La causa di beatificazione dello scrittore britannico potrebbe presto entrare nella sua fase romana. I suoi scritti non lasciano indifferente nessuno, e i Papi non fanno eccezione.
L’ascesi non era il forte di Gilbert Keith Chersterton. Grande bevitore, financo ghiottone, amava la convivialità. Non è quindi questo l’aspetto della sua vita che potrebbe pesare in favore della sua eventuale beatificazione, ma piuttosto la sua opera prolissa. Secondo il presidente della società chestertoniana americana, Dale Ahlquist, le sue opere hanno contribuito alla conversione di C.S. Lewis, ispiratore di Narnia, a quella di J.R.R. Tolkien, autore de Il Signore degli anelli, o ancora a quella del poeta argentino Jorge Luis Borges.
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Convertitosi egli stesso dall’anglicanesimo alla fede cattolica dieci anni prima della sua morte, il suo pensiero – in cui fede e ragione si conciliavano armoniosamente – l’avrebbe condotto ad essere nominato defensor fidei da Papa Pio XI. I suoi scritti sono stati anche fonte d’ispirazione per Papa Francesco, che non ha esitato a citarlo in un’omelia a Santa Marta. Il Santo Padre ricordava che «una eresia è una verità impazzita».
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Quando era arcivescovo di Buenos Aires – nonché membro della società chestertoniana argentina – il Papa si era dichiarato favorevole all’apertura di un processo di beatificazione dello scrittore britannico. Ciò che poi sarebbe avvenuta nel 2013, per iniziativa del vescovo di Northampton Peter Doyle. La gioia del Vangelo – il titolo della prima esortazione apostolica di Papa Francesco – fa del resto pensare alla conclusione di una delle opere maggiori del Nostro, Ortodossia: «La gioia è il prodigioso segreto del cristiano».
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Non è questo il solo legame tra Chesterton e il Santo Padre – come non ha mancato di sottolineare il docente di religione cattolica Andrea Monda:
Né Chesterton né Benedetto XVI sono degli intellettuali che si contentano di frasi paradossali, di boutades o di giochi di parole. Il loro ragionamento ha per finalità il dialogo, la ricerca di una relazione con l’altro, anche con quelli che sono lontani, che non credono, che sono “nemici” della fede.
Senza tuttavia «tradire la loro adesione alla fede, che è anzitutto vissuta, praticata e poi predicata».
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Più di ottant’anni dopo la sua morte, G.K. Chesterton è forse sul punto di ottenere l’ultimo riconoscimento da parte della Chiesa. L’inchiesta diocesana dovrebbe chiudersi in effetti entro poche settimane, stando a quanto dichiara Dale Ahlquist: dopo planerà negli uffici della Curia Romana, dove la sua causa sarà rimessa sotto il vetrino del microscopio.
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[Traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]