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Il segreto dei santi per vivere ogni giorno la gioia pasquale

ST FRANCIS OF ASSISI
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Theresa Aleteia Noble - pubblicato il 03/04/18
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Cerchiamo tutti delle scorciatoie, ma quando si parla di questo aspetto della vita spirituale non ce ne sonoLa Quaresima dovrebbe mostrarci quanto non riusciamo ad essere buoni. Nessuno dovrebbe uscire dalla Quaresima sentendosi soddisfatto di sé. È piuttosto difficile immergersi con tutto il cuore e in modo perfetto nel digiuno, nella preghiera e nell’elemosina richiesti in questo periodo. Se abbiamo scelto le penitenze giuste, è impossibile vivere la Quaresima in modo impeccabile.

Le celebrazioni pasquali, dall’altro lato, ci mostrano quanto non riusciamo a gioire e a rallegrarci. È vero che la prima settimana o giù di lì è piena di gioia, soprattutto se in Quaresima avevamo rinunciato alla birra o alla cioccolata o a qualcos’altro di gradevole in cui ora possiamo indulgere. Dopo la seconda o terza settimana, tuttavia, l’entusiasmo viene meno, i fiori iniziano ad appassire, le omelie si allontanano dal messaggio pasquale e tutto torna alla normalità. Come non riusciamo a mantenere la sobrietà quaresimale, non riusciamo nemmeno a mantenere la gioia pasquale.



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La gioia della Pasqua – quel tipo di felicità che stupisce, sciocca e dura – è rara nel mondo odierno. Al suo posto domina spesso la tristezza mascherata da soddisfazione di sé, rabbia, sarcasmo e amarezza. Tutti sentiamo queste ombre di saggezza sopraffarci di tanto in tanto, e deriva dall’incapacità di gioire davvero. Sappiamo sicuramente come aggrapparci a piaceri temporanei come i bambini. Siamo abituati a intrattenerci con attività piacevoli in modo momentaneo, ma queste cose svaniscono quasi nel momento stesso in cui le sperimentiamo. Pochissime persone sanno come vivere una gioia pasquale duratura al di là dei piaceri volatili.

Poche persone scelgono una vita che porta alla gioia pasquale in questo mondo, e quindi abbiamo difficoltà a immaginare come sia. Molte persone cercano di fingerla, ma la loro felicità plastificata fa infuriare coloro in cui si imbattono perché vivono un’allegria che non riconosce il dolore di vivere. La gioia pasquale non implica il fatto di buttar lì banalità spirituali che mascherano il problema della sofferenza. La gioia pasquale riconosce il dolore, la violenza, l’ingiustizia e l’ansia schiacciante della vita. L’esistenza può essere brutale, oscura. Il peccato e le sue terribili conseguenze non possono essere ignorati o trascurati.



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I santi trovano un equilibrio tra il riconoscere il dolore di questa vita e il vivere comunque in pace e speranza. Ciascuno nel proprio modo unico e speciale, vivono il loro amore per il Signore con gioia pasquale. La loro gioia deriva da una fonte accessibile a tutti noi – il fatto che la Trinità viene ad abitare nella nostra anima attraverso il Battesimo. I santi hanno condotto vite che promuovevano una stretta unione con Dio, e in questa unione trovavano una gioia duratura. Cos’ha promosso la loro unione con Cristo? Pochi di noi vorrebbero conoscere la risposta.

Nella sua Lettera ai Romani, San Paolo scrive: “Non sapete che quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte? (…) Se infatti siamo stati completamente uniti a lui con una morte simile alla sua, lo saremo anche con la sua risurrezione” (6, 3-5). I santi hanno vissuto la gioia pasquale non perché hanno represso le emozioni negative o hanno negato gli eventi dolorosi, ma perché proprio in questi eventi hanno permesso a se stessi di morire con Gesù. Per entrare nella vita di Cristo dobbiamo entrare nella sua morte. Dobbiamo prima morire a noi stessi. La morte è la via per la vita nuova – la via per la gioia pasquale.



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Per seguire l’esempio dei santi e le orme di Gesù, dobbiamo seguire Gesù fino al suo trono – la Croce. Il motivo per cui ben poca gente sperimenta la gioia pasquale duratura è che vogliamo tutti aggirare il Venerdì Santo e arrivare direttamente alla Resurrezione. Gesù, però, ci ha mostrato che c’è solo un modo per seguirlo, e porta al Golgota: “Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua” (Matteo 16, 24).

Chi vive la gioia pasquale serve un re che ha conquistato questo mondo accettandone la sofferenza e la brutalità, sapendo che alla fine nulla è più grande del suo Amore. Se vogliamo cogliere la gioia pasquale e viverla al di là dei primi giorni del periodo pasquale, dobbiamo essere disposti a vivere prima la Quaresima nei nostri cuori. Negare noi stessi, permettendo a Dio di trasformare la sofferenza della nostra vita in bene, è la via che porta alla gioia. Nessuno vuole sentirlo. Cerchiamo tutti delle scorciatoie, ma quando parliamo di questo aspetto della vita spirituale non ce ne sono. Se fuggiamo dalla sofferenza fuggiremo dalla gioia.

Gesù, aiutami a vivere unita alla Trinità che vive in me attraverso il mio Battesimo. Colmami della tua grazia perché possa unire la mia sofferenza alla tua e vivere ogni giorno la gioia della Trinità.



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[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]