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La vera “fake news” è come tutti noi leggiamo la realtà con occhi maliziosi

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Lucandrea Massaro - Aleteia Italia - pubblicato il 14/02/18
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Un post con decine di migliaia di condivisioni e una domanda: è vero quel che vediamo?L’ultimo caso, in termini cronologici, di fake news conclamata diffusa attraverso Facebook è quella che ha coinvolto un uomo di colore messo alla gogna da un post (condiviso 75 mila volte e con 120 mila like!) pregiudizievole perché – secondo il solerte cittadino che ha redatto il post – l’uomo “non aveva pagato il biglietto”. A questa informazione si aggiungono una serie di altre volte per lo più a creare un clima specifico tra i suoi contatti: indignazione e risentimento anche tramite un accostamento ai tragici fatti di Macerata. Egli allude al fatto che l’uomo di origini africane, in quanto nero o in quanto presunto clandestino, è come gli assassini di Pamela.

Con grande solerzia sia Giornalettismo che Valigia Blu hanno smentito, dopo aver comunicato con l’ufficio stampa di Trenitalia, che l’uomo stesse viaggiando “a sbafo” per così dire o che stesse facendo il furbo.

«Nel rapporto scritto dalla capotreno – ci dicono – si riporta quello che è accaduto. Effettivamente, il ragazzo, alla presenza di diverse persone all’interno del vagone, non è stato in grado di comunicare in italiano con la capotreno e il suo inglese era piuttosto stentato. Inoltre, non era fornito di documento di identità e aveva effettivamente mostrato in un primo momento un biglietto per una tratta diversa».

«Tuttavia – proseguono dall’ufficio stampa di Trenitalia -, la capotreno, essendosi accorta che la scena destava curiosità tra i passeggeri, ha portato il ragazzo fuori dal vagone per estendere il suo rapporto. In quel momento, si è resa conto che il passeggero aveva estratto il biglietto corretto e valido proprio per quella tratta: un ticket di tariffa standard per il Frecciarossa 9608. Semplicemente, aveva sbagliato posto. Chiarito il malinteso, il ragazzo è stato regolarmente accompagnato nella carrozza e nel posto corrispondente al suo biglietto».

Tutto questo tuttavia ci permette di fare una riflessione che non riguarda (soltanto) razzismo vs accoglienza, né che serve a noi per elogiare noi stessi o per puntare il dito contro l’autore del post (che volutamente abbiamo omesso). No, ci aiuta a capire, più sottilmente, come funziona la nostra percezione della realtà: quando qualcosa disturba il nostro senso di sicurezza, la nostra visione del mondo, reagiamo istintivamente e spesso scompostamente. Bruno Mastroianni, giornalista ed esperto di comunicazione, descrivendo proprio questo evento lo chiama “effetto triceratopo”, richiamando una nota foto degli anni ’90 che vede il regista Steven Spielberg immortalato in una foto accanto ad un triceratopo “morto”. Sui social americani di fronte a quella foto migliaia di commenti scioccati contro la crudeltà della caccia e l’opportunità di vantarsi di aver ucciso animali così belli.

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Peccato che a uccidere i Triceratopi (e larga parte degli altri dinosauri) ci abbia pensato la natura circa 65 milioni di anni fa e che quello ritratto sia un animatronics, un sofisticato pupazzo.

Come dice Mastroianni:

“L’effetto Triceratopo è così: quando un contenuto minaccia la tua visione sicura del mondo (e quindi tocca le tue paure istintive), se senti il richiamo del tuo gruppo di opinioni omogenee (il tono del post usava parole chiave che richiamavano un preciso immaginario), dato che siamo abituati a vedere la realtà attraverso bivi a favore/contro, noi/voi (e su questo il modo di impostare il dibattito i media hanno una responsabilità enorme); a quel punto ti scagli senza aver fatto l’unica azione che doveva essere a fondamento di tutte le precedenti: capire se ciò che stai vedendo è reale o semplicemente asseconda le tue percezioni”

A ben pensarci questa nostra – e dico nostra perché tutti noi abbiamo questo meccanismo nella testa – ci dovrebbe far riflettere sotto moltissimi punti di vista, non solo come ci approcciamo alle notizie e dunque come ci costruiamo la nostra idea del mondo (che è fondamentale sempre, alla vigilia di un voto politico ancora di più) ma anche come ci costruiamo la nostra idea di noi stessi e – visto che stiamo entrando in Quaresima -, la nostra percezione di Dio. Permettiamo a Dio di “sconvolgere” il nostro orticello? Mettiamo in discussione i nostri pregiudizi su Dio e su come Lui si dovrebbe comportare con noi e con i nostri nemici? Davvero pensiamo di essere cristiani perfetti o – più sottilmente – che siamo cristiani migliori del nostro prossimo? Personalmente conosco atei che sono cristiani molto migliori di me, e questo, dopo l’iniziale frustrazione, mi tiene sulla corda e mi pensare: “sono sicuro del giudizio circa la persona che ho di fronte?”. Pensateci, potrebbe essere un ottimo esercizio penitenziale…