separateurCreated with Sketch.

Sono realmente positivi i primi cinque anni del pontificato di Papa Francesco?

POPE FRANCIS

Pope Francis answers journalists during a press conference on board of the plane on January 22, 2018, during his flyback of a seven days trip to Chile and Peru. / AFP PHOTO / Vincenzo PINTO

whatsappfacebooktwitter-xemailnative
Gelsomino Del Guercio - Aleteia Italia - pubblicato il 24/02/18
whatsappfacebooktwitter-xemailnative

Cinque autorevoli personaggi spiegano perché sono stati rivoluzionari e produttivi

Papa Francesco a cinque anni dal pontificato. Il papa che con le sue parole e i suoi gesti sta sempre più avvicinando la Chiesa al Vangelo di Gesù è portatore di una rivoluzione positiva?

La risposta è affermativa secondo cinque autorevoli voci intervenute nel numero di marzo di Vita Pastorale (edizioni san Paolo) nello Speciale “Cinque anni di pontificato di papa Francesco“. Vediamo chi sono e perché sostengono che il pontificato di Bergoglio è produttivo e di assoluto spessore.

1) Galantino e il “pensiero incompleto”

Monsignor Nunzio Galantino, Segretario Generale della Cei e vescovo emerito di Cassano all’Jonio spiega che il pensiero del papa è in linea con il Concilio, per questo alcune sue parole possono creare «disagio» a chi aveva già visto con «sospetto» l’evento conciliare.

«Capisco il disagio che può derivare dal “pensiero incompleto” di papa Francesco. Capisco la fatica che comporta quel “cuore sempre aperto”, per dirla con Péguy. Fior fiore di studiosi, uomini e donne di fede, ci hanno aiutato a capire che “pensiero incompleto” e “cuore sempre aperto” non preludono alla mancanza di punti di riferimento né vanno assimilati a una sorta di “pensiero debole”».

Lasciarsi condurre dallo Spirito

Il riferimento costante alla parola di Dio e alla realtà nella quale il Signore si rende presente, prosegue Galantino, «domandano apertura, sensibilità e disponibilità alla conversione dei cuori e delle strutture. Si capisce così l’invito pressante a “innestarsi e radicarsi in Cristo lasciandosi condurre dallo Spirito“, ha detto il Papa introducendo il Convegno ecclesiale di Firenze».



Leggi anche:
Galantino: «Il tema dei migranti è stato ridotto a merce di campagna elettorale»

“Una chiesa che non giudica”

In continuità con tutto ciò, osserva il segretario della Cei, «le parole e i gesti di Francesco sostengono in me la fatica e il desiderio di spendermi per una Chiesa che possa farsi ospite tra gli ospiti, possa porgere una ciotola ristoratrice ai viandanti della vita; una Chiesa che libera e non costringe, che accarezza e non giudica, che ama l’ombra stremata di ciascuno, che l’abbraccia e l’accoglie per permetterle di vedere la luce».



Leggi anche:
Galantino: “L’Università formi una coscienza critica contro la dittatura del mercato”

2) Scaraffia e il “rovesciamento” di Bergoglio

Lucetta Scaraffia, storica e giornalista, sostiene che «il cambiamento più innovativo portato da Francesco è senza dubbio il punto di vista dal quale guarda ai problemi del mondo, che rovescia completamente quello europeo-occidentale e romanocentrico: è lo sguardo di chi viene dalla “fine del mondo”».

Da lui, evidenzia Scaraffia, «abbiamo imparato che i disastri ambientali non sono un problema ideologico agitato da anime belle nei Paesi ricchi, ma sono fenomeni reali pagati dalle atroci condizioni di vita degli abitanti delle bidonville del Terzo mondo, dai contadini sudamericani che muoiono di cancro a causa dei diserbanti usati nelle coltivazioni dalle grandi compagnie, dagli africani cacciati dalle loro terre dalla siccità».

I cardinali delle “periferie”

Questo rovesciamento di prospettiva, conclude la storica, «ha avuto immediati e forti effetti anche nella trasformazione della gerarchia ecclesiastica. Francesco ha cominciato quasi subito a creare cardinali ecclesiastici che sono nati e vivono nelle periferie del mondo, piuttosto che gli arcivescovi delle città più importanti e ricche».



Leggi anche:
Tre chiavi per capire i nuovi cardinali di Papa Francesco

3) Garelli e il “Magistero”

Il sociologo Franco Garelli, sostiene che «la concezione di fede e di Chiesa» che Bergoglio propone «non è frutto soltanto di un istinto personale, ma è sorretta da convinzioni teologiche e spirituali ben radicate, anche se forse espresse ancora in modo più abbozzato che progettuale».

Anzitutto, sottolinea il sociologo, «la ridefinizione della nozione di “Magistero”, che nelle corde di Francesco non è solo insegnamento, né puro esercizio del carisma, ma si manifesta maggiormente nel ruolo di pastore universale».



Leggi anche:
I «poteri forti» contro Papa Bergoglio

L’assenso di fede

In tal modo il Papa ha introdotto un principio di realtà «in una Chiesa che ha bisogno di essere governata e indirizzata, che necessita di unità, per evitare la dispersione del popolo cristiano o l’oblio di una missione condivisa. Di qui l’idea che il magistero della Chiesa si esprima in ogni momento, non solo nelle encicliche e nei documenti teologici o nelle udienze del mercoledì o nei grandi eventi; ma nella costante propensione a farsi carico delle attese umane e nel coltivare, giorno per giorno, l’assenso di fede».



Leggi anche:
La tela che dovrà tessere Bergoglio per risanare la “frattura” del Sinodo

4) Don Ciotti e la Costituzione

Don Luigi Ciotti, fondatore del Gruppo Abele e di Libera, dice «una fede autentica implica sempre un profondo desiderio di cambiare il mondo».

Sono parole, aggiunge Don Ciotti, «che scavano nella coscienza del cristiano, richiamandolo alla responsabilità di saldare il cielo e la terra, di essere cristiano ma anche cittadino, di vivere il Vangelo senza dimenticare la Costituzione, che parlando di “doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale” non fa che tradurre in modo laico l’etica evangelica».

Senza quest’assunzione di «responsabilità», chiosa il fondatore di “Libera”, «la fede rischia di trasformarsi in salvacondotto, scelta intimistica che stride con la passione di Gesù, con la sua fame e sete di giustizia».



Leggi anche:
Quando Francesco chiese a don Ciotti “appunti sulla mafia”

5) Petrini e il ruolo di “Laudato sii”

Infine Carlin Petrini, fondatore di Slow food, ritiene strategica “Laudato sii“, la prima enciclica di Bergoglio dedicata ai temi ambientali e alla salvaguardia del creato.

«La forza dell’enciclica è che ci dice che non esistono politiche ambientali senza giustizia sociale. È questa la grande novità e forza del messaggio di Francesco, la sua capacità di parlare a tutti. A noi tutti il compito di essere all’altezza delle grandi sfide che quest’uomo, che questo Papa, sta ponendo. Da lì passa buona parte del futuro nostro e dei nostri figli.