“T’avrei voluto volere quella volta che non ti ho voluto”: il verso finale della poesia che l’attore ha dedicato al figlio mai nato. L’attore Andrea Roncato, ospite sabato scorso del programma Verissimo condotto da Silvia Toffanin, ha ripercorso in una lunga un’intervista la sua vita: l’infanzia, i successi, i momenti fondamentali del suo percorso umano e professionale, le cadute e le vittorie, gli attimi magici della carriera, gli errori, anzi, l’errore più grande della sua vita: aver abortito un figlio.
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L’aborto: il grande errore della mia vita
“Un figlio ti manca?” gli chiede la conduttrice guardandolo negli occhi, e Roncato risponde:
Un figlio mi manca, è stato il vero errore della mia vita. Quando ero molto giovane ho avuto la possibilità di diventare padre, di avere un figlio, ma feci un aborto. Adesso sono diventato estremamente antiabortista. Ho fatto anche un libro per questo bambino che non è mai nato che si chiama T’avrei voluto. “T’avrei voluto volere quella volta che non ti ho voluto”, è l’ultimo verso di una poesia che ho scritto e che si chiama proprio T’avrei voluto.
La risposta mi colpisce per la consapevolezza profonda che mostra, la sincerità, il rammarico, il pentimento. Sono parole meditate, sofferte, di un uomo, anzi, di un padre, che ha preso coscienza dell’atto compiuto, che ci ha fatto i conti assumendosi tutta la responsabilità, senza cercare scorciatoie. Chissà quante notti insonni con il senso di colpa, con il dolore per aver abortito una vita che doveva venire alla luce, la vita di suo figlio per cui oggi prova una grande nostalgia. La sua voce resta ferma e l’immancabile cadenza bolognese non mostra sbavature, variazioni, racconta una verità scomoda senza edulcorarla in alcun modo, senza trovare giustificazioni per auto-assolversi. Oggi è un convinto antiabortista (che bello!) e lo afferma in TV senza paura e senza vergogna: alla faccia del politicamente corretto che spadroneggia sui mezzi di comunicazione.
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Non smetterò mai di chiedere perdono a Dio
In’un altra intervista per Cristiani Today aveva affermato:
(…) tra i vari errori che ho fatto c’è anche quello di aver fatto abortire. (…) Poi ho capito con la maturità, che è stato uno dei più grandi errori che io abbia mai fatto perché i figli vanno tenuti sempre e comunque . (…) Proprio per questo motivo non smetterò mai di chiedere perdono a Dio, e spero che Lui nella sua infinita misericordia mi perdoni. (Ibidem)
Il Signore credo abbia fatto una grazia grande ad Andrea Roncato: quella di mostrargli il peccato che ha compiuto nella sua tragicità, di fargliene prendere consapevolezza in maniera profonda, con la sofferenza necessaria che scava a fondo per pulire e far emergere la verità. Ci dimentichiamo spesso della figura dei padri nella tragedia dell’aborto, sia di quelli che vorrebbero proteggere la vita dei figli e che subiscono la decisione delle donne, sia di quelli che purtroppo si impongono o concorrono nel porgli fine. Questi ultimi sono uomini che non si rendono conto del terribile atto a cui hanno condotto le fidanzate, le mogli, le compagne. I loro occhi sono chiusi sul male compiuto, sono ciechi. Come siamo orbi tutti di fronte alle nostre brutture, alle nostre bassezze, fino a quando Cristo non ci libera dal peccato!
Dare la vita a un figlio è la cosa più bella che un uomo possa fare
“Ti sei perdonato per questo?” gli chiede Silvia Toffanin, e l’attore risponde:
No, posso perdonarmi tutto ma (non questo n.d.r) io credo che i figli siano l’unica vera ricchezza che un uomo possa lasciare al mondo. Puoi lasciare bei film, belle poesie, soldi, quello che vuoi, ma credo che lasciare un figlio sia la cosa più bella che un uomo possa fare.
Poi senza leggere ha recitato a braccio con intensità la poesia che ha scritto al suo bambino: versi che esprimono tutto l’amore, il tormento, la nostalgia, il vuoto, il rimorso, il dispiacere di un uomo che non sapeva ancora che tutto ciò che avrebbe voluto dalla vita era essere padre.
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La poesia per suo figlio
T’avrei voluto piccolo per poterti abbracciare
T’avrei voluto grande per potermi appoggiare
T’avrei voluto d’inverno dietro la finestra a guardare la neve che comincia a cadere
T’avrei voluto con la pioggia di un temporale sotto le coperte in silenzio per sentirne il rumore
T’avrei voluto dolce con i cani per poterli accarezzare, tenero con i vecchi per poterli amare,
T’avrei voluto cocciuto per discutere con te, per litigare con gli occhi grandi come quelli di mia madre
T’avrei voluto cantare una canzone, farti addormentare e riprendere il sogno che ti aveva fatto svegliare
T’avrei voluto di fianco a camminare tutti e due in silenzio cercando di capire quello che l’altro ha dentro e che non riesce a dire
T’avrei voluto insegnare tutte le cose che non so fare
T’avrei voluto il giorno che dovevi partire per il piacere di vederti ritornare
T’avrei voluto vicino quando me ne dovrò andare
T’avrei voluto volere quella volta che non ti ho voluto.
Ascoltandolo ho pensato alle parole che Papa Francesco ha da poco pronunciato sul dramma dell’aborto nel viaggio di ritorno dalla GMG di Panama:
“Tuo figlio è in cielo, parla con lui. Cantagli la ninna nanna che non hai potuto cantargli”.
Questa poesia è la ninna nanna che Andrea Roncato ha composto per il suo bambino che, siamo certi, lo ascolta dal Paradiso.
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