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Il Papa ai giornalisti sulle accuse di insabbiamento: «giudicate voi»

Pope Francis addresses reporters during a press conference in flight while returning from Ireland to The Vatican at the end of his two-day visit to Ireland on August 26, 2018. Pope Francis "begged for God's forgiveness" on August 26 for multiple abuse scandals within the Irish church but faced accusations by a former Vatican official that he had personally ignored allegations against senior clergy. / AFP PHOTO / POOL / Gregorio BORGIA

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Lucandrea Massaro - pubblicato il 27/08/18
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Di ritorno sul volo papale Francesco ha affrontato la questione sollevata da monsignor ViganòUna giornata intensa due volte la domenica di fine agosto che si è conclusa ieri per Papa Francesco. Un secondo giorno denso di catechesi profondissime sul valore della famiglia a Dublino, dove Francesco ha dato se stesso per un uditorio difficile in una terra un tempo cattolicissima ma che ora si sta riprendendo dai recenti scandali che hanno colpito una chiesa troppo tronfia dei fasti del passato e poco attenta agli orrori del presente. Contemporaneamente in mattinata, un “memoriale” ricco di accuse al vetriolo dell’ex nunzio negli Stati Uniti, monsignor Carlo Maria Viganò, arcivescovo che è già noto alle cronache per Vatileaks. Di ritorno dal l’Irlanda nel suo consueto colloquio con la stampa Bergoglio ha affrontato la questione delle accuse: «Ho letto, questa mattina, quel comunicato. L’ho letto e sinceramente devo dirvi questo, a lei e a tutti coloro tra voi che sono interessati: leggete voi, attentamente, il comunicato e fate voi il vostro giudizio. Io non dirò una parola su questo. Credo che il comunicato parla da sé stesso, e voi avete la capacità giornalistica sufficiente per trarre le conclusioni. È un atto di fiducia: quando sarà passato un po’ di tempo e voi avrete tratto le conclusioni, forse io parlerò. Ma vorrei che la vostra maturità professionale faccia questo lavoro: vi farà bene, davvero. Va bene così»..


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Ma allora cerchiamo di capire se queste accuse hanno fondamento o plausibilità.

Monsignor Carlo Maria Viganò, vescovo che voleva far carriera in Curia ha deciso di comunicare al mondo la sua versione dei fatti tramite il giornale La Verità, con un documento di circa 11 pagine in cui ricostruirebbe che la Santa Sede fosse a conoscenza di tutta la questione McCarrick almeno dal 2000, cioè da Giovanni Paolo II regnante, che fu promosso alla fine di quell’anno arcivescovo di Washington e creato cardinale dal papa polacco l’anno successivo: era noto già da allora – dice il vescovo – che il prelato invitava i suoi seminaristi a dormire con lui nella casa al mare.

Viganò nel suo panegirico accusa molti esponenti della Curia di tutte le passate e presenti “gestioni”. Egli chiama in causa alcuni porporati, in particolare gli ex segretari di Stato Angelo Sodano e Tarcisio Bertone, e gli ex sostituti Leonardo Sandri e Fernando Filoni, che a suo dire non hanno preso gli opportuni provvedimenti a carico di McCarrick.



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L’accusa su Sodano è di aver approfittato dello stato di salute di Giovanni Paolo II per fargli approvare la nomina e soprattutto la porpora cardinalizia, ma nel 2000, l’anno del Giubileo, il pontefice stava male fisicamente ma era mentalmente lucido come 2 milioni di giovani cattolici presenti a Tor Vergata possono testimoniare. Inoltre Il cardinale Giovanni Battista Re – che secondo Viganò, da neo-Prefetto della Congregazione dei vescovi si oppose per iscritto alla nomina di McCarrick – era persona molto vicina al Papa e vicina al segretario di Papa Wojtyla, monsignor Stanislaw Dziwisz. Perché allora nessuno disse al Papa delle accuse contro il candidato all’arcivescovado di Washington e perché nessuno bloccò la sua successiva nomina cardinalizia? 

Secondo Viganò contro McCarrick Benedetto XVI avrebbe preso provvedimenti ma in segreto, un comportamento non facilmente spiegabile, specialmente se si considera che Ratzinger avrebbe preso questa decisione tra il 2009 e il 2010 e non avrebbe battuto ciglio vedendo che essa veniva ignorata dall’interessato. Ricordiamo che Benedetto XVI sarebbe rimasto in carica fino al 2013: come poteva non sapere di essere stato disubbidito? E perché non avrebbe fatto nulla? Infine perché un provvedimento “segreto” se doveva essere un medicinale per la Chiesa?

Tra l’altro l’ennesimo tentativo di opporre un pontefice ad un altro.

Proseguendo tuttavia, Viganò dice che Papa Francesco ha continuato a coprire la persone di McCarrick, eppure l’unica sanzione contro di lui è stata emessa proprio dal pontefice argentino che lo ha spogliato della porpora e gli ha imposto di vivere ritirato. Come si concilia questa severità col presunto lassismo denunciato?

Il documento accusa l’influenza della cosiddetta lobby gay, una piaga interna alla Chiesa e alla Curia, eppure il primo ad esplicitare pubblicamente questo pericolo è stato proprio Papa Francesco nel 2013. Come può esserne influenzato se ne è avvertito e ne denuncia pubblicamente l’esistenza?

