno a passare tutto quel tempo su un lavoro così, del quale magari nemmeno vedrà la conclusione?
Penso ai miei alunni, alcuni dei quali ci tengono tantissimo che i loro quaderni siano ordinati e precisi, oltre che corretti, penso alla bella calligrafia che un tempo veniva insegnata, penso a mio marito che stira le sue camicie, che una volta indossate sono destinate comunque a sgualcirsi, e a mia sorella che pettina le sue bambine, che poi saltano e corrono e sono di nuovo subito scarmigliate…
E mi sento un po’ in colpa perché io praticamente non stiro, l’ho sempre trovato inutile, e non mi pettino granché, d’altra parte avere i ricci è una buona scusa per non pettinarsi, ma comincio a comprendere che stirare e pettinarsi nasconde altro, oltre all’essere provvisoriamente e momentaneamente in ordine.
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Penso che Dio ragioni in questo modo, e che sorrida guardando quanto riesce a essere bello un fiore senza nemmeno accorgersene, e contenendo in un unico sguardo l’intera costruzione dell’Alhambra e contemporaneamente ogni suo più piccolo dettaglio.
Penso che abbia apprezzato il profumo che si liberava nell’aria mentre Maria gli cospargeva i piedi con l’olio di nardo e che sia stato per Lui che a un certo punto un uomo ha deciso di realizzare un utensile simmetrico e perfetto e non solo semplicemente utile.
Questo “di più”, questa bellezza non necessaria, è un continuo rimando alla Sua presenza nella nostra vita, è una continua ricerca della Sua perfezione, è un Suo bisbigliarci che siamo fatti per Lui, è un comprendere che il desiderio che abbiamo in fondo al cuore, che è sempre lo stesso desiderio che già l’homo erectus aveva, è desiderio di Lui.
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