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Chi sono gli angeli custodi protettori delle città?

Invocare il proprio angelo: una pratica che ci fa sentire protetti.
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don Marcello Stanzione - pubblicato il 15/05/19
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Si hanno molte testimonianze di queste devozioni nelle città della Spagna

I Padri della Chiesa hanno sottolineato l’importanza degli angeli custodi delle nazioni e delle città, idea che trova una giustificazione biblica in un passaggio del Deuteronomio che spiega che il numero dei popoli è fissato in base a quello degli “angeli di Dio” (Dt 32, 8). Pertanto, è solamente alla fine del Medio Evo che si sviluppa, a partire dalla penisola Iberica, una devozione collettiva all’angelo custode. Questa devozione ha lo stesso fondamento di quella resa ai santi locali: essa è giustificata dall’istituzione di una relazione di patronato tra l’angelo e la comunità locale. Considerato come suo protettore, l’angelo è venerato dalla comunità come tale. Così,  al di fuori del chiostro, il primo culto ufficiale reso all’angelo custode fu un culto civico.

Il culto collettivo all’angelo custode locale fu specialmente notevole nella penisola Iberica dove, alla fine del XIV e nel XV secolo, alcune città si collocano sotto la protezione di questo custode particolare. Fin dal 1392, a Valencia, una cappella è dedicata all’angelo custode. Intorno agli anni 1450, le città di Gérone, Perpignan, Barcellona istituiscono ognuna una festa annuale dell’angelo custode. Nel 1493, è il turno di Saragozza di designare un giorno per festeggiare questo protettore.


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Il francescano Francesc Eiximenis, nato a Gérone verso il 1330 o 1340 e morto a Perpignan nel 1409, è l’autore del Libro degli Angeli, opera divisa in cinque trattati redatta in lingua volgare (catalano) alla fine del XIV secolo, poi tradotta in latino così come in differenti altre lingue, e nella quale egli fa la sua descrizione dell’angelo custode municipale: “sulle porte della suddetta città essi ammirano una bella immagine di un angelo che tiene una bella croce nella mano sinistra e con la mano destra fa segno alla città”. Le immagini degli custodi descritti da Gabriel Llompart hanno, nella loro mano sinistra, una corona e, nella mano destra, una frusta o una spada. Inoltre, l’angelo custode appare sempre più frequentemente munito di uno stendardo alle armi della città.

ANGELS

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E’ precisamente nel periodo della peste che le tavole con l’effige dell’angelo custode della città di Valencia furono piazzate alle porte della città e, in generale, gli inni e le preghiere composte in onore dell’angelo custode locale fanno frequentemente riferimento alla protezione contro questa piaga. Alla fine dell’epidemia che decimò Barcellona nel 1465-1466, fu organizzata una processione in onore dell’angelo custode della città.

La città intera partecipa dunque alle manifestazioni legate a questa devozione particolare e l’angelo custode locale viene trattato come un santo protettore.


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Tra il 1392 e il 1395, Valencia è, sembra, la prima città a instaurare un culto civico all’angelo custode municipale, di cui le espressioni sono diverse e dove si gioca ugualmente un’ambiguità tra quest’ultimo e l’arcangelo Michele. L’angelo custode della città ha la sua festa propria, la festa dell’angelo (dopo l’ottava di San Pietro), e viene invocato nel corso degli uffici. Lo si sollecita anche in occasione della commemorazione della riconquista della città sui Mori, a ottobre. Il legame tra l’angelo custode e l’identità municipale si esprime ancora riguardo all’attribuzione delle chiavi della città poiché, dal XV all’inizio del XVI secolo, esse vengono consegnate ai nuovi sovrani dagli angeli, nel corso delle cerimonie festive. Jacqueline Hadziiossif, che studiò l’emergere del culto valenziano, accenna alla necessità, per la città, di instaurare un mito fondatore, garante della concordia sociale. Infine questa nuova devozione non è senza conseguenze sulla politica di urbanizzazione della città: delle strade vengono ampliate per facilitare il passaggio delle processioni e una nuova piazza viene dedicata all’angelo custode.

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Il giorno della festa dell’angelo, la processione parte dalla “casa della città” per arrivare alla cattedrale. Degli stendardi con simbolo della città vengono trasportati dal corteo regolato da una rigorosa distribuzione delle piazze. Ad occupare il seggio episcopale, c’è un giovane che fa l’angelo, dotato dei relativi attributi della maestà (statura, vermiglio, orifiamma).



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L’individuazione dell’angelo custode locale si opera a livello della sua designazione toponimica: c’è l’angelo custode della città di Valencia, quello della città di Perpignan, etc. Nelle città della corona d’Aragona, l’angelo custode è posto come un protettore municipale e il suo culto è deciso dalla comunità politica, operazione che richiama le “canonizzazioni popolari” dei santi locali e la disputa dei patronati. Tuttavia si tratta di un protettore di cui non si hanno né “vere” immagini, né reliquie, e il “diritto di proprietà”, che costituisce un aspetto fondamentale del culto civico, non ha quasi fondamento. Ciò spiega in parte la disaffezione progressiva dei popoli per i loro protettori angelici mentre un posto d’onore è di nuovo accordato a questo o a quel santo patrono di cui si possiedono le reliquie e del quale si può raccontare la vita. Si sono in realtà, tuttavia, fabbricate delle reliquie di angeli.

La disaffezione verso l’angelo custode collettivo potrebbe dunque essere legata a questa politica di accentramento poiché il suo culto, malgrado le precauzioni  teologiche, scappa ancora largamente al controllo della Chiesa. Il coinvolgimento delle persone note e dell’insieme degli abitanti nelle cerimonie, le commemorazioni politiche, l’incidenza sullo sviluppo urbano, le immagini affisse alle porte delle città e non negli edifici religiosi: tutto concorre a fare del culto dell’angelo custode locale una devozione “centrifuga”, facente parte di un processo di valorizzazione territoriale.


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Uno dei maggiori promotori della devozione all’angelo custode della città fu il già citato  frate domenicano san Vincenzo Ferreri.

La vita del sacerdote domenicano spagnolo san Vincenzo Ferreri è molto legata al mondo angelico. Egli stesso, a livello iconografico, viene assai spesso rappresentato come un angelo vestito da domenicano, con le ali dietro le spalle e una tromba in mano. Questo perché un giorno durante una predica in cui commentava il passo dell’Apocalisse: “Poi vidi un altro angelo che volando in mezzo al cielo recava un vangelo eterno da annunziare agli abitanti della terra e ad ogni nazione, razza, lingua e popolo. Egli gridava a gran voce: Temete Dio e dategli gloria, perché è giunta l’ora del suo giudizio” (Ap. 14, 6-7), affermò di esser lui l’angelo di cui parlava il libro sacro ed esortò i suoi uditori a dare gloria all’Altissimo perché  il suo Giudizio  non era un avvenimento poi tanto lontano.

Fra Vincenzo era un uomo e non un angelo ma sentì quel giorno di esserlo perché sentì improvvisamente data a sé una funzione che Dio dà ad alcuni angeli, in genere appartenenti al coro degli arcangeli, quella di annunciare grandi eventi.


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