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Tre chiavi per capire i nuovi cardinali di Papa Francesco

Cardinals attend a consistory at the Vatican. – it

GIANCARLO GIULIANI/CPP

Jesús Colina - Aleteia - pubblicato il 04/01/15

Con i nuovi porporati fa un passo in avanti la riforma della Curia Romana e finiscono i privilegi geografici

L’annuncio di venti nuovi cardinali fatto da Papa Francesco il 4 gennaio servirà a fare un passo in avanti nel processo di riforma della Chiesa promosso durante questo pontificato. Ecco tre chiavi di interpretazione. 

La riforma della Curia Romana prende forma
Nei giorni precedenti al Conclave che ha eletto come successore di Pietro il cardinale Jorge Bergoglio, buona parte dei porporati avevano sottolineato il ruolo di servizio (non di potere) che la Curia romana è chiamata ad offrire al Papa e alla Chiesa universale.

Nell’annuncio dei nuovi cardinali, prima di tutto sorprende il fatto che tra i quindici cardinali elettori (con meno di ottanta anni) solo uno proviene dalla Curia romana.

Parliamo dell'arcivescovo Dominique Mamberti, prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, che fino a poco tempo fa era segretario della Santa Sede per i Rapporti con gli Stati.

Il portavoce della Santa Sede, padre Federico Lombardi S.J., in una nota ha spiegato chiaramente che ci troviamo davanti ad una decisione del Papa dovuta a due motivi. Prima di tutto, perché “attualmente i cardinali ‘romani’ sono circa un quarto degli elettori”. 

Ma, da adesso in poi, ha chiarito il direttore della Sala Stampa della Santa Sede,“il Papa intende considerare compiti cardinalizi quelli dei Prefetti delle Congregazioni e di poche altre istituzioni importantissime della Curia, come in questo caso il Tribunale della Segnatura”. 

Rimangono fuori da questo riconoscimento, perciò, i presidenti dei Pontifici Consigli ed altri organismi della Curia romana, che prima venivano creati cardinali. Comunque, queste realtà sono chiamate a subire un’evoluzione con la riforma della Curia che il Papa presenterà in una prima bozza ai cardinali il 12 e 13 febbraio. 

La fine dei privilegi geografici
I nomi dei futuri cardinali sono la prova della fine di un criterio tradizionale seguito dai pontefici nell’elezione dei cardinali: i paesi e le città d’importanza particolare per la Chiesa e il mondo.

“Si conferma che il Papa non si ritiene vincolato alla tradizione delle ‘sedi cardinalizie’ ‐ che era motivata da ragioni storiche in diversi Paesi ‐ per cui il cardinalato era considerato quasi ‘automaticamente’ legato a tali sedi”, ha chiarito padre Lombardi. 

“Abbiamo invece diverse nomine di Arcivescovi o Vescovi di sedi che in passato non avevano avuto un cardinale. Ciò vale ad esempio per l’Italia, la Spagna, il Messico”, ha aggiunto il portavoce vaticano.

Il Papa ha nominato cardinali gli arcivescovi Edoardo Menichelli, di Ancona-Osimo,  Francesco Montenegro, di Agrigento. 

Questo è anche il caso di monsignor Ricardo Blázquez Pérez, vescovo di Valladolid (presidente della Conferenza Episcopale Spagnola), e di monsignor Alberto Suárez Inda, Arcivescovo di Morelia (México).

I giornalisti avevano previsto prima dell’annuncio dei cardinali la nomina di due o tre cardinali degli Stati Uniti. Padre Lombardi ha chiarito che “non vi sono nuovi cardinali per l’America Settentrionale (USA e Canada) perché il loro numero è già consistente ed è rimasto stabile dallo scorso anno”.

Universalità: fino alle periferie del mondo
Ma il criterio più chiaro che può leggersi nella lista dei nuovi cardinali è quello dell’universalità della Chiesa, che nel linguaggio di Papa Francesco significa, anche, arrivare fino alle periferie del mondo. 

Padre Lombardi ha sottolineato che in questa lista “si nota la presenza di Paesi che non avevano avuto un cardinale (Capo Verde, Tonga, Myanmar…), di comunità ecclesiali piccole o in situazioni di minoranza. Il Vescovo di Tonga è Presidente della Conferenza Episcopale dell’Oceano Pacifico; la Diocesi di Santiago de Cabo Verde è una delle più antiche diocesi africane; la Diocesi di Morelia in Messico è in una regione travagliata dalla violenza”.

Tra i 15 nuovi cardinali elettori  ve ne sono 5 per l’Europa, 3 per l’Asia, 3 per l’America Latina (compreso Messico), 2 per l’Africa e 2 per l’Oceania. 

Padre Lombardi ha spiegato anche il criterio seguito dal Papa per eleggere i cardinali che non saranno elettori in un Conclave (perché hanno compiuto 80 anni): rappresentare i vescovi che danno la loro vita al servizio della loro comunità.

“La nomina cardinalizia vuole essere quindi un riconoscimento dato simbolicamente ad alcuni, ma riconoscendo i meriti di tutti”. 

Il nuovo cardinale più giovane della Chiesa ha 53 anni: l’Arcivescovo di Tonga, monsignor Soane Patita Paini Mafi; il più anziano, con 95 anni, è l’Arcivescovo emerito di  Manizales (Colombia), José de Jesús Pimiento Rodríguez.

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