La nostra interiorità soffre, e lo manifesta con differenti segnali: il crescente numero dei disturbi ansio-depressivi, dipendenze che affliggono soggetti sempre più giovani, ultraconsumismo nei rapporti, violenze, iperattività. Come siamo arrivati a questo punto? Jean-Guilhem Xerri, psicanalista e medico biologo, già membro dello staff degli ospedali di Parigi e diplomato all’Institut Pasteur, affronta l’argomento e lo tratta con rigore e autorevolezza nel suo libro Prenez soin de votre âme [Prendetevi cura della vostra anima, N.d.T.], pubblicato dalle edizioni Cerf.
L’autore denuncia la concezione attualmente dominante dell’essere umano, cioè nient’altro che una riduzione naturalista e materialista dell’uomo, che nega totalmente la sua dimensione spirituale. Ora, negare questa dimensione significa amputare l’uomo di una parte di sé stesso. Partendo da qui, l’autore si chiede: «Quale alternativa si offre a noi, oltre al bivio fra la depressione e l’ultraconsumismo con cui colmiamo il vuoto?».
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Al fine di provare che la salute psichica dell’uomo dipende dalla qualità della sua vita spirituale, Jean-Guilhem Xerri si fonda sugli insegnamenti ereditati dai Padri del deserto. Fuggendo l’agitazione del mondo fin dai primi secoli del cristianesimo, quei saggi hanno vissuto da eremiti e così hanno fatto esperienza della sobrietà, esercizio che oggi risulterebbe benefico – diciamo pure vitale – per le nostre anime malconce.
L’uomo, un vivente come gli altri?
L’autore parte dalla constatazione che la società attuale va male: le crisi – economiche, sociali, politiche, ecologiche – si moltiplicano, la sofferenza psicologica esplode, la vita spirituale è disdegnata se non abbandonata a vantaggio dell’ultraconsumismo. E se fossero tutti fenomeni collegati? Se il fatto di aver messo in cantina Dio e la religione avesse conseguenze nefaste sul nostro stile di vita e sulla nostra salute mentale? Se la definizione naturalista e materialista che abbiamo oggi dell’uomo avesse ripercussioni sulla nostra maniera di vivere?
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È quanto dimostra Jean-Guilhem Xerri ripercorrendo la storia della filosofia attraverso i secoli, nonché l’evoluzione della visione dell’uomo. Nell’Antichità, Aristotele affermava che l’uomo è un animale razionale, che è fatto di animalità e razionalità, di un corpo e di un’anima uniti in un sinolo. In epoca moderna, il pensiero cartesiano, dualista, introduce una distinzione fra anima e corpo. L’uomo non è un animale poiché è dotato di un’anima, e il suo corpo è una macchina. Nei secoli XIX e XX, lo strutturalismo fa dell’uomo un oggetto di scienza. Egli non ha più un’essenza propria: non esiste in quanto tale ma sempre per le relazioni che lo uniscono agli altri. Viene sezionato e osservato rispetto ai suoi comportamenti, alla sua cultura, alla sua psicologia, alle sue motivazioni eccetera.
Alla fine del XX secolo, con l’avvento della genetica e delle neuroscienze, l’uomo – questa è la concezione oggi predominante – è considerato un vivente come gli altri. Assistiamo a un fenomeno di naturalizzazione, di biologizzazione di tutto il suo essere. Secondo l’autore, questa visione naturalista e materialista dell’uomo è la causa di un malessere crescente. Negare la dimensione spirituale dell’uomo significa amputare una sua parte. La società riduce l’uomo ai suoi soli aspetti biologici e psicologici.
Questa perdita di consistenza ferisce l’uomo, forse anche mortalmente. Lo strutturalismo di ieri e il neuro-essenzialismo di oggi assicurano questo masochistico lavoro di decostruzione dell’uomo e della sua interiorità.
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Depressioni, dipendenze, iperattività, ultraconsumismo… sarebbero altrettante manifestazioni della sofferenza del nostro essere mutilato della sua dimensione spirituale. Diventa quindi urgente prendersi cura della propria anima, scoprendo gli insegnamenti che ci hanno lasciato i Padri del deserto.
L’insegnamento dei Padri del deserto
I Padri del deserto furono dei cristiani che vivevano nei deserti di Mesopotamia, Egitto, Siria e Palestina fra il III e il VII secolo. Vivevano da eremiti in capanne, grotte o – più raramente – in cima ad alberi o colonne. Cercavano una vita di solitudine, di lavoro manuale, di contemplazione e di silenzio, con lo scopo di crescere spiritualmente. Molto presto, si formarono delle colonie monastiche e da ogni dove si accorreva a chiedere consiglio a quegli uomini sapienti.
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Dalla loro inedita esperienza sono stati tratti gli apoftegmi dei Padri del deserto, insieme di conversazioni o di racconti redatti dai monaci, ove venivano scandite le grandi leggi della vita interiore. Giovanni Paolo II li considerava
come un invito a riscoprire nella vacuità della moderna società, delle solitudini creatrici in cui ci si possa impegnare risolutamente sulla via della ricerca della verità, senza maschere né alibi né finzioni.