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Siria: la mirabile testimonianza di fede di Christine, un’adolescente ferita ridotta in sedia a rotelle

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Nadine Sayegh - pubblicato il 13/07/18
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Gravemente ferita nel gennaio 2018 durante i combattimenti che hanno visto contrapposti l’Isis e il governo siriano, Christine, 16 anni, offre una sconvolgente testimonianza di fede e di amore. Quando trionfa il perdono.

Sono le 13 in punto del 26 gennaio 2018, quando la vita di Christine, 16 anni, traballa. Quel giorno, accompagnata dall’amica Rita e da quattro altre ragazze della scuola di Besançon, attraversa piazza Bab Toumas a Damasco, quando all’improvviso il cielo scoppia. Gli obici piovono a centinaia, le sirene delle ambulanze risuonano in tutta la città e non cessano di confluire negli ospedali cittadini feriti e morti. Tra i feriti si trova la giovane liceale Christine. Quel giorno, i ceri di tutte le case di Damasco sono accesi e le preghiere si succedono ininterrottamente tutta la notte, per i feriti e per i sopravvissuti a quest’atto barbaro: per loro, in quei momenti difficili, niente è stato più importante della preghiera collettiva.


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«Se non si perdona non si può vivere con gli altri»

Distesa sullo stesso divano ormai da cinque mesi, Christine ha scelto di uscire dal silenzio e di testimoniare quel che ha vissuto. «Le prime ore sono state orribili, sentivo dappertutto l’odore del sangue, senza poter realizzare le proporzioni dell’accaduto», dichiara ad Aleteia.

Una volta arrivata all’ospedale ho cominciato a realizzare, a comprendere, a rendermi conto della fortuna che avevo avuto ad essere sopravvissuta, anche se mi mancava una gamba. Era il prezzo da pagare, ma perlomeno sono viva. Quando ho realizzato questo non mi sono potuta impedire di sorridere, malgrado tutto il dolore che sentivo, e di cominciare a pregare Dio perché io sia l’ultima vittima di questa carneficina… e perché Egli perdoni loro questi atti.

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Nadine Sayegh



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Christine, scolarizzata dalle suore di Besançon, fa pure parte della corale della chiesa di Notre Dame di Damasco, Cœur-Joie, e degli scout di Damasco. La sua vita è sempre stata a immagine di Cristo, segnata dalla condivisione, dal perdono e dall’amore al prossimo. Nel suo modesto appartamento, la famiglia accoglie tutti i giorni centinaia di visitatori: famiglia, amici, vicini o semplici passanti venuti a condividere la loro preghiera e la loro simpatia. E tutti, senza eccezione, affermano che questo attentato è diverso dagli altri per la reazione della famiglia e per quella di Christine.



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«Christine è una vera testimonianza di fede cristiana», affermano i suoi genitori. «Se non ci si perdona, non si può vivere insieme», riconosce volentieri il padre.

La nostra vita non sarà segnata dal rancore e da sensi di vendetta: è vero che mia figlia ha perduto una gamba; sarà per sempre handicappata, ma nel profondo di me sento come una forza che mi fa sopportare e accettare questo colpo, una forza soprannaturale. È la presenza di Cristo, l’amore di Cristo. Lo sentiamo sempre più presente con noi, al nostro fianco. Eravamo affaticati, smarriti, disorientati: moralmente, fisicamente e materialmente. Egli però era qui, non ci ha mai abbandonati.

«Io ho Gesù: è lui il mio coraggio e questo mi basta»

In questi sette anni di guerra nessuno è stato risparmiato dalla morte, dalle ferite, dall’handicap o dallo sradicamento.

La mia migliore amica, Rita, è stata uccisa sotto i miei occhi, quel giorno. Che choc e che tristezza! Ma considero pure la grazia che ho di essere in vita. Ogni giorno mi dico che Dio mi ha privata della mia gamba per darmi qualcosa di più prezioso: una nuova vita e la sua presenza al mio fianco. I medici mi hanno proposto un accompagnamento medico con uno psicologo, ma ho rifiutato. Non ne ho bisogno, ho Gesù: è lui il mio coraggio, e tanto mi basta.

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Nadine Sayegh
Christine prima dell’attentato.

La madre di Christine ripone il proprio coraggio nella figlia:

La sua condizione mi spezza il cuore. Una ragazza di 16 anni è un’adolescente che morde la vita con grinta. Corre, esce coi ragazzi, si agghinda, si fa bella davanti allo specchio. Semplicemente, vive! Ma per noi Dio ha pensato ad altro. Sono più di tre anni che facciamo domanda in diverse ambasciate, per andarcene in Europa o in Canada. Ogni volta, il dossier è rifiutato col pretesto che non siamo nella Ghouta, che Bab Touma non è una zona a rischio. Eppure ogni giorno, ogni volta che Christine va a scuola e torna, io sto in angoscia: la piazza di Bab Touma è diventata la piazza della morte, tanto è stata colpita dai mortai e seppellita di cadaveri. Alla fine, a gennaio ho abbandonato ogni tentativo di partenza. Tutti questi rifiuti mi hanno fatto capire che ho ancora un ruolo da giocare qui. Qualcosa da dare, una missione da compiere. Come se Dio non volesse che noi partiamo. Ha fatto tutto perché io restassi. Christine è molto coraggiosa. È lei che ci dà la pazienza, noi non abbiamo che il nostro amore da darle. Ella è un messaggio per ogni cristiano, per ogni persona che lavora a liberare questa parte d’Oriente dai suoi invasori. Il prezzo da pagare è stato molto caro, ma la nostra fede, l’amore, l’amicizia e la compassione della gente che ci circonda ci hanno aiutati ad accettare il destino.

Malgrado il suo handicap e le difficoltà di tutti i giorni, Christine resta risolutamente determinata ad andare avanti: «All’inizio di settembre riprendo la scuola. Per allora avrò la mia prima protesi e potrò di nuovo stare in piedi e camminare».



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[Traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]