Lejeune la chiamava “pesticida umano”. E si ingannano le donne che la invocano come pratica dell’aborto meno traumatica e per questo più desiderabile. Abbiamo il dovere di dire la veritàIl numero di BenEssere di agosto è in arrivo nelle edicole e come ogni mese noi in redazione ce lo stiamo sfogliando.
Un numero da non perdere per storie, approfondimenti, servizi accurati su cibo, salute, cure, diritti, scoperte. Spazio anche alle punture d’insetto, un corollario antipatico ma inevitabile della stagione vacanziera. Piccolo spoiler: le punture di ragno non sono quasi mai pericolose per cui basta aracnofobia; attenzione invece alle non abbastanza famigerate vespe! (Vedi a pagina 50 del numero di Agosto).
Come spesso mi capita ciò che mi attrae di più sono le testimonianze dirette o le lettere. La domanda di una lettrice che resta anonima verte sulla disponibilità, a suo avviso troppo ridotta, della pillola abortiva. L’esperta che si fa carico di questa domanda e ne porta alla luce i tragici quanto ingannevoli presupposti è Marina Casini, professore aggregato di Bioetica.
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(…)perché opporsi alla pillola abortiva RU486 dato che l’aborto legale c’è già e viene comunque eseguito nelle strutture pubbliche e in quelle private accreditate? Perché opporsi a uno strumento che lo provoca in modo meno traumatico per la donna? (BenEssere, p. 107)
La legalità dell’aborto continua a confondere le coscienze di molti. Legale non significa vero né giusto
Così la lettrice. Eppure chiunque abbia scelto di documentarsi anche da semplice utente della rete sa quanto invece l’uso della pillola abortiva sia tutt’altro che innocuo per la donna. Il fatto di viverlo in gran parte a casa propria, la solitudine nella quale avviene l’assunzione del farmaco (nella sua seconda accezione greca: veleno) e l’attesa dei suoi effetti porterebbe a vivere l’aborto in modo affatto traumatico? No, niente affatto. La RU486 non è per niente innocua per la salute della donna, in alcuni casi gli effetti collaterali si sono rivelati letali anche per la madre e non solo per il feto, effetto tristemente cercato.
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La prof.ssa Casini accoglie la domanda, accoglie la persona che la pone e proprio per amore di tutte le persone coinvolte e della verità fa emergere il sommerso, il non detto e per questo ormai assodato che sta dietro all’interrogativo:
(…)per rispondere alla domanda posta, bisogna guardare alla questione secondo la sua verità. Nell’aborto i soggetti sono due: non c’è solo la madre, c’è anche il figlio. Chi propone la RU486 – peraltro per nulla innocua per la salute della donna – cancella il figlio. Il grande genetista Jerome Lejeune definì questo prodotto chimico “pesticida umano”. (Ibidem 2018, p. 108)
Aborto take away? No! E’ un “pesticida umano”
E osserva che sono state profuse negli anni enormi risorse economiche ed intellettuali per mettere a punto la formula chimica di questo pesticida per bambini. Mentre si fatica a trovare risorse per dissuadere donne angosciate dall’arrivo di un figlio proprio per motivi economici. E si attacca senza troppo riguardo pure l’obiezione di coscienza come fosse un inutile intralcio a scapito dell’esercizio di un diritto umano mentre è un baluardo a difesa di esso: la libertà di pensiero, di parola, la libertà di fatto di dire no ad una legge ingiusta. Perché la coscienza precede ed eccede la legge umana (non quella divina).
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Insomma quello che alle menti di molti è ormai percepito come un servizio particolarmente evoluto a favore della donna è invece un inganno perpetrato ai danni di madri, figli, fratelli, padri. Di tutti noi, in ultima istanza.
Ecco allora un ottimo esempio di opera di misericordia spirituale applicata ai giorni nostri: torniamo ad insegnare che quello è un bambino, che la donna va incontro ad un trauma e a seri pericoli per la propria salute, che tutti perdiamo qualcosa, perché perdiamo irrimediabilmente qualcuno.