Monsignor Hoser ad Avvenire lascia spiragli per un ulteriore riconoscimento da parte del Vaticano. “I veggenti? Abbiamo parlato”
«Medjugorje non è più un luogo “sospetto”. Sono stato inviato dal Papa per valorizzare l’attività pastorale in questa parrocchia, che è molto ricca di fermenti, vive di un’intensa religiosità popolare, costituita, da una parte da riti tradizionali, come il Rosario, l’adorazione eucaristica, i pellegrinaggi, la Via Crucis; dall’altra dal profondo radicamento di importanti Sacramenti come, ad esempio, la Confessione»
Lo ha detto ad Avvenire (4 aprile) l’arcivescovo Henryk Hoser (nella foto qui sotto), polacco, da quindici mesi è inviato di papa Francesco nella parrocchia balcanica conosciuta in tutto il mondo per le presunte apparizioni mariane cominciate il 26 giugno 1981 e – secondo alcuni dei sei presunti veggenti coinvolti – ancora in atto.
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Pace, sacramenti, conversioni
Per Hoser, quello del paesino bosniaco è «un ambiente che si presta al silenzio e alla meditazione» e «la maggior parte dei fedeli non viene per le apparizioni», ma per pregare in un’atmosfera di pace.
«Si crea, complessivamente, un’atmosfera che agevola la meditazione, il raccoglimento, l’analisi del proprio vissuto (…)». Non è un caso che «molti scelgono le ore notturne per salire al colle o anche al monte Krizevac».
«Mi ha colpito – prosegue – un ragazzo australiano, alcolista, tossicodipendente. Qui si è convertito e ha scelto di diventare sacerdote. Mi colpiscono le confessioni. C’è chi viene appositamente qui anche solo per confessarsi. Mi colpiscono le migliaia di conversioni».
Gli incontri con i veggenti
L’inviato del Papa dichiara di aver incontrato i veggenti. «In un primo momento ne ho incontrati quattro, poi gli altri due. Ognuno di loro ha una sua storia, una sua famiglia. È importante, tuttavia, che siano coinvolti nella vita della parrocchia».
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Il futuro di Medjugorje
Il futuro di Medjugorje? Hoser ammette che «non è facile rispondere». Poi aggiunge: Dipende da tanti elementi. Posso dire cosa già é e come può rafforzarsi. Un’esperienza da cui escono 700 vocazioni religiose e sacerdotali indubbiamente rafforza l’identità cristiana, un’identità verticale, in cui l’uomo, attraverso Maria, si rivolge al Cristo risorto. A chiunque ci si confronti, offre l’immagine di una Chiesa ancora pienamente viva e in particolare giovane».
Riconoscimento pontificio? Non è da escludersi
Pertanto non è da escludersi un riconoscimento di Medjugorje come delegazione pontificia. «L’esperienza dell’inviato della Santa Sede – conclude Hoser – è stata accolta positivamente, come un segnale di apertura nei confronti di un’esperienza religiosa importante, diventata riferimento a livello internazionale».
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