Mamma di 3 bimbi e imprenditrice nel settore moda a Madrid, in realtà una donna che grazie al matrimonio vive lavoro e famiglia come un’unica strada disegnata da Dio per la felicità
Lavoro e maternità sono sempre messi in contrapposizione pensando alla donna. La storia di Graziamaria parla di vita vissuta e non di stereotipi: si è trasferita in Spagna per amore e lì, dopo che era già diventata mamma di Eléna, Sofia e Matias, le si è presentata l’occasione di fondare una società, nonostante la tempra del suo carattere non fosse quella della leader. Ci racconta la dedizione alla sua famiglia e la passione per il lavoro, che non solo convivono ma si illuminano a vicenda perché, come dice lei, «non c’è una Graziamaria-mamma e una Graziamaria-imprenditrice, ci sono sempre io, il mio volto è uno solo di fronte a tutto».
Cara Graziamaria grazie di condividere con noi di For Her Italia la storia della tua vita. Sei mamma e imprenditrice nel settore moda in Spagna, sembra una carriera di successo pianificata a tavolino. Invece?
Invece non è stato affatto calcolato. Mi sono trasferita in Spagna 17 anni fa, dopo essermi laureata a Bologna: sono arrivata a Madrid nell’agosto 2001 e ho lavorato per sei mesi grazie a una borsa di studio Leonardo. Durante questo periodo mi sono fidanzata con Louis, che ora è mio marito. Per poter rimanere in Spagna allo scadere della borsa di studio ho cercato un altro lavoro, facendo una ricerca a tappeto: sono laureata in Lingue quindi ho mandato il mio curriculum a tutte le aziende spagnole che collaboravano con l’Italia.
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La prima azienda ad assumermi è stato uno showroom di moda spagnolo che lavorava con fornitori italiani: avere una segretaria italiana era perfetto per loro. Sono rimasta lì altri 6 mesi, poi sono stata assunta da un altro showroom dove ho lavorato 14 anni; oltre a essere segretaria di direzione nel tempo mi sono occupata di vendite e customer service. Negli stessi anni mi sono sposata e ho avuto 3 figli. Oggi Eléna ha 12 anni, Sofia 8 e Matias 5.
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Come hai conciliato figli e lavoro?
Dopo la nascita della primogenita ho continuato a lavorare a tempo completo, per mia scelta: avevo i miei genitori ancora giovani e mia suocera che potevano aiutarmi. Con la nascita della seconda figlia ho chiesto il part time perché la gestione della famiglia era diventata più complessa.
Adesso, pensandoci a posteriori, mi pento di non aver chiesto il part-time anche con la prima figlia: ero giovane, avevo 28 anni ed ero così presa dal lavoro che mi sembrava inconcepibile; c’è comunque da dire che il mio orario non era troppo esteso e riuscivo a organizzarmi.
Il part-time è stata una scelta felice, i miei figli minori avevano addirittura l’impressione che io non lavorassi perché li accompagnavo a scuola e poi li andavo a prendere, quindi per loro la mamma c’era sempre.
Vedo molto la differenza con la sorella maggiore che è cresciuta più indipendente, proprio perché ha vissuto meno la mia presenza accanto a lei da piccola.
E poi cosa è cambiato?
Purtroppo la titolare dell’azienda per cui lavoravo si è ammalata e non aveva parenti in grado di rilevare la società. Per un certo periodo è sembrato possibile che io e alcune colleghe potessimo prendere in mano le redini dell’impresa, ma poi questa ipotesi non si è concretizzata. A quel punto io potevo cercarmi un altro lavoro, ma grazie ad un’amica mi si è presentata l’occasione di occuparmi della vendita dei prodotti di un’azienda italiana e contemporaneamente di sapere che un altro amico, Simone, anche lui nel settore moda (accessori), cercava un socio per ampliare il suo progetto aziendale. Con lui ho intrapreso l’avventura di fondare una nostra nuova società; era il luglio 2015.
Raccontami chi siete e cosa fate?
Io e Simone siamo amici di famiglia da 12 anni, condividiamo anche lo stesso percorso di fede. Ora che siamo soci alla pari dobbiamo sempre spiegare ai clienti che non siamo marito e moglie, perché è strano imbattersi nel mondo del lavoro in persone che condividano il senso della vita e del lavoro, e non siano solo interessate ai profitti.
Io non mi sono mai considerata una persona con grande forza di volontà. Essere in due a gestire l’impresa significa unire le forze, le competenze e i sacrifici; facendo così ci si accorge che qualcosa di buono nasce.
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Il nostro progetto aziendale è quello di lavorare con firme italiane di abbigliamento e accessori da vendere in Spagna: siamo intermediari tra fornitori italiani e clienti spagnoli, che sono boutique di livello medio alto. Abbiamo un piccolo show room a Madrid dove teniamo il campionario e lo mostriamo agli interessati.
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È stata dura imbarcarsi in questa sfida lavorativa? Come hai fatto con la famiglia?
È un’avventura tosta, ma non è una decisione che ho preso da sola. Mio marito mi è stato accanto in ogni passo. Questo mi ha aiutato a reggere il peso dell’inizio e ad affrontare i momenti difficili che sono accaduti in questi anni.
Di carattere sono timida, in una compagnia io sono quella che sta sempre un passo dietro. All’università vivevo ogni esame con tantissima agitazione. Ecco, questo per dire che non mi sarei mai immaginata come una persona che comanda, mi considero un bravo braccio destro.
Adesso, invece, non c’è nessuno che può fare le cose al posto mio, non posso mettermi dietro a nessuno. Faccio ancora molta fatica a espormi coi clienti, eppure questo sacrificio mi rende più forte.
Posso immaginare che anche la maternità ti abbia offerto degli strumenti per crescere, cioè per stare di fronte alla vita, lavorativa e non, con più sicurezza?
Assolutamente sì, soprattutto nell’organizzazione del tempo! Io lavoro con gente che in prevalenza non ha figli e mi dice: «È impossibile fare quello che fai tu!». È ovvio che il tempo è poco e che per darlo alla famiglia lo devo togliere ad altro: non ho le unghie perfette, non vado in palestra. Queste ultime cose però non mi mancano.
Arrivare a casa stanca a fine giornata, aver solo voglia di buttarmi sul divano ed essere invece accolta dai racconti entusiasti di tre figli può essere impegnativo, ma è quello che mi dà la forza per il giorno dopo. Arrivare a casa e non avere nessuno con cui condividere la gioia e la fatica, mi intristirebbe.
So che di questa responsabilità che mi sono presa ne risente anche la mia famiglia, ma proprio perché non è solo una cosa mia, bensì nostra, posso viverla appieno. Mio marito è insegnante, però condivide la gestione del mio lavoro con me. I miei figli sentono che ciò di cui mi occupo è anche loro: i «miei clienti» diventano i «nostri clienti», fremono nell’attesa di sapere se hanno comprato i prodotti della mamma. C’è anche una parte divertente in tutto questo, perché li porto con me allo show room ed è un momento di festa aprire gli scatoloni, guardare i vestiti. Per le femmine, soprattutto, è bellissimo tuffarsi in mezzo a questi oggetti bellissimi.
Ecco, parliamo di questo: il mondo della moda. E’ davvero così frivolo come ce lo presentano i media?
Vivendolo da dentro, posso dire che ho conosciuto tante persone in gamba appassionate del loro lavoro: ci sono artigiani innamorati del loro mestiere e lo si vede dalla creatività unica che li anima, anche da come cuciono a mano i loro prodotti. Per noi è appassionante vedere lavoratori appassionati e ci ispira condividere il gusto del bello. L’Italia in questo settore ha davvero delle grandi eccellenze, che non sono solo i grandi nomi. Con la nostra società ci sentiamo un po’ ambasciatori del nostro paese d’origine, introducendo in Spagna firme italiane meno conosciute di quelle blasonate, ma altrettanto prestigiose.
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Un altro aspetto che voglio raccontarti, riguarda un’idea che è nata a me e Simone. Il mondo della moda è molto esclusivo, ci sono ragazze che sono affascinate dall’ambiente ma non hanno le possibilità economiche di frequentare le scuole o i corsi di studio ad hoc. Noi abbiamo deciso di aprire il nostro showroom a loro, cioè di farle stare con noi durante i periodi di vendita per far vedere in cosa consiste il lavoro e farle stare sul campo: guardano, stanno con noi e imparano. E’ qualcosa in più di un semplice stage, investiamo nel rapporto umano con loro e rimaniamo in contatto anche quando il lavoro con noi finisce. Potranno mettere questa esperienza nel curriculum e in più avere un riferimento in noi per proseguire la loro strada.
Quindi si può essere mamma e lavoratrice?
Al giorno d’oggi una donna deve essere mamma e lavoratrice, a meno che non si abbiano risorse economiche vaste. Non mi sento di togliere tempo ai miei figli, perché non guardo la vita a compartimenti stagni: non c’è “Graziamaria-mamma”, poi “Graziamaria-moglie”, e poi “Graziamaria-imprenditrice”. Ci sono io; c’è un volto unico dentro ogni cosa che vivo. Altrimenti sarebbe impossibile.
Non avrei fatto il passo importante di fondare una società se mio marito non fosse stato con me. Nella gestione familiare, cerchiamo di non cadere nella trappola del “adesso tocca a te” o del “io ho fatto questo, tu cosa hai fatto?”. La nostra regola è: quando c’è bisogno, si fa. Louis è insegnante ed è impegnato in molte attività educative oltre l’orario scolastico. Quanto a me, ci sono momenti in cui devo viaggiare e mi organizzo in modo da condensare le mie trasferte: ad esempio, riduco a un giorno viaggi che altri farebbero in tre.
L’importante, per me e Louis, è prendere le decisioni assieme; la fatica rimane, ma siamo sulla stessa strada. Non c’è “mio” e “tuo”: se lui deve portare in gita in montagna i suoi studenti, io li sento anche come i miei ragazzi. Essere dentro una compagnia di amici con cui condividiamo l’esperienza cristiana è un altro aspetto centrale per il bene della nostra famiglia.
Vedi in questo tuo percorso di vita la mano di Dio?
Certo! Innanzitutto Lui mi dà una forza che io da sola non avrei. Guardando a ritroso quello che è accaduto finora vedo la mano della Provvidenza. Ripenso agli anni passati e mi chiedo: perché ho fatto l’Erasmus proprio quell’anno e ho conosciuto Louis? E perché poi è accaduto che la titolare della mia azienda si ammalasse? Lungo questa strada mi sono conosciuta meglio, anche attraverso percorsi che di testa mia non avrei messo in conto. Tutte le domande che saltano fuori sulle cose accadutemi di anno in anno mi portano a ringraziare di essere qui adesso, rendendomi conto che non vorrei essere in nessun altro posto.
#heavensdoor