Non bisogna dimenticare che in questi casi la buona fede di chi accusa è importante quasi quanto le accuse stesse che naturalmente sono gravi e vanno indagate. Se esistono documenti è bene che escano, tuttavia Viganò parla con cinque anni di ritardo dal suo ultimo colloquio con Francesco. Perché attendere tanto? E perché non chiedere una spiegazione e non scegliere prima di confrontarsi un’altra volta con Francesco per ammonirlo privatamente come prescrive il Vangelo? “Se il tuo fratello commette colpa, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ti ascolterà, prendi con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà neppure costoro, dillo all’assemblea; e se non ascolterà neanche l’assemblea, sia per te come un pagano e un pubblicano” (Matteo 18, 15-17).

Come è noto monsignor Viganò non ha mai digerito il non aver ricevuto una promozione ad incarichi di Curia, in particolare presso il Governatorato della Città del Vaticano, posto a cui ambiva e per il quale mentì a Benedetto XVI quando il pontefice lo nominò nunzio negli USA dopo che le accuse da lui lanciate circa la diffusa corruzione nel Governatorato (il caso Vatileaks) si erano dimostrate prive di fondamento:

Viganò per resistere al trasferimento, si appellò direttamente al Papa e addusse come impedimento la necessaria, doverosa e diretta assistenza in cui era impegnato nei confronti del suo fratello gravemente infermo e praticamente incapace di intendere e di volere.

Il 7 luglio 2011, l’attuale nunzio scrisse a Papa Ratzinger: «Mi angustia poi il fatto che, dovendo purtroppo prendermi cura personalmente di un mio fratello sacerdote più anziano rimasto gravemente offeso da un ictus che lo sta progressivamente debilitando anche mentalmente io debba partire anche ora, quando ormai intravvedevo di poter risolvere in pochi mesi questo problema famigliare che tanto mi preoccupa».

In realtà le indagini e la testimonianza diretta di Lorenzo Viganò [il fratello] supportata da documenti di attività accademica, contratti d’affitto, utenze e quant’altro, mostrano una situazione completamente diversa. Lorenzo sostiene senza mezzi termini che suo fratello «ha scritto il falso al Papa» dal momento che lui vive da decenni a Chicago in assoluta autonomia e non è mai stato accudito dal fratello con il quale per di più – alla data della lettera – aveva del tutto interrotto i rapporti da più di due anni, cioè dal gennaio 2009. «Nel 1996 – ci spiega – ho subito un ictus, ma a distanza di poco tempo sono tornato indipendente e anche se con qualche difficoltà legata al fisico (un’emiparesi sinistra) sono tornato alla mia solita vita e ai miei studi a Chicago» (Corriere della Sera, 16 marzo 2013).

Ma perché questa reticenza a lasciare Roma? Perché lontano dalla Curia le possibilità di ricevere un incarico di prestigio si sarebbero ridotte enormemente. Probabilmente Viganò non perdona a Francesco di aver perso anche il suo comodo appartamento in Vaticano come spiega il vaticanista di TgCom24:

dopo il ritorno dagli Stati Uniti, nel 2016, l’arcivescovo si era trasferito nel suo appartamento all’interno della Città del Vaticano. Appartamento che durante il servizio diplomatico all’estero non aveva lasciato ad un altro inquilino (come avrebbe dovuto) ma che era riuscito a tenere in suo possesso, […]. Qualche mese fa però Bergoglio gli ha dato il foglio di via definitivo. Non solo dalla Città del Vaticano. L’APSA (l’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica) il dicastero che gestisce tutti gli immobili della Santa Sede, aveva trovato per l’ex nunzio una nuova sistemazione a Via delle Erbe, dove vivono gli altri nunzi apostolici a riposo. Ma Francesco aveva fatto sapere che sarebbe stato meglio per lui un rientro nella diocesi d’appartenenza (il monsignore è di Varese).

Monsignor Viganò dunque chiede le dimissioni del Papa, sebbene sappia come esse debbano essere libere da coercizioni per essere valide, a norma di diritto canonico, e l’impressione generale è che quella disfida tra diverse correnti della Chiesa di Roma non si sia ancora placata. Dal suo ritorno a Roma, Viganò si è visto spesso coi “Cardinali dei Dubia” (contro Amoris Laetitia) e ha partecipato a riunioni e conferenze con gruppuscoli esplicitamente e pregiudizialmente contro Francesco (HuffPost). Secondo l’Ansa, dietro questa mossa di Viganò potrebbe esserci anche la “longa manus” di parte dell’episcopato americano che non gradirebbe la linea dura intrapresa da Francesco contro gli esponenti del clero che si sono macchiati di quelli che lo stesso Bergoglio definisce «crimini» (Rep). Per ora si mira a delegittimare, a mettere sotto pressione Bergoglio esattamente come avvenne con Ratzinger, colpito proprio da quella tempesta provocata dalle dichiarazioni senza fondamento di Viganò. Benedetto come Francesco stava cercando di fare pulizia e ordine nelle cose vaticane ma ha incontrato resistenza, la stessa che trova il papa argentino, anche se non così esplicita e rancorosa come quella odierna. La scelta, profetica e generosa, di Benedetto di rinunciare all’incarico dimostrò che il “Re è nudo”, che esisteva un problema e che chi aveva remato contro si assumeva di fatto una responsabilità grave: invece di aiutare Pietro a governare la Barca della Chiesa, lo sabotava. Ora questa tempesta, strana per la tempistica, cerca di mettere sotto pressione per “misurare l’effetto di una bufera mediatica non su Francesco, ma sul collegio cardinalizio, sull’episcopato, sui teologi; poi si vedrà ” così Alberto Melloni su Repubblica, e provare a condizionare il futuro Conclave?

Di seguito il video della Conferenza Stampa di Papa Francesco sul volo papale di ritorno da Dublino

aggiornamento ore 16:41