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Hai difficoltà a provare gioia? Papa Benedetto ha identificato un’insolita ragione

Pope Benedict XVI waves during a Wednesday general audience in St. Peter’s Squar – it

Hugues

Catholic Link - pubblicato il 19/04/17

A volte penso che ci risulti più facile vivere la Quaresima del Tempo pasquale, forse perché abbiamo molto più familiarità con la sofferenza che con la gioia. Tutti abbiamo sperimentato la sofferenza, probabilmente più di quanto avremmo voluto, ma sembra che la gioia non sia ugualmente manifesta nella nostra vita.

Uno dei principali ostacoli che troviamo nell’esprimere la vera gioia è il senso di colpa nel vedere gli altri che soffrono. Come possiamo provare gioia quando gli altri stanno soffrendo? Come possiamo guardare il mondo, con tutte le notizie di guerra, morte e terrorismo, e gioire? Sembra che la la risposta più rispettosa di fronte a queste situazioni sia in realtà la disperazione. Qualsiasi altra reazione potrebbe apparire insensibile.

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asife/shutterstock

Quando era ancora il cardinale Joseph Ratzinger, Benedetto XVI affrontò questo tema nel suo libro “Il sale della terra. Cristianesimo e Chiesa cattolica nella svolta del millennio”. Quello che scrive sulla gioia cambia le regole del gioco. Facciamo fatica a esprimere la gioia, spiega Ratzinger, perché ci sentiamo in colpa quando lo facciamo.


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Nella citazione qui sotto, identifica il motivo per cui ci sentiamo colpa, e mostra come possiamo pensare in modo diverso. Una citazione su cui vale la pena riflettere ma, soprattutto, alla luce della quale bisogna agire diversamente!

“La gioia semplice, genuina, è divenuta più rara. La gioia è oggi in certo qual modo sempre più carica di ipoteche morali e ideologiche. […] Il mondo non diventa migliore se privato della gioia, il mondo ha bisogno di persone che scoprono il bene, che sono capaci di provare gioia per esso e che in questo modo ricevono anche lo stimolo e il coraggio di fare il bene. […] Abbiamo bisogno di quella fiducia originaria che, ultimamente, solo la fede può dare. Che, alla fine, il mondo è buono, che Dio c’è ed è buono. Da qui deriva anche il coraggio della gioia, che diventa a sua volta impegno perché anche gli altri possano gioire e ricevere il lieto annuncio”.
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In un mondo fatto di cattive notizie, quanto è necessario il messaggio: “ Che, alla fine, il mondo è buono, che Dio c’è ed è buono”! Quando la nostra gioia viene dalla fiducia in Dio e non da mero ottimismo, quando la nostra gioia viene dalla fiducia in Dio e non dalla mera positività, allora possiamo scoprire il mistero più grande, la capacità di provare gioia anche in mezzo alla sofferenza.




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Quindi andiamo in profondità e scopriamo quella “fiducia originaria” in Dio, e abbiamo il “coraggio della gioia”, in modo da poter avere sempre un motivo con cui spiegare agli altri la “speranza che è in voi”. (1 Pietro 3:15)

Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, in Cristo Gesù, nostro Signore. – Romani 8:38-39

QUI IL LINK ALL’ARTICOLO ORIGINALE

[Traduzione dall’inglese a cura di Valerio Evangelista]

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