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Sader Issa: mio padre ha la sindrome di Down, siamo una famiglia felice

SADER, ISSA, FAMILY
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Annalisa Teggi - pubblicato il 22/05/19
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Dalla Siria la storia che parla di un miracolo di vita e non di guerra: un figlio, oggi adulto e affermato, racconta tutto quello che suo padre ha fatto per lui. Avere un genitore con la sindrome di Down è stata una benedizione.Certi nomi si associano spontaneamente a fatti clamorosi. Non si può nominare Chernobyl senza pensare al disastro della centrale atomica. Oggi per noi Siria è sinonimo di guerra, e a ragion veduta. Perciò è ancora più straordinario che da quella terra così ferita giunga non solo una di quelle storie che nell’odierno linguaggio giornalistico si definiscono «good news», ma che frantuma tanti pregiudizi che incombono sul nostro mondo … apparentemente pacifico.



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Una delle tante guerre silenziose che si combattono sui nostri lidi così illuminati, accoglienti, votati alla teoria della libertà e del rispetto, è la condanna a morte nel grembo materno dei feti che presentano un cromosoma in più. L’aborto dei bambini con sindrome di Down ha percentuali ancora altissime, nonostante un’inversione di tendenza negli ultimi dieci anni:

In Norvegia il 65 % dei bambini a cui è stata precocemente diagnosticata la sindrome sono stati abortiti; la percentuale sale al 90 % in Gran Bretagna, al 95 % in Spagna e addirittura al 100 % in Islanda. (da Corrispondenza romana)

La testimonianza del giovane siriano Sader Issa è qualcosa in più della constatazione che a queste persone, come a ciascuno, non può essere impedito il diritto alla vita. È un viaggio nel tempo, in un futuro nient’affatto cupo: è la storia di uomo che, affetto da Trisomia 21, è diventato adulto, si è sposato e ha avuto un figlio che ora lo ringrazia di tutto.

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Sader Issa | Facebook

Vive, lavora, ama

Il video in cui Sader Issa racconta come è cresciuto con un padre affetto da sindrome di Down è stato diffuso su Facebook 2 mesi fa e ha ottenuto quasi 700 mila visualizzazioni. Di solito, quando un racconto funziona così bene sui social network i giornali si fiondano immediatamente a rilanciare il tesoro mediatico su carta, nei TG, sui siti di informazione. Si fa fatica a trovare a trovare la storia di Sader Issa sulla carta stampata, io l’ho trovata sul sito pro-life Live Action e prima di raccontarla ho fatto ricerche, perché dubitavo. Ma come? È un fatto così clamoroso e nessuno ne parla?  (NB: pensiamo a quale cortocircuito imbarazzante si crea attualmente. Se una notizia non compare sui siti canonici di informazione ci sorgono dubbi sulla sua veridicità, ma in realtà molte gravi menzogne odierne sono da cercarsi in ciò che non compare nelle blasonate testate giornalistiche. Tacere su un certo tipo di cronaca per non tradire l’ideologia al cui mulino si vuole portare acqua è la versione più aggiornata della bugia).



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Cosa c’è che non va nella famiglia Issa? È una delle tante fake news? No, ma potrebbe spedire nel cestino molto terrorismo psicologico e persuasioni mirate che nutrono il mercato degli aborti selettivi. Tutto va oltremodo bene nella famiglia Issa, anzi: è uno dei rarissimi casi in cui un uomo con la sindrome di Down non è sterile, si è innamorato e ha messo al mondo un figlio che ora studia per diventare dentista.

Sader Issa esiste, vive a Hamah (a metà strada tra Aleppo e Damasco) ed è bastato contattarlo su Facebook per incontrare la sua disponibilità a documentare il suo vissuto e quello che sta mettendo in piedi. Ha condiviso con me le poche interviste già rilasciate (inutile dire che non sono su Vanity Fair), ha condiviso foto e video. Il suo movente principale è la gratitudine, quella che anche molti di noi nutrono verso i propri genitori che li hanno cresciuti a costo di grandi sacrifici: Sader oggi è un giovane adulto che si sta realizzando professionalmente e fa il punto su come è arrivato fin qui.

Studio per diventare dentista, amo gli sport come il nuoto e il bodybuilding. Sono un ragazzo decisamente normale che nel tempo libero guarda film e si diverte con gli amici. Vivo in Siria coi miei genitori. Mio padre ha 4 fratelli e 3 sorelle ed è amato e rispettato da tutta la sua famiglia nonostante sia nato con la sindrome di Down. Mia madre e mio padre si sono conosciuti grazie alle rispettive famiglie e credo sia stato amore a prima vista! Lui è stato trattato con rispetto dalla famiglia di mia madre e da tutte le persone che lo conoscono. (da Baby Brain Memoirs)

SADER, ISSA, SYRIA

Sader Issa | Facebook

La signora Issa non ha la sindrome di Down; è sgradevole doverlo specificare perché implica un nostro essere prevenuti. Sì, una signora senza alcuna imperfezione fisica e mentale si è innamorata di un uomo con un cromosoma in più. Anzi: è stato amore a prima vista. Spingendo un po’ forte sull’acceleratore della metafora, si può dire che dalla Siria arriva una vera bomba atomica … una rivoluzione buona che dà una bella svegliata al nostro pensiero incartapecorito su vita e disabilità. Da questo amore liberamente scelto, è nato Sader, perfettamente sano. Anche questa specificazione è sgradevole, ma va fatta per ribadire nero su bianco che la disabilità non è un ghetto e non è da ridurre a un ghetto.

Mio padre lavora duramente in una fabbrica di grano, ci lavora da 25 anni per 6 giorni la settimana. In inverno vende i prodotti raccolti in estate. D’estate è addetto alla macchina che macina il grano. Siamo una famiglia molto normale. Mia madre è casalinga, mio padre lavora fuori e io sono concentrato sugli studi in questo momento. (Ibid)



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Le statistische e le presenze

Lascia davvero attoniti che proprio in un paese così lacerato dalla guerra ci sia questa presenza così straordinaria: sono solo 3 al mondo i casi certificati di persone affette da sindrome di Down e non sterili. Oltre a loro, solo il signor Issa, che a quanto pare è un’altra scommessa vinta nelle fila delle meraviglie reali. Oltre alla gratitudine nei confronti del padre, Sader mi è sembrato molto impegnato nel compito che spontaneamente la sua storia gli ha consegnato: diffondere un messaggio sulla Trisomia 21, opposto al lugubre scenario di dolore e sofferenza che incombe in modo fraudolento.

Avere un padre con la sindrome di Down ha cambiato le mie relazioni in meglio. Molte persone guardano alla mia famiglia per ciò che mio padre ha conquistato. In quanto figlio cresciuto da un padre con la sindrome di Down, so benissimo quale grande purezza abiti nei loro cuori e tenerezza, ma so anche che hanno delle ambizioni e meritano una vita decorosa. Non meritano di essere abortiti. Ciò che mi rende più orgoglioso di mio padre è che non ha badato a chi gli diceva che ciò che desiderava era impossibile, ma ha lavorato sodo per mantenere la sua famiglia, affinché io potessi andare a scuola e studiare. (Ibid)

Nel breve scambio che abbiamo avuto, Sader ci teneva molto a diffondere quello che sta ricevendo: tante testimonianze di famiglie che lo ringraziano per il messaggio che sta diffondendo, spedendogli foto da ogni parte del mondo.

Questa allegra truppa umana non ha cifre da influencer e non si vedrà sui grandi schermi, perché – per fortuna – possiamo incontrarla accanto a noi tutti i giorni. Sulle loro famiglie pesa ancora molto il pregiudizio di chi riduce la disabilità a ostacolo. Ma proprio la loro presenza, e non le statistiche, trasforma l’ostacolo in occasione: abbiamo bisogno di persone il cui sguardo, le cui ferite, le cui difficoltà ci richiamino all’essenza del nostro esistere, essere voluti e amati incondizionatamente innanziutto. Ed essere lietamente operosi nel donare la nostra presenza imperfetta. A quanto pare proprio da luoghi che saremmo portati a compatire o ad emarginare arriva un vento molto più fresco della stantia aria da civiltà morente che respiriamo nei nostri paraggi.

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