Dio, come ogni genitore, a volte ci tiene a distanza per ricordarci che siamo figli, cioé che è lui a tenere il passo e guidarcidi fra Pietro Luca Roccasalva
In questa distanza c’è la nostra salvezza: essere figli, ai piedi del Padre e dietro al Figlio.
Ognuno di noi ha fatto l’esperienza dell’essere figlio, di una certa famigliarità col proprio padre, famigliarità e confidenza che spesso ci hanno portati a dire parole o compiere gesti che annullavano la distanza e i ruoli.
Sicuramente ci sarà capitato anche, ad un certo punto, che nostro padre, con fare deciso, ci abbia messo a tacere, abbia improvvisamente ristabilito le distanze.
Questo è un passaggio delicato che non viviamo mai bene, viviamo quel rimprovero come una “bocciatura” senza invece riflettere sul fatto che in quella distanza ristabilita sta il nostro essere ciò che siamo ed esserlo in pienezza… figli!!
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Forse anche a voi genitori, è capitato di fare lo stesso con i vostri figli, e non per questo li amate meno!
Anche ai discepoli, a tutti, è accaduta la stessa cosa con Gesù, solo che Pietro è stato quello che direttamente ha fatto esperienza di una parola rivolta a lui: “Va’ dietro a me” (Mc 8,33).
Il tono è deciso perché la posta in gioco è alta!
Con Dio noi spesso ci parliamo come Mosè sul monte, faccia a faccia, gli chiediamo conto di tante cose, scelte, gli chiediamo spiegazioni, ecc… e forse all’improvviso ci accorgiamo che non siamo più figli ma maestri…
C’è un rischio nell’eccessiva famigliarità con Gesù e con le “cose di Dio”: il rischio di perdere il posto dei figli, il rischio di credere che in qualche modo Dio debba darci le spiegazioni richieste.
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Allora quelle parole forti, forti come l’amore, sono tali perché davanti a Gesù perdiamo il senso del cammino, della meta, ci perdiamo … allora il regalo più grande che possiamo ricevere da un padre, sono parole che, seppur dolorose, ci mettono nell’unica posizione possibile, quella dei figli e discepoli.
Avremmo tante domande da fare, tanti dubbi da risolvere, tante spiegazioni da chiedere, ma questo va fatto da figli, non va fatto con la pretesa che l’Altro debba darci delle spiegazioni.
C’è un Mistero, uno “spazio”, penso alla sofferenza, alla morte, che non possono essere colmati con una risposta ma con un cammino, forse lungo, forse doloroso, ma camminando da figli. Il nostro sapere deve essere un sapere “sapiente”, da figli e non da maestri.
L’unica certezza che accompagna il nostro cammino di figli in cerca di risposte – la prendo da un romanzo di Stefano Baldi, “Sia fatta la tua volontà” – è questa: “Non avere paura, questo cammino lo facciamo insieme”